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Direttore scientifico: Prof. Nicola Peluffo | Direttore editoriale: Dott. Quirino Zangrilli 
L'Atlante di "Scienza e Psicoanalisi"
 
 
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animazione trauma
 
   
 

Sigmund Freud... non sono le esperienze ad avere effetto traumatico, ma il loro rivivere come ricordo, dopo che il soggetto ha varcato la soglia della maturità sessuale… La “rimozione” del ricordo di un’esperienza sessuale penosa vissuta in anni più maturi ha luogo soltanto in quei soggetti nei quali tale esperienza può riattivare la traccia mnestica di un trauma infantile…
Ma se l’esperienza sessuale cade nel periodo d’immaturità sessuale, e se il suo ricordo si risveglia durante o dopo la maturazione, il ricordo agisce producendo un eccitamento enormemente più intenso di quello a suo tempo provocato dall’esperienza stessa, dato che nel frattempo la pubertà ha aumentato enormemente la capacità di reazione dell’apparato sessuale. Un tale rapporto rovesciato tra esperienza reale e ricordo sembra costituire la condizione psicologica della rimozione. La vita sessuale - per il ritardo della maturazione puberale rispetto alle funzioni psichiche - offre l’unica possibilità per l’attuarsi di questa inversione dell’efficacia relativa. I traumi infantili agiscono a posteriori come esperienze recenti, ma solo inconsciamente. ... Faccio ancora notare che il periodo da me chiamato della “maturazione sessuale” non coincide con quello della pubertà, ma lo precede (in quanto va dagli otto ai dieci anni).

Nuove osservazioni sulle neuropsicosi da difesa, 1896, vol. II, pag. 308

…quasi tutti i sintomi erano sorti come residui – “sedimenti” si potrebbe dire – di esperienze cariche di affetto, che perciò più tardi abbiamo chiamato “traumi psichici”, e la loro singolarità trovava spiegazione nel rapporto con la scena traumatica che li aveva causati. Essi erano, per usare un termine tecnico, determinati dalle scene di cui rappresentavano i residui mnestici, e non era più necessario descriverli come produzioni arbitrarie o enigmatiche della nevrosi… Il sintomo non era sempre il residuo di un’unica esperienza, perlopiù avevano cooperato a determinarlo moltissimi traumi ripetuti, spesso assai simili.
i nostri malati isterici soffrono di reminiscenze. I loro sintomi sono residui e simboli mnestici di determinate esperienze (traumatiche)… tutti gli isterici e i nevrotici; non solo ricordano le esperienze dolorose del loro remoto passato, ma sono ancora attaccati ad esse emotivamente; non riescono a liberarsi del passato e trascurano per esso la realtà e il presente. Questa fissazione della vita psichica ai traumi patogeni è uno dei caratteri più importanti e praticamente più significativi della nevrosi.
… In tutte queste vicende era avvenuto che affiorasse un impulso di desiderio, il quale era in netto contrasto con gli altri desideri dell’individuo e si rivelava incompatibile con le esigenze etiche ed estetiche della personalità. C’era stato un breve conflitto, e alla fine di questa lotta interiore la rappresentazione che compariva dinanzi alla coscienza come portatrice di quel desiderio inconciliabile cadeva nella rimozione e, insieme ai ricordi ad essa pertinenti, veniva espulsa dalla coscienza e dimenticata… L’accettazione dell’impulso di desiderio incompatibile, come pure la continuazione del conflitto avrebbero provocato un alto grado di dispiacere; questo dispiacere era risparmiato dalla rimozione, che in tal modo si dimostrava uno dei dispositivi di sicurezza della personalità psichica… esaminando i malati isterici e altri nevrotici, perveniamo alla convinzione che in essi è fallita la rimozione dell’idea a cui è legato il desiderio intollerabile. L’hanno, è vero, cacciata dalla coscienza e dalla memoria e si sono in apparenza risparmiati una grande quantità di dispiacere, ma nell’inconscio l’impulso di desiderio rimosso continua a esistere, spiando il momento buono per la sua riattivazione e inviando poi alla coscienza, in luogo di ciò ch’è stato rimosso, una formazione sostitutiva deformata e resa irriconoscibile, alla quale ben presto si allacciano le stesse sensazioni di dispiacere che si credeva di aver evitato attraverso la rimozione.

Cinque conferenze sulla psicoanalisi, 1909, vol. VI, pagg. 133 – 145.

