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Scienza e psicoanalisi
 EDITORIALE
Gli editoriali del Prof. Nicola Peluffo
Articolo di Nicola Peluffo  
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L'Intervento

8 giugno 2002

Il verbo intervenire da cui deriva la sostantivazione “intervento” tramite il participio “intervenuto”, è composta di due parti: inter e venire. E’ una parola latina, anche se è usata in italiano e francese in forme diverse, e significa venire dentro.
Potrei segnalare che le parole descrivono azioni e lasciare che chi legga le tre righe antecedenti produca le proprie riflessioni associative, tuttavia voglio produrre anch’io le mie. Ricordo che questa riflessione avviene nel campo della scienza micropsicoanalitica per cui è necessario segnalarne la semantica specifica.
Fanti, Codoni e Lysek, nel Dizionario di Psicoanalisi e Micropsicoanalisi (Borla 1983, pag. 26) scrivono: “Se il lavoro di base del micropsicoanalista consiste nell’analizzare silenziosamente le ripetizioni associative che emergono nel materiale, esso comporta pure degli interventi“. Segue la definizione numero 41: ”in certi precisi momenti il micropsicoanalista rompe il silenzio e fa da catalizzatore alla dinamica delle libere associazioni “.
Vorrei tradurre questa frase in descrizioni di movimento. L’analista è silenzioso e fermo nella sua poltrona. A parte i movimenti involontari del suo corpo, quelli necessari alla respirazione, per esempio, l’unica attività che esercita è quella passiva dell’ascolto e quella automatica dell’associazione e della riflessione associativa.
Da un punto di vista di un ipotetico osservatore esterno è comunque fermo, privo di espressività, sia motoria che linguistica. Apparentemente è fuori dal “sistema analizzato“, poi interviene, cioè entra nel sistema analizzato, “va dentro”, o meglio “ viene dentro “ all’analizzato. Per la definizione n° 41, la conseguenza di questo “venire dentro“ è che l’espressività associativa dell’analizzato rispetto ai movimenti associativi viene “catalizzata”. L’intervento fa da catalizzatore, muta la velocità dell’interazione tra le associazioni mentre, per definizione, il gruppo di rappresentazioni che costituisce la materia dell’intervento, non muta e si pone come nuovo punto di riferimento per la dinamica associativa successiva.
Il successo dell’intervento è immediatamente percepibile, proprio come per una reazione chimica in cui l’avvenuta trasformazione è verificata dal cambiamento di colore del composto, dalla produzione di vapori, etc. L’analizzando produce in risposta quasi immediata all’intervento, parti di nuovo materiale rimosso e dimenticato oppure ritrova i nessi tra elementi isolati.
Se l’intervento è errato non vi è nessuna reazione negativa profonda. Può però, per suggestione, ingenerarsi un danno che sarà più o meno grave a seconda della strutturazione dell’io del soggetto, del suo gradiente di masochismo inconscio e del suo desiderio di vendetta e rappresaglia verso l’oggetto transferale.
L’intervento peggiore è quello giusto ma intempestivo ; rinforzerà certamente le resistenze e, a volte, determinerà l’interruzione unilaterale del trattamento. Evitare quindi interventi precoci, specialmente se interpretativi, e cercare invece di dare qualche suggerimento didattico per insegnare al soggetto l’ideazione analitica che è particolare ed inabituale in società. La libera associazione è per lo più spontanea e prodotta quando le persone si rapportano narcisisticamente ai personaggi della loro fantasia, che costruiscono e manovrano a loro piacimento. Difficilmente è riconosciuta quando si parla sapendo di avere un ascoltatore. L’ascoltatore analista fa da terzo tra chi pensa ed il pensato e introduce la società, la coscienza morale e l’autosservazione nei pensieri verbalizzati. Una buona parte del lavoro iniziale è diretta a far ritrovare al soggetto la sua spontaneità in maniera tale che egli possa esprimere ad alta voce i suoi pensieri così come fa (in pensiero) quando è solo. L’intervento rompe codesto tentativo e rimette in campo il terzo a meno che non riesca ad introdursi nella corrente energetica delle unità associative come il composto di una flebo nel sangue e ne cambi la composizione.
L’intervento può essere in seduta e, per coloro che frequentano socialmente i loro analizzati, può avvenire anche fuori seduta.
Gli interventi che fa l’analista , sia in un caso che nell’altro, dovrebbero essere, quando è possibile, progettati e meditati; nella maggior parte dei casi ciò avviene, tuttavia l’esistenza del binomio es - inconscio sovente si manifesta, e vi sono certi interventi, così detti spontanei, specialmente fuori seduta, che sfuggono proprio perché sono manifestazioni dell’inconscio. Sono catalizzatori spontanei e i loro effetti dipendono dalle reciprocità ideico - pulsionali dell’insieme analista - analizzato. Detta in parole diverse i tentativi conflittuali e le coazioni a ripetere dell’analizzato possono essere modificati dalla qualità della presenza dell’analista. Sovente l’analista è inconsapevole della qualità della sua presenza anche perché all’interno del binomio analista - analizzato essa può variare a seconda delle sfaccettature dell’Immagine che la situazione attiva e distribuisce nell’interazione tra i due termini del binomio per le solite vie associative comportamentali e verbali.
Il fuori seduta favorisce l’ingresso delle variabili intervenienti (fattori non previsti che cambiano lo svolgimento della vicenda in corso) ed è indipendente dalla volontà dell’analista.

