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Direttore scientifico: Prof. Nicola Peluffo | Direttore editoriale: Dott. Quirino Zangrilli 
L'Atlante di "Scienza e Psicoanalisi"
 
 
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animazione rimozione
 
   
 

Sigmund FreudSotto il dominio del mondo esterno l'lo infantile si sbarazza delle indesiderate richieste istintuali per mezzo delle cosiddette rimozioni.

Compendio di Psicoanalisi, 1938 - cap. 8

L'essenza [della rimozione] consiste soltanto nella espulsione ed esclusione dalla coscienza. Le rimozioni appaiono in due differenti situazioni, e cioè sia quando un eccitamento istintuale sgradito viene risvegliato attraverso una percezione esterna, sia quando esso emerge nell'interno senza una simile provocazione.

Inibizione, sintomo e angoscia, 1926 - cap. 2

Le rimozioni decisive subentrano tutte nella prima infanzia.

Il problema dell'analisi condotta da non medici, 1926 - cap. 3

L'lo percepisce una richiesta istintuale proveniente dall'Es alla quale vorrebbe resistere poiché sospetta che il suo appagamento potrebbe essergli pericoloso, in quanto capace di provocare una situazione traumatica, una collisione con il mondo esterno a cui non saprebbe tener testa dal momento che gliene mancano ancora le forze. L'lo si comporta quindi con il pericolo derivante dall'istinto come se si trattasse d'un pericolo esterno: intraprendendo un tentativo di fuga, ritirandosi da questa porzione dell'Es e abbandonandola al proprio destino dopo averle negato tutto l'aiuto che solitamente fornisce ai moti istintuali.
Diciamo che l'lo intraprende una rimozione di questi moti istintuali... Con l'atto della rimozione l'lo segue il principio del piacere, che altrimenti è solito correggere, ma ne deve subire le conseguenze; queste consistono nel fatto che l'lo vede ormai definitivamente ridotta la propria sfera d'influenza. Il moto istintuale rimosso sarà d'ora in avanti isolato abbandonato a se stesso, inaccessibile, ma anche non influenzabile. Esso procederà per la propria strada.

Il problema dell'analisi condotta da non medici, 1926 - cap. 3

La rimozione parte dall'Io, il quale, eventualmente per incarico del Super-io, non vuole prender parte a una carica istintuale insorta nell'Es. L'lo, mediante la rimozione, ottiene che la rappresentazione, portatrice dell'impulso sgradito, venga tenuta lontana dalla coscienza. L'analisi spesso prova che essa è rimasta conservata quale formazione inconscia.

Inibizione, sintomo e angoscia, 1926 - cap. 2

Un elemento importante della teoria della rimozione sta nel fatto che questo processo non avviene ad un'unica occasione, ma anzi esige uno sforzo continuo.

Inibizione, sintomo e angoscia, 1926 - cap. 10

 
     

     
 