In un primo tempo ci si accorse soltanto che l’effetto di impressioni attuali doveva essere ricondotto a eventi del passato… Si fu indotti a risalire sempre più addietro in questo passato, e infine si sperò di potersi arrestare alla pubertà, epoca del tradizionale risveglio degli impulsi sessuali. Invano, poiché le tracce conducevano ancora più indietro, all’infanzia e ai primi anni di essa. Durante questo cammino fu necessario superare un errore che per poco non sarebbe divenuto fatale per la giovane scienza… facilmente si tendeva a considerare reali ed etiologicamente significativi i resoconti dei malati, secondo cui i loro sintomi dovevano esser fatti risalire a esperienze sessuali passive subite durante i primi anni dell’infanzia, vale a dire, in parole povere, alla seduzione. Quando questa etiologia crollò per la sua intrinseca inverosimiglianza e perché era in contrasto con circostanze sicuramente accertabili, seguì uno stadio di totale perplessità. L’analisi aveva portato correttamente all’individuazione di tali traumi sessuali infantili, e tuttavia questi non corrispondevano al vero… Se gli isterici riconducono i loro sintomi a traumi inventati, la novità consiste appunto nel fatto che essi creano tali scene nella loro fantasia, e questa realtà psichica pretende di essere presa in considerazione accanto alla realtà effettiva. A questa riflessione seguì ben presto la scoperta che queste fantasie sono destinate a mascherare, abbellire e porre su un piano più alto l’attività autoerotica dei primi anni dell’infanzia; e dietro alle fantasie apparve allora in piena luce la vita sessuale del bambino in tutta la sua estensione.
… Disposizione ed esperienza si allacciavano qui in un’inscindibile unità etiologica per due ordini di ragioni: la disposizione innalzava le impressioni a traumi capaci di produrre stimoli e fissazioni – impressioni che altrimenti, essendo del tutto banali, sarebbero rimaste inefficaci -; le esperienze, d’altra parte, ridestavano fattori della disposizione che senza di esse avrebbero sonnecchiato a lungo senza forse svilupparsi mai. L’ultima parola sulla questione dell’etiologia traumatica fu detta più tardi da Abraham, che fece notare come proprio la peculiare costituzione sessuale del bambino abbia la virtù di provocare esperienze sessuali di tipo particolare, cioè i traumi.

Storia del movimento psicoanalitico, 1914, vol. VII, pagg. 390 – 391.

L’analisi ci permette di scoprire che ognuno dei nostri pazienti si è riportato indietro, nei sintomi della malattia e attraverso le conseguenze che da essi derivano, a un determinato periodo del suo passato. Nella maggioranza dei casi il paziente ha scelto a questo scopo addirittura una fase molto remota della sua vita, un periodo della sua infanzia e perfino, per quanto ciò possa sembrare ridicolo, della sua esistenza come lattante. ... Le nevrosi traumatiche offrono chiari indizi che alla loro base vi è una fissazione al momento dell’incidente traumatico. Nei loro sogni questi ammalati ripetono regolarmente la situazione traumatica; dove compaiono attacchi di tipo isterico, che permettono un’analisi, si viene a scoprire che l’attacco corrisponde a una trasposizione completa nella situazione anzidetta. E’ come se questi ammalati non fossero venuti a capo della situazione traumatica, come se questa stesse dinanzi a loro quale compito attuale non sormontato; e noi prendiamo molto sul serio questa concezione: essa ci indica la via verso una considerazione, diciamo così, economica dei processi psichici. Anzi l’espressione “traumatico” non ha altro senso se non questo, economico. Con essa noi designiamo un’esperienza che nei limiti di un breve lasso di tempo apporta alla vita psichica un incremento di stimoli talmente forte che la sua liquidazione o elaborazione nel modo usuale non riesce, donde è giocoforza che ne discendano disturbi permanenti nell’economia energetica della psiche… La nevrosi sarebbe da equipararsi a una malattia traumatica e insorgerebbe per l’incapacità di risolvere un’esperienza che ha una tonalità affettiva eccessiva.

Introduzione alla psicoanalisi, 1915 –17, vol. VIII, pagg. 436 – 437.

Quanto più coscienziosamente si effettuava questa ricerca [intesa a stabilire quali fossero le esperienze traumatiche da cui i sintomi isterici parevano derivare], tanto più ricco si rivelava il concatenamento di tali impressioni etiologicamente significative, ed esse risalivano sempre più addietro, fino alla pubertà o all’infanzia del nevrotico. Al tempo stesso venivano assumendo un carattere unitario, e infine fu necessario inchinarsi all’evidenza e riconoscere che, alla radice di ogni formazione del sintomo, si trovano impressioni traumatiche provenienti dalla vita sessuale del primo periodo dell’esistenza. Il trauma sessuale prese così il posto del trauma banale, e quest’ultimo divenne debitore del proprio significato etiologico al rapporto associativo o simbolico con il primo, che lo aveva preceduto… Nessuna affermazione della psicoanalisi ha incontrato un’incredulità così tenace e una resistenza così aspra come quella dell’enorme significato etiologico della vita sessuale per le nevrosi. È però importante sottolineare espressamente che anche la psicoanalisi, così come si è sviluppata fino ad oggi, non ha mai avuto motivo di ritrattare questa sua asserzione.

Due voci di enciclopedia – 1. Psicoanalisi, 1922, vol. IX, pagg. 446 – 448.

Qual è il nucleo, il significato della situazione di pericolo? Chiaramente la valutazione delle nostre forze rapportate all’entità del pericolo, l’ammissione della nostra impotenza di fronte ad esso: impotenza materiale quando si tratta di un pericolo reale, impotenza psichica quando si tratta di un pericolo pulsionale. Il nostro giudizio verrà guidato, al riguardo, da esperienze veramente vissute; se nella sua valutazione esso sbaglia, ciò non conta ai fini del risultato. Chiamiamo traumatica una simile situazione vissuta di impotenza; abbiamo allora un buon motivo per distinguere la situazione traumatica dalla situazione di pericolo.

Inibizione, sintomo e angoscia, 1925, vol. X, pag. 311.

Allorché, nel trattamento di un nevrotico adulto, ricercavamo ciò che aveva determinato i suoi sintomi, venivamo regolarmente ricondotti fino ai primi anni della sua infanzia. La conoscenza dei fattori etiologici successivi non era sufficiente né per la comprensione né per l’intervento terapeutico. Fummo così costretti a prender dimestichezza con le particolarità psichiche dell’età infantile, venimmo a conoscenza di una quantità di cose che non avremmo potuto apprendere se non mediante l’analisi e riuscimmo anche a rettificare molte opinioni correnti sull’infanzia. Riconoscemmo che ai primi anni di vita (all’incirca fino al quinto anno) spetta, per varie ragioni, una particolare importanza. In primo luogo, perché comprendono la prima fioritura della sessualità, la quale lascia dietro di sé sollecitazioni decisive per la vita sessuale della maturità. In secondo luogo, perché le impressioni di questo periodo colpiscono un Io incompiuto e debole, sul quale agiscono come traumi; l’Io non può difendersi altrimenti che con la rimozione dalle tempeste affettive che queste impressioni scatenano, e in tal modo acquista nell’età infantile tutte le disposizioni a future malattie e a disturbi funzionali.

Introduzione alla psicoanalisi (nuova serie di lezioni), 1932, vol. XI, pag. 252.

Chiamiamo traumi quelle impressioni dapprima vissute e successivamente dimenticate, alle quali attribuiamo una grande importanza per l’etiologia delle nevrosi. Può restare indecisa la questione se l’etiologia delle nevrosi in generale debba considerarsi come traumatica. L’ovvia obiezione a questa tesi è che non in tutti i casi si riesce a scovare un trauma palese agli inizi della storia dell’individuo nevrotico. Spesso dobbiamo rassegnarci a dire che [nei nevrotici] non si tratta di nient’altro che di una reazione inconsueta, abnorme, a esperienze e richieste che colpiscono tutti gli individui e che da altri sono rielaborate e risolte in un altro modo, da definirsi normale… La genesi della nevrosi risale sempre e comunque a impressioni ricevute dal bambino molto piccolo… Ci sia consentito supporre che l’esperienza vissuta acquista carattere traumatico in ragione di un fattore quantitativo, ossia che sempre, se l’esperienza provoca reazioni patologiche inabituali, la colpa è di una richiesta eccessiva; se è così, possiamo acconciarci a dire che in una certa costituzione agisce come trauma qualcosa che in un’altra non avrebbe tale effetto.
a) Tutti questi traumi appartengono all’infanzia vera e propria, fino all’età di cinque anni circa. Le impressioni del tempo di incipiente capacità di parola sono particolarmente interessanti; il periodo tra i due e i quattro anni appare come il più importante; quando abbia inizio dopo la nascita quest’epoca di recettività, non è possibile stabilirlo con precisione. b) Le esperienze di cui si tratta sono di regola totalmente dimenticate, non sono accessibili al ricordo, ricadono nel periodo dell’amnesia infantile, che viene interrotta al più da singoli residui mnestici, i cosiddetti ricordi di copertura. c) Questi ultimi si riferiscono a impressioni di natura sessuale e aggressiva, e certo anche a offese remote che l’Io ha subito (umiliazioni narcisistiche). Al riguardo bisogna osservare che bambini così piccoli non distinguono nettamente, come fanno dopo, tra azioni sessuali e azioni puramente aggressive (fraintendimento sadico dell’atto sessuale)…
I traumi sono o esperienze sul proprio corpo, o percezioni sensoriali, soprattutto visive e uditive; sono cioè esperienze o impressioni.
… Sulle comuni caratteristiche o peculiarità dei fenomeni nevrotici, ci sono da sottolineare due punti: a) Gli effetti del trauma sono di due tipi, positivi e negativi. I primi sono sforzi di rimettere in vigore il trauma, cioè di ricordare l’esperienza dimenticata, o meglio ancora di renderla reale, di viverne di nuovo una ripetizione, oppure, anche se si trattava solo di una relazione affettiva da lungo tempo trascorsa, di farla rivivere in una relazione analoga con un’altra persona ... Le reazioni negative perseguono lo scopo opposto, cioè che del trauma dimenticato nulla sia ricordato e nulla ripetuto. Possiamo catalogarle come reazioni di difesa. Loro principale espressione sono le cosiddette elusioni, che possono accrescersi fino a diventare inibizioni e fobie. ... sono fissazioni con un intento contrastante.
... b) Tutti questi fenomeni, tanto i sintomi quanto le restrizioni dell’Io e le alterazioni stabili del carattere, hanno carattere di coazione, cioè accanto a grande intensità psichica mostrano un’ampia indipendenza dall’organizzazione degli altri processi psichici, ... uno Stato nello Stato.
... Di regola la difesa rimane vincitrice; in ogni caso permangono alterazioni dell’Io paragonabili a cicatrici. Soltanto di rado la nevrosi infantile continua senza interruzione nella nevrosi dell’adulto. ... Nella nevrosi il fenomeno di latenza, tra le prime reazioni al trauma e il successivo scoppio della malattia, deve considerarsi tipico.

L’uomo Mosè e la religione monoteistica, 1934-38, vol. XI, pagg. 395 – 400.

 
     

     
 