Gli interventi in seduta

Una seduta di tre o più ore ripetuta più volte alla settimana fornisce molte occasioni di intervento. Possiamo suddividere gli interventi in due categorie: interventi involontari, interventi volontari.

Gli interventi involontari

Un esempio di intervento involontario l’ho descritto in “Immagine e fotografia” (Borla, Roma, 1984, pg. 86) riassumendo la seduta in cui un’analizzata (la signora Rebh) rievocava il ricordo della prima violenta ribellione alla madre, avvenuta in cucina mentre la madre stava preparando la minestra di verdura. Questo rivissuto era accaduto proprio nel giorno in cui nell’appartamento in cui lavoravo era rimasto un leggero odore di legumi cotti che mi ero preparato a pranzo. Un bell’esempio di intervento involontario, in cui l’inconscio ha certamente la sua parte, che porta dell’utile materiale ad un’analisi in corso. Un altro esempio di intervento totalmente involontario riguardava le risposte associative degli analizzati al rumore che ogni tanto emetteva un orologio elettronico posto in una camera adiacente allo studio in cui si svolgeva la seduta. Gli analizzati interpretavano questo rumore come un segnale di approvazione o disapprovazione da parte mia (una sorta di rumore onomatopeico ) e si adeguavano.
Gli interventi generici di questo tipo sono molteplici e sono quasi sempre interpretati come segnali di approvazione o disapprovazione. E’ la ragione per cui molti analisti freudiani non stringono la mano all’analizzato se egli non la porge per primo ed evitano ogni effusione. Le manifestazioni affettive sono decisamente un errore, sono strappi alla regola dell’astinenza e vengono interpretate come punizioni quando non siano ricordate dall’analista. Una normale cordialità umana è ciò che le persone si aspettano quindi niente baci ed abbracci ma neanche negare un bicchiere d’acqua se il sole è cocente e “il pellegrino “ la chiede.
Di Interventi involontari ve ne sono altri. In essi, il binomio es - inconscio ha decisamente la sua parte. Lo si può constatare dalla quantità di rumori o afflussi gastrico - intestinali durante le sedute, oppure dalla maggior o minor misura di necessità di esercitare le funzioni escrementizie. E così la maggior o minor misura, da parte dell’analista, di “evacuare” o meno delle parole a seconda delle sedute e del tipo di persona in analisi. Quindi ecco che l’analista A. con il signor X diventa logorroico (a tutti i livelli) e con il signor Y diventa muto.
Spero che i colleghi si rendano conto di questi fenomeni così come mi auguro che prendano coscienza delle gelosie che hanno rispetto agli analizzati ( evito di proposito di dire “loro”, cioè un pronome possessivo espressione dell’Edipo) che frequentano, quando ciò accada, nelle interazioni di gruppo fuori seduta, con colleghi o amici.
Un altro fenomeno preoccupante derivato dalla frequenza sociale, è quello degli analisti che nascondono agli analizzati che lavorano con loro, eventuali relazioni affettive con mogli, mariti, fidanzate, amanti, etc. L’analizzato in quel caso impersonifica per l’analista il genitore totemico. Un comportamento controtransferale in cui l’inconscio è completamente ignorato e che trasporta all’interno dell’analisi la finzione sociale. Decisamente, un intervento da evitare. Se la frequenza sociale sostiene la menzogna, la si sospenda, se è spontanea e non limita l’espressione della propria o altrui libertà personale la si può adottare come intervento terapeutico. In caso contrario, credendo di sostenere l’io dell’analizzato non si fa altro che rinforzarne il super-io.