Divulgazione di Quirino ZangrilliIl concetto di rimozione ha subito in Freud successive e continue messe a punto nel corso di un sofferto processo di chiarificazione.
In un primo tempo Freud si avvicinò al concetto di rimozione attraverso l’edificazione di una teoria della dimenticanza che potremmo definire cibernetica.
In una lettera inviata all’amico e collega Wilhelm Fliess il 6 dicembre 1896 espone in forma compiuta questa sua teoria parlando in sintesi dell’ipotesi che l’apparato psichico si sia formato mediante un processo di stratificazione avvenuto in epoche di sviluppo successive delimitate da fasi di trascrizione dei contenuti psichici.
Nel corso della vita esistono fasi di sviluppo psicobiologico in cui ci si esprime con un certo tipo di linguaggio; per esempio già il lattante possiede codici espressivi attraverso i quali esprime le sue tensioni, le sue emozioni, richieste e desideri. Questi codici saranno sostituiti nelle fasi successive da altri più adeguati e strutturati che sostituiranno i precedenti facendone perdere i riferimenti. Potranno però rimanere delle “isolette” della fase precedente, scritte nel vecchio linguaggio, per cui saranno attive ma irriconoscibili, poiché scritte in un linguaggio di cui si sono perduti i codici: è esattamente quello che accade nel processo di sviluppo del codice informatico per cui un elaboratore che utilizza un sistema operativo moderno, non sarà più in grado di riconoscere, leggere ed utilizzare informazioni memorizzate con codici obsoleti a meno che non venga dotato dei traduttori opportuni.
Il Maestro scrive: “Vorrei sottolineare il fatto che le successive trascrizioni rappresentano la realizzazione psichica di successive epoche della vita. La traduzione del materiale psichico deve avvenire al confine tra due di tali epoche. Mi spiego le caratteristiche specifiche delle psiconevrosi, supponendo che questa traduzione di una parte del materiale non sia avvenuta, il che implicherebbe determinate conseguenze...Ogni ulteriore trascrizione inibisce la precedente e deriva da essa il processo eccitativo. Dove manca la nuova trascrizione l’eccitamento si verificherà secondo le leggi psicobiologiche valide per il precedente periodo psichico, e lungo le vie allora disponibili. Ci troviamo così di fronte ad un anacronismo: in una particolare provincia...siamo in presenza di sopravvivenze del passato. Un insuccesso della traduzione è ciò che si chiama “rimozione”.1
Freud aveva osservato degli stretti collegamenti tra l'attuale sintomatico e il passato dimenticato ed attraverso questa teoria della non traduzione dei codici aveva cercato una spiegazione del fenomeno. Ma ben presto non si accontenta più di una spiegazione linguistica e va alla ricerca di una spiegazione strutturale.
Solo nel 1915, con la pubblicazione dell’articolo “La rimozione” (Die Verdrängung) giunge a formulare il concetto di rimozione che sarà poi ancora elaborato per circa un decennio (Inibizione, sintomo e angoscia, 1926) fino a giungere alla concezione finale: vi sarebbe una prima parte del processo denominata “rimozione originaria”, che non riguarda la pulsione in quanto tale, ma i suoi “rappresentanti ideativi”, che non possono accedere alla coscienza e che legherebbero a se la pulsione stessa.
Facciamo un esempio: in un lattante esiste il bisogno innato della nutrizione, il riflesso di suzione, il riflesso di prensione: tutto fa pensare che esistano delle attività istintuali che per così dire “spingono” in modo indifferenziato il bambino verso l’attività del prendere e mangiare.
Il bambino afferra qualcosa (per es. il seno materno), lo porta alla bocca, se ne nutre, il bisogno si placa, la tensione all’interno dell’apparato mentale si azzera.
Ma a livello psichico, rimane la spinta-informazione a prendere: è gradevole prendere. Anche quando il senso di sazietà è subentrato il bambino esercita l’attività del prendere-succhiare poiché, con tutta evidenza, tale attività è retta dal principio di piacere.
Può accadere che l’attività del prendere-mangiare incorra in degli interdetti e si accenda il semaforo rosso dell’incompatibilità: NO! Questo non puoi mangiarlo!
Il desiderio di prendere-mangiare viene bloccato sul posto: è la rimozione.
Il rappresentante ideativo dell’azione inibita rimane bloccato sul posto ma continua ancora ad essere alimentato dall’energia pulsionale: viene così creato un primo nucleo inconscio che funziona come nucleo agglutinante sugli elementi simili da rimuovere.
Se l’azione del prendere-mangiare non si può fare, non solo non la si fa, ma subentra l'inibizione stessa a pensare di farla. Ma quel desiderio oramai è stato attivato, non può essere cancellato, rimane nell'inconscio e diventa esso stesso fonte pulsionale, poiché la carica pulsionale vi è rimasta legata. Non è giunto alla coscienza e non è stato trasformato in atto poiché si è generata una controcarica inibitoria che l'ha bloccato sul posto. Ma l'attività energetica del processo primario lo carica in continuazione, è diventato fonte pulsionale: è sempre in attesa di soddisfazione.
Se la sua carica è sufficientemente forte, deformerà le difese dell’io riuscendo a manifestarsi in un modo o nell’altro: ecco il sintomo, un compromesso tra realizzazione della spinta pulsionale originaria e i meccanismi di difesa.
Per rimanere all’esempio utilizzato, l’adulto, erede del bambino, non si darà al cannibalismo, ma magari divorerà le sue stesse unghie in modo coatto, utilizzando il meccanismo difensivo dell’introiezione dell’aggressività.

NOTE:

1 - Sigmund Freud, Lettere a Wilhelm Fliess 1887-1904, Boringhieri, 1986

P.S.: Questa esposizione divulgativa è debitrice di molti concetti ed esemplificazioni apprese dalle Lezioni del prof. Nicola Peluffo, presso l’Università di Torino.

 

 

 
   
 
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