Divulgazione di Quirino ZangrilliIl trauma può essere semplicemente definito come una situazione di rottura dell’omeostasi e al tempo stesso come l’impossibilità di conservazione della forma pre-traumatica: la visione di qualsiasi oggetto materiale deformato dall’applicazione di una forza deformante ce ne reca un’immagine immediata.
Il trauma si determina quando l'omeostasi, che potremmo anche chiamare la tendenza dell’entità somatopsichica a mantenere la forma, è talmente turbata che i meccanismi di regolazione automatica di cui dispone, diventano estremamente inadeguati: quando i sistemi di regolazione non possono più controllare l'afflusso di massa o energia all’interno del sistema, e non sono più adeguati per la loro trasformazione e ridistribuzione, si costituisce una situazione traumatica. L’unica risposta di cui dispone il sistema è quello di trascurare il controllo della distribuzione dell’energia in una sua parte, che subisce una trasformazione, per assicurare la sopravvivenza dell’insieme.
Immaginiamo una qualunque entità psicobiologica in stato di quiete che viene turbata da uno stimolo qualsiasi che per comodità possiamo indicare come l'applicazione di un vettore, di una quantità di movimento, che altera questa forma. Per il principio di azione-reazione la struttura tenterà di ritornare allo stato pre-traumatico (si pensi all’azione di deformazione di una molla: al cessare dell’applicazione della forza deformante tenderà a riassumere la forma originaria).
Possiamo immaginare la vita di ognuno di noi e, tutto sommato, di qualsiasi entità, come la successione reiterata di eventi deformanti e di tentativi di recupero della forma originaria, tentativi sempre meno possibili, in modo proporzionale al trascorrere del tempo. Il Prof. Peluffo, nelle sue celebri lezioni di psicologia dinamica tenute all’Università di Torino, specificava come vi siano delle soglie di deformazione, i limiti entro i quali questa si attua, responsabili della variabilità individuale all’interno della stessa classe di soggetti.
“Le soglie della deformazione sono variabili; tale variabilità è regolata da meccanismi automatici che servono 1) a regolare in entrata l'intensità dello stimolo, 2) a misurare l'intensità dello stimolo con un coefficiente di possibile deformazione massima dell'entità, 3) a frenare il ritorno alla forma originale regolando il flusso della riformazione”.1
In pratica noi possediamo dei meccanismi automatici di dissipazione dell’energia traumatica che regolano, all’entrata, l’intensità dello stimolo, quando, ad esempio, subiamo un’azione deformante (sia che provenga dall’esterno che dall’interno).
Nel 1920 Freud introdusse il concetto di Schermo antistimolo (Al di là del principio di piacere) per poi utilizzarlo soprattutto nella Nota sul “notes magico” e in Inibizione, sintomo e angoscia per indicare l’esistenza di un apparato finalizzato alla gestione della deformazione.
Ma già nel Progetto per una psicologia scientifica (1985) aveva parlato dell’esistenza di “schermi forniti dalle terminazioni nervose...che lascino passare soltanto frazioni delle quantità esogene”. In Al di là del principio di piacere Freud, per fornire la sua teoria degli eventi traumatici, paragona l’essere umano ad una vescicola deformabile circondata da una barriera antistimolo: il trauma corrisponderebbe ad una lacerazione dello schermo antistimolo. E’ ovvio che Freud non intendesse dare al concetto di schermo antistimolo una connotazione materiale, ma lo concepisse come la possibilità di un investimento- disinvestimento continuo del sistema percezione-coscienza che realizzerebbe un frazionamento incessante degli stimoli, responsabile della gestione dell’insulto.
L'entità psicobiologica possiede dei meccanismi di regolazione che automaticamente ed incessantemente misurano l'intensità dello stimolo comparandolo alla possibilità di sopportazione della deformazione posseduta dall'entità psicobiologica stessa.
Una volta che un’entità psicobiologica abbia subito una deformazione traumatica, cioè ogni qual volta il suo equilibrio si sia spostato su un'altra forma, essa non potrà tornare di colpo a quella iniziale ma dovrà farlo per gradi. Il ritorno brutale alla forma iniziale potrebbe rompere l'entità psicobiologica. L’esempio più comune è quello del lutto improvviso: quando un soggetto perde il suo legame con un oggetto improvvisamente, in primo luogo riceve quello che comunemente si definisce uno shock e deve elaborare l’insulto traumatico certamente con modalità diverse da quelle che avrebbe avuto se avesse potuto separarsi progressivamente dall’oggetto, cosa che gli avrebbe consentito di anticipare una grande quantità del lavoro di elaborazione del lutto: la forza deformante è superiore alle sue possibilità di smaltimento della deformazione, la struttura psichica si rompe in qualche punto.

Se lo stimolo deformante proviene dall’esterno provocherà una forma di eccitazione (surplus di energia non vincolata) che diverrà tensione, che darà luogo al dispiacere. Il soggetto tenterà di ristabilire il principio di piacere, vale a dire eliminare la tensione, ma se questa tensione non viene eliminata, essa aumenterà, attivando un segnale di pericolo che si può esplicitare nello sviluppo di ansia o di angoscia. La difesa sarà quella di allontanarsi dallo stimolo per mezzo della fuga. Allontanarsi dallo stimolo in maniera più o meno veloce a seconda di quando si prende atto del fatto che questo stimolo sta diventando pericoloso. La soglia dell'endopercezione della situazione di pericolo varia da persona a persona.
Tuttavia se la situazione di stimolo non proviene dall'esterno bensì dall'interno la fuga fisica non è possibile. Se la stimolazione che procura l'eccitazione, tensione, dispiacere, pericolo, ansia, angoscia, proviene da dentro, in qualunque direzione si fugga, in qualsiasi luogo si vada, porteremo con noi la situazione traumatica.
Quale sarà, dunque, la prima trasformazione che l'entità psicobiologica cercherà di realizzare non riuscendo ad applicare il semplice meccanismo della fuga dalla fonte di dispiacere? Sarà cercare di attribuire all'esterno lo stimolo spiacevole: la proiezione è il meccanismo difensivo primario in senso assoluto. La vita psichica origina da proiezioni, movimenti che vanno dall'interno verso l'esterno. La stimolazione spiacevole che proviene dall'interno è spostata verso l'esterno. Il mondo diventerà, a poco a poco, il teatro del nostro piacere-dispiacere.

1 Nicola Peluffo, Lezioni di psicologia dinamica, Università di Torino. back

 
   
 
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