Interventi volontari

Gli interventi volontari sono sostanzialmente cinque:

- la spiegazione
- la conferma delle riflessioni dell’analizzato
- le domande
- la costruzione
- l’ interpretazione

La spiegazione

Abitualmente la spiegazione non è compresa tra gli interventi, tuttavia è un intervento che contiene anche una componente suggestiva.
La regola fondamentale, per esempio, è un enunciato che rientra nel novero delle spiegazioni: si chiede, sic et sempliciter, di dire non solo tutta la verità ma persino di dire anche tutto ciò che si pensa, comprese quelle fantasie o quei fatti, che la società considera perversi, o manifestazioni di follia e delinquenza.
Qualche spiegazione la si deve dare, almeno dire che quel tipo di ideazione libera e creativa è la strada attraverso la quale si producono certe grandi opere letterarie, teatrali o cinematografiche. E’ anche il modo per introdurre l’esempio della ideazione associativa, che è naturale per molte persone ma non per altre. Le menti poco flessibili e rigidamente controllate da un super-io oppressivo e sadico a volte non possono permettersi di esprimere le sequenze dei loro pensieri; le devono isolare in modo da evitare che i nessi di collegamento si intersechino. Una spiegazione sempre utile è indicare loro la produzione di pensieri e fantasie che vengono prodotte quando si ascolta della bella musica. E anche sul sogno e sulla sua funzione, quando arriva il momento, deve essere fornita qualche spiegazione. Almeno quella che ne sottolinea la funzione di distribuzione delle tensioni nel tentativo di risolvere un problema attuale, in cui la tensione si è concentrata, e che ripete , pur con una forma diversa, un vecchio problema non risolto. E’ un bel modo per introdurre la spiegazione del transfert, delle resistenze e da li tutto quello che si deve sapere per fare una buona analisi.

La conferma delle elaborazioni dell’analizzato

Sovente l’analizzato produce riflessioni anche profonde che si accompagnano durante la rievocazione e all’esteriorizzazione del materiale a momenti di passaggio alla coscienza, elaborazione e prese di coscienza.
Il processo produttivo di pensiero che avviene durante l’elaborazione è del massimo interesse e a volte, un piccolo intervento dell’analista, facilita la conclusione di un processo che potrebbe anche non completarsi. La conferma della riflessione può facilitare il processo che si svolgerà su due piani. Il primo è quello preconscio - conscio, sul quale passa il tentativo creativo; il secondo è quello inconscio - preconscio su cui, tramite il transfert, o altro materiale, avviene la presa di coscienza.
Ecco un esempio:
1 - L’analizzata parla del suo profondo desiderio di non lasciare tracce. Quindi di non avere figli e, come gli egizi, di essere sepolta con tutte le sue cose. Dice che un altro motivo per cui rifiuta la maternità è di non voler raccontare la sua infanzia ad un eventuale figlio come sua madre faceva con lei.
In effetti è da qualche seduta che il processo di rievocazione è diventato vischioso, nel modo tipico di quando il rimosso cerca di tornare e le censure si oppongono. Di fatto aumenta la resistenza e l’identificazione al padre “ che non ha mai voluto raccontare niente della sua infanzia”. Le associazioni che seguono esprimono un vissuto di soffocamento. Il rimosso che ella soffoca, la soffoca e riattiva in lei la lotta uterina per il mantenimento della sua “determinazione”. Nell’attuale del transfert, in cui rivive la gestazione, si oppone alla regola analitica fondamentale. Non vuole lasciarsi assorbire dall’analisi. Simbolicamente sarebbe la morte. In termini fantiani è pervasa dall’angoscia del vuoto. Ecco cosa dice “avevo la sensazione che gli antenati mi togliessero spazio, mi sentivo soffocare dagli oggetti, appartenuti a mia nonna e a sua madre e ai suoi genitori; non ho mai potuto arredare una stanza con oggetti miei: anche nella camera dove dormivo i mobili erano di mio nonno. Mia nonna non lasciava mai libero un armadio intero; te ne dava metà, nell’altra metà metteva i suoi vestiti”.
Nelle sedute antecedenti si era soffermata a lungo sul tema dell’inganno, portando ad esempio un episodio in cui un bambino le aveva fatto mangiare una foglia amarissima dicendole che era dolce. L’esteriorizzazione di questo materiale si accompagnava a problematiche infantili riguardanti la nascita dei bambini, che in seguito saranno esplicitate nelle tipiche fantasie orali; cioè mangi, ingrassi, ti cresce la pancia e dalla pancia esce il bambino. Insomma il tema dell’altro che ti inganna e ti soffoca è ben presente e si pone come resistenza.
Tutto ciò fino al momento in cui, tramite un sogno, inizia a paragonare se stessa ad una casa di campagna dei suoi nonni, colma di oggetti non suoi che si trasforma in una sua parte. Porta delle foto e mi fa notare che non ne esistono dell’anno dopo la sua nascita. Si rimette a parlare della casa - se stessa e dice: “Tra questi oggetti non miei che popolavano le stanze dove io dormivo, c’erano anche molte foto, le guardavo, mi soffermavo sui dettagli, e mi davano fastidio”.
2- Decido di intervenire e sottolineo questa sua riflessione che l’ha portata a rappresentarsi consciamente tramite la sua casa di campagna popolata da oggetti non suoi, e ad applicare questa sua scoperta ai tentativi di interpretazione del sogno; Aggiungo una spiegazione, cioè le dico che la nostra mente è fatta a quel modo; è popolata da oggetti non nostri. Che la mente è una stanza popolata da tracce di oggetti non nostri se non nella misura in cui li assimiliamo.

Le domande

E’ raro che un micropsicoanalista faccia domande durante le sedute; tuttavia può accadere. Si tenga presente che una domanda , anche se necessaria, è un ‘induzione associativa, quindi è, a tutti gli effetti, un intervento attivo.

La costruzione (o ricostruzione)

Le sedute si susseguono ed in ognuna alcune parti di uno o più avvenimenti sia reali che fantasmatici vengono rievocati. In parte direttamente, in parte nelle vicissitudini transferali, in parte dai dati ricavati dall’uso dei supporti tecnici (fotografie, diari, mappe delle case, visite dei luoghi, dati storici e genealogici). Dal tutto, usato in modo opportuno, si possono ricostruire vicende realmente accadute e immagazzinate in punti e in forme diverse dei programmi di memoria e, fatto ancora più interessante, le tappe dello sviluppo epistemologico del soggetto. Cioè i tentativi di spiegazione di fenomeni attinenti l’aggressività - sessualità, i processi riproduttivi, la morte e la sopravvivenza, che, fissati nel preconscio, persistono , si sovrappongono alle spiegazioni obiettive, e fanno vivere il soggetto in un conflitto perenne.
La ricostruzione è decisiva per sottolineare le procedure di coazione a ripetere, e attraverso lo studio del contenuto manifesto delle trasformazioni della ripetizione, ritrovare le vestigia dei traumi.

L’interpretazione

Mentre la ricostruzione si limita a mettere assieme dati ricavati da fonti molteplici, ma recepibili “in chiaro”, per cui la descrizione di un bombardamento navale è riferita ad un giorno in cui veramente c’è stato un bombardamento navale, l’interpretazione di quel bombardamento, recepisce solamente l’analogia emozionale con le scene di coito o comunque di scambi affettivi violenti a cui il soggetto in analisi ha partecipato e che rivive nell’attuale della seduta. Una ricostruzione si limita a mettere in rilievo che il giorno A del mese B dell’anno C, durante un bombardamento di una certa città, il piccolo Arturo, rifugiato in un’osteria, ha partecipato ad un’esperienza traumatizzante di morte imminente che ha messo in moto un inarrestabile processo di coazione a ripetere che lo porta a mettersi in situazioni umilianti, spiacevoli etc, nelle osterie (aut similia). Per appoggiare queste ipotesi confronta le foto antecedenti e posteriori all’avvenimento, i diarii dell’epoca, va a visitare l’osteria, e tutto il resto. E’ questo un lavoro prettamente micropsicoanalitico, poiché nell’interpretazione ricostruttiva del fenomeno vengono applicati i cosiddetti supporti tecnici (fotografie, diarii, etc.)
Da un punto di vista psicoanalitico non bisogna dimenticare che l’interpretazione usa quel momento e lo associa ad episodi attuali, ad altri antecedenti, a vissuti fantasmatici transferali, a materiale onirico, per ricavare un significato che oltrepassa i fatti in sé, ne ricava l’affetto e illustra un desiderio rimosso, per esempio partecipare a un’ipotetica vita sessuale dell’analista, al coito dei genitori, o sottostare ad un fantasma inconscio come può essere quello del fratello o sorella minori vissuti come propri figli incestuosi.

Per riassumere : il micropsicoanalista chiarisce a partire dagli elementi manifesti il contenuto latente di un vissuto utero-infantile o di un fantasma (S. Fanti, P. Codoni, D. Lysek, Dizionario di psicoanalisi e micropsicoanalisi , def. n° 43, ed. Borla, Roma, 1984). Compie questo intervento, integrando elementi ricavabili dal transfert, con quelli attuali e quelli infantili. Con questa operazione fa passare nel mondo oggettivo del pensiero scientifico residuati del passato presenti in un pensiero soggettivo (anche conscio) che interferisce nella vita quotidiana della persona.

© Nicola Peluffo

     
 

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Immagine e fotografia, Borla, Roma, 1984
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