Straniero oppure autoctono?
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29 novembre 2002
Un giorno dell’autunno del
1995, in occasione dell’annuale Simposio di preistoria
organizzato da Emanuel Anati, direttore del Centro Camuno di
Studi Preistorici, a Capodiponte, posi al professore il problema
dell’origine degli attuali abitanti di Capodiponte. Gli
chiesi se la popolazione del luogo fosse autoctona; egli mi
rispose “Quali autoctoni? Autoctoni non ve ne sono”.
In quanto paleoetnologo, nel suo campo specifico è uno
dei sostenitori dell’origine unica dell’Homo Sapiens.
Questa teoria, detta del diffusionismo, sostiene che lessere
umano attuale è apparso nella valle del Rift, cioè
è germogliato in Africa Orientale tra la Tanzania ed
il Kenya e ha dilagato in tutto il mondo.
Il motivo dellabbandono del suo luogo dorigine non
lo conosciamo. Si fanno diverse ipotesi che vanno dalla siccità,
allesplosione demografica, allestinzione della fauna,
alle epidemie, catastrofi, sino allinvasione dei topi.
Certo è che dovunque sia arrivato, le altre specie di
ominidi sono scomparse, compreso il Neandertal che era il cugino
più vicino ma che purtroppo per lui non era geneticamente
compatibile con il Sapiens Sapiens. Quindi non ha potuto sopravvivere,
neanche negli incroci, ed è scomparso.
Eppure labitante tipo dellUnione Europea era il
Neandertal.
Forte, robustissimo, felicemente adattato ai climi glaciali
dellepoca aveva però un problema. Era un cacciatore
di grandi fiere, un carnivoro, anche cannibale (forse) ma non
riuscì ad adattarsi ai cambiamenti di alimentazione dovuti
ai cambiamenti di clima. Gli si consumavano i denti e non poteva
nutrirsi adeguatamente, per cui anche la natalità diminuiva,
non riusciva a fondersi con il Sapiens Sapiens, quindi fu costretto
a sparire.
Ed ecco che laltro si diffuse ovunque.
In questa prospettiva stranieri non ne dovrebbero esistere e,
a lungo termine, neanche autoctoni.
Dal punto di vista psicologico, le cose sono un po diverse.
Per esempio, i discendenti degli arabi che abitano da secoli
in Sicilia o in Spagna (o altrove) non sono stranieri, mentre
lo sono gli arabi di fresca immigrazione. Si potrebbe dire che,
lessere considerato non straniero, è una questione
collegata alla durata della permanenza in un certo luogo e alla
possibilità di farsi comprendere o meno usando un sistema
di comunicazione verbale o scritto comune alla maggioranza degli
abitanti tradizionali del luogo.
Un problema che non hanno certo i cani o i gatti che usano codici
di comunicazione olfattivi, sensorio-motori, o sonori.
Essere straniero quindi è piuttosto una condizione culturale
che naturale e vi sono dei casi in cui una data popolazione
trasferita da un paese ad un altro diventa il parametro per
definire lo straniero da chi non lo è.
Sto parlando di una popolazione vegetale in interazione con
una umana.
Per esempio litaliano mangia la pasta al pomodoro, il
tