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Alle "fobie" non è stato assegnato finora un posto preciso nella classificazione delle nevrosi. Appare certo che esse debbono essere considerate solo come sindromi che possono far parte di svariate forme di nevrosi e che non si deve perciò collocarle tra i processi patologici indipendenti. Per le fobie del genere di quella del nostro piccolo paziente, che sono del resto le più frequenti, non mi sembra inadeguato il termine "isteria d'angoscia" […]. Esso è giustificato dalla somiglianza esistente tra il meccanismo psichico di queste fobie e quello dell'isteria, somiglianza che è perfetta ad eccezione di un solo punto, il quale è però assai importante e atto a distinguere. Nell'isteria d'angoscia la libido sprigionata dal materiale patogeno in virtù della rimozione non viene convertita, ossia non viene sottratta alla sfera psichica per riapparire in una innervazione somatica, ma viene liberata sotto forma di angoscia. Nella pratica clinica s'incontrano tutte le possibili combinazioni tra "isteria d'angoscia" e "isteria di conversione". Vi sono casi di pura isteria di conversione in cui l'angoscia non si presenta affatto, e casi di pura isteria d'angoscia che si manifestano con sensazioni angosciose e in fobie senza aggiunta di conversione […].
Le isterie d'angoscia sono le più frequenti tra le malattie psiconevrotiche, soprattutto però sono quelle che appaiono più presto nella vita, sì che potrebbero dirsi addirittura le nevrosi dell'età infantile. Quando una madre riferisce che il suo bambino è "nervoso", in nove casi su dieci si può essere certi ch'egli è affetto da una forma di angoscia o da più forme contemporaneamente. Purtroppo, il delicato meccanismo di queste malattie tanto importanti non è stato ancora abbastanza studiato; non si è ancora accertato se l'isteria d'angoscia, a differenza dell'isteria di conversione e di altre nevrosi, sia unicamente condizionata da fattori costituzionali o da avvenimenti accidentali, oppure da una combinazione dei due e da che tipo di combinazione. A me sembra che, fra tutte le malattie nevrotiche, questa sia quella che meno dipende da una costituzione particolare e in questo rispetto sia quella che più facilmente può essere acquisita in qualunque periodo della vita.
Un carattere essenziale dell'isteria d'angoscia si può individuare facilmente. L'isteria d'angoscia tende a svilupparsi sempre più in una "fobia"; alla fine il malato può liberarsi completamente dallo stato angoscioso, ma solo a costo di inibizioni e restrizioni molteplici cui è costretto ad assoggettarsi. Sin dall'inizio dell'isteria d'angoscia si effettua un costante lavoro psichico inteso a legare di nuovo psichicamente l'angoscia divenuta libera, ma questo lavoro non può né portare alla ritrasformazione dell'angoscia in libido, ne riallacciarsi agli stessi complessi da cui emana la libido. Esso non può far altro, che interdire tutte le occasioni atte a provocare lo sviluppo d'angoscia, erigendo contro di esse una barriera psichica fatta di cautele, di inibizioni, di divieti, e sono queste costruzioni protettive che ci appaiono come fobie e che costituiscono ai nostri occhi l’essenza della malattia.
S. Freud, Analisi della fobia di un bambino di cinque anni, 1908, OSF, vol . V, pagg. 565-567.
Per l'isteria d'angoscia sceglierò l'esempio, che è stato ben analizzato, di una zoofobia. Il moto pulsionale che soggiace alla rimozione è un atteggiamento libidico verso il padre, accompagnato da paura nei suoi confronti. In seguito alla rimozione, questo moto è scomparso dalla coscienza, e il padre non vi appare più quale oggetto della libido. Come sostituto del padre e in una posizione analoga a quella che egli occupava si trova un animale più o meno idoneo ad essere assunto quale oggetto d'angoscia. La formazione che sostituisce la componente ideativa [della rappresentanza pulsionale] si è determinata per uno spostamento avvenuto lungo una catena peculiarmente determinata di connessioni. La componente quantitativa non è scomparsa, ma si è trasformata in angoscia. Il risultato è un'angoscia di fronte a un lupo in luogo di una pretesa amorosa riferita al padre. Naturalmente le categorie qui impiegate non sono sufficienti a soddisfare le esigenze di spiegazione anche soltanto del più semplice caso di psiconevrosi. Entrano sempre in causa anche altri punti di vista.
Una rimozione come quella che si verifica nelle zoofobie è da ritenersi completamente fallita. L'opera della rimozione è consistita semplicemente nel mettere da parte la rappresentazione e sostituirla; non si è affatto riusciti a realizzare l'obiettivo di risparmiare dispiacere. Perciò l'opera della nevrosi non ha posa e anzi procede al fine di raggiungere, in una seconda fase, la sua meta più diretta e importante. Si giunge così a configurare un tentativo di fuga, la fobia propriamente detta, che consiste in una serie di scansamenti intesi a evitare lo sprigionarsi dell’angoscia.
S. Freud, Metapsicologia - la rimozione, 1915, OSF, vol.VIII, pagg. 45-46.
Nell'isteria d'angoscia una prima fase del processo [di rimozione] è spesso trascurata e forse può essere realmente omessa; tuttavia è chiaramente riconoscibile a un'osservazione accurata. Essa consiste nel fatto che l'angoscia compare senza che il soggetto si renda conto da che cosa proviene. Bisogna supporre che sia stato presente nell'Inc un impulso amoroso che aspirava a trasferirsi nel sistema Prec; ma l'investimento che da quest'ultimo sistema era diretto su di esso se ne è ritratto (in una sorta di tentativo di fuga), e l'investimento libidico inconscio della rappresentazione respinta si è scaricato sotto forma di angoscia. Nel caso in cui tale processo si ripeta, ciò significa che un primo passo è compiuto nel senso del controllo dello sgradevole sviluppo d'angoscia. L'investimento fuggitivo [prec] si è diretto su una rappresentazione sostitutiva, che da un Iato è associata alla rappresentazione respinta, ma d'altro lato se ne è distanziata e quindi si sottrae alla rimozione (sostituto per spostamento), permettendo una razionalizzazione dell'ancora inevitabile sviluppo dell'angoscia. La rappresentazione sostitutiva svolge ora per il sistema C (Prec) il ruolo di un controinvestimento, in quanto si pone a garanzia contro la comparsa, in C, della rappresentazione rimossa; d'altro Iato è, o quanto meno si comporta come se fosse, il punto di partenza da cui si sprigiona l'affetto d'angoscia, ora più che mai incontenibile. L'osservazione clinica mostra, ad esempio, che il bambino che soffre di una zoofobia prova angoscia solo a due condizioni: innanzitutto se si rafforza il suo impulso amoroso rimosso; in secondo luogo se egli percepisce l'animale che l'angoscia. Nel primo caso la rappresentazione sostitutiva si comporta come il punto in cui avviene un passaggio dal sistema lnc al sistema C, nel secondo come una fonte autonoma dello sprigionarsi dell'angoscia. L'estensione del dominio del sistema C suole manifestarsi nel fatto che la prima di queste due forme di eccitamento della rappresentazione sostitutiva cede sempre più il passo alla seconda. Forse alla fine il bambino si comporta come se non avesse alcuna propensione per il padre, come se se ne fosse interamente emancipato e provasse veramente paura per l'animale. Solo che questa paura per l'animale, alimentata dalla fonte pulsionale inconscia, si rivela eccessiva, refrattaria ad ogni influenza proveniente dal sistema C, e in tal modo tradisce la sua derivazione dal sistema Inc.
Nella seconda fase dell'isteria d'angoscia il controinvestimento proveniente dal sistema C ha dunque portato alla formazione sostitutiva. Ben presto, lo stesso meccanismo trova una nuova applicazione. Come sappiamo, il processo di rimozione non si è ancora concluso, e già individua un ulteriore scopo nel compito di inibire lo sviluppo dell'angoscia derivante dal sostituto. Ciò avviene in questo modo: tutta la zona che circonda la rappresentazione sostitutiva e ad essa è associata ottiene un investimento particolarmente intenso, talché può esplicare un alto grado di sensibilità nei confronti dell’eccitamento. L'eccitamento di un punto qualsivoglia di questa struttura periferica - data la sua connessione con la rappresentazione sostitutiva - dà necessariamente avvio a un piccolo sviluppo di angoscia, utilizzato a sua volta come segnale inteso a impedire che - attraverso una nuova fuga dell'investimento [prec] - si verifichi un progresso ulteriore dello sviluppo di angoscia. Quanto più lontano dal paventato sostituto sono situati i sensibili e vigilanti controinvestimenti, con tanta maggior precisione può funzionare il meccanismo che ha il compito di isolare la rappresentazione sostitutiva e proteggerla da nuovi eccitamenti. Naturalmente queste pre-cauzioni proteggono solo dagli eccitamenti che si accostano alla rappresentazione sostitutiva dall'esterno, attraverso la percezione. mentre non proteggono mai dai moti pulsionali, che raggiungono la rappresentazione sostitutiva dal lato della sua connessione con la rappresentazione rimossa. Tali precauzioni cominciano dunque a funzionare solo quando la rappresentazione sostitutiva fa bene le veci del rimosso, né ci si può mai fidare completamente della loro efficacia. Ogniqualvolta l'eccitamento pulsionale si accentua, il bastione protettivo che circonda la rappresentazione sostitutiva deve essere spostato un po' più in là. L'intera costruzione, che è prodotta in modo analogo nelle altre nevrosi, porta il nome di fobia. La fuga della rappresentazione sostitutiva dall'investimento cosciente si esprime negli scansamenti, nelle rinunce e nei divieti da cui riconosciamo l'isteria d'angoscia.
Se si considera l'intero processo, si può dire che la terza fase ha ripetuto il lavoro della seconda, su scala più ampia. Il sistema C previene ora l'attivazione della rappresentazione sostitutiva mediante il controinvestimento dell'ambiente che la circonda, così come prima si era garantito dalla comparsa della rappresentazione rimossa mediante l'investimento della rappresentazione sostitutiva. È così continuato il processo della formazione di sostituti mediante spostamento. Dobbiamo anche aggiungere che prima il sistema C possedeva solo una piccola breccia (la rappresentazione sostitutiva) attraverso cui poteva penetrare il moto pulsionale rimosso, ma che alla fine l'intera periferia della costruzione fobica viene a costituire una siffatta enclave dell'influenza inconscia. E' inoltre interessante rilevare che attraverso l'intero meccanismo di difesa messo in atto in tal modo, si è riusciti a proiettare all'esterno il pericolo pulsionale. L'Io si comporta come se Il pericolo dello sviluppo d'angoscia che lo minaccia non provenisse da un moto pulsionale, ma da una percezione, e può quindi reagire contro questo pericolo esterno con i tentativi di fuga rappresentati dagli scansamenti fobici. In questo pro-cesso la rimozione raggiunge il suo scopo in un punto: lo sprigionarsi dell'angoscia può essere in certa misura arginato, seppure a prezzo di sacrificare gravemente la libertà personale del soggetto. Comunque i tentativi di sfuggire alle richieste pulsionali sono in genere inutili, e il risultato della fuga fobica resta pur tuttavia insoddisfacente.
S. Freud, Metapsicologia - l‘inconscio, 1915, OSF, vol.VIII, pagg. 66-68.
Apprenderete con soddisfazione che l'analisi delle fobie non ci riserva più molte novità. In esse si verifica infatti lo stesso processo che nell'angoscia infantile: la libido inutilizzabile viene trasformata ininterrottamente in un'angoscia apparentemente reale, introducendo così, al posto delle esigenze della libido, un trascurabile pericolo esterno. Non vi è nulla di strano che fobie e angoscia infantile con-cordino, poiché le fobie dei bambini non sono soltanto il modello di quelle successive - che noi classifichiamo nell'"isteria d'angoscia" - bensì la loro diretta condizione preliminare e il loro preludio. Ogni fobia isterica risale a un'angoscia infantile e ne è la continuazione, anche quando ha un altro contenuto e deve quindi essere diversamente denominata. La differenza fra le due affezioni sta nel meccanismo. Nel caso dell'adulto non è più sufficiente, per la trasformazione della libido in angoscia, che la libido, assunta la forma di nostalgia, sia divenuta momentaneamente inutilizzabile. Egli ha imparato da molto tempo a tenere in sospeso tale libido o a impiegarla altrimenti. Ma se la libido appartiene a un impulso psichico che è incorso nella rimozione, si ristabiliscono condizioni simili a quelle in cui si trova il bambino, ove non c'è ancora separazione tra coscienza e inconscio, e tale regressione alla fobia infantile permette, diremo così, che si apra il passaggio attraverso il quale la trasformazione della libido in angoscia si effettua senza difficoltà.
S. Freud, Introduzione alla psicoanalisi, 1915-17, OSF, vol.VIII, pag. 560. |
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Il termine nevrosi fobica è sovente utilizzato come sinonimo di isteria d’angoscia, per identificare una forma di nevrosi mettendo l’accento sui suoi sintomi, appunto di natura fobica. Tuttavia, le denominazioni corrispondono a due fasi di uno stesso processo.
La prima fase (isteria d’angoscia) coincide geneticamente e strutturalmente con l’isteria di conversione, e la seconda (nevrosi fobica) determina successivamente l’insorgenza dei sintomi caratteristici.
Questi ultimi consistono in paure per situazioni, oggetti, attività, persone che di per sé non costituiscono pericoli reali, e non giustificano le reazioni di evitamento che a tutti gli effetti si traducono in una limitazione dell’attività dell’individuo. Nei suoi studi, Freud distinse due tipi di fobie, in base all’oggetto della paura. Nel primo tipo includeva le fobie comuni, vale a dire paure esagerate di elementi di cui tutti hanno più o meno paura, come la notte, la solitudine, la morte, le malattie, i serpenti... Nel secondo tipo si contano le fobie occasionali, paure che sorgono in condizioni speciali nelle quali l’individuo sano generalmente non prova timore: gli spazi aperti (agorafobia), chiusi (claustrofobia), certi mezzi di trasporto, oggetti o animali innocui…
Quando non sia possibile evitare gli oggetti fobici, appare la fase precedente della strutturazione della nevrosi, e risorge l’angoscia.
La fobia, quindi, segue e ha lo scopo di evitare l’angoscia.
Ma questa, da dove proviene?
L’angoscia, nella sua definizione più semplice, è una tensione senza oggetto, vale a dire una paura che ha perduto il suo motivo, e diventa così fluttuante. Si avverte una forte tensione interna: si ha paura, ma non si sa più di cosa.
All’inizio del processo, la scomparsa della rappresentazione paurosa è dovuta alla rimozione, il cui obiettivo era di sottrarre alla coscienza non solo la rappresentazione, ma anche l’affetto di paura che le era legato. Nel caso della nevrosi fobica, assistiamo a un parziale fallimento della rimozione, che riesce a trattenere la rappresentazione ma non l’affetto. Quest’ultimo si fa strada nella coscienza e viene avvertito come angoscia, avendo perduto il suo motivo originario. Un tale risultato naturalmente non è soddisfacente per l’Io, il quale deve intraprendere un ulteriore passo per riportare la tensione interna a un livello accettabile. La soluzione è legare l’angoscia a un oggetto che sia associativamente vicino alla rappresentazione originaria, in modo che l’angoscia si ritrasformi in paura, ma questa volta di qualcosa di preciso e soprattutto evitabile attivamente. Il nuovo oggetto, per innocuo che sia, farà incomprensibilmente molta paura: ma sarà sempre l’antica paura che si ripresenta, col vantaggio che ora la si potrà evitare più facilmente grazie a questo falso nesso.
Nel caso - peraltro frequente - in cui intervengano altri meccanismi di difesa, accade che una persona non si renda conto che sta evitando qualcosa: percepirà che non gli si presentano mai situazioni di un certo tipo, e spesso si tratta proprio delle situazioni consciamente più desiderate. |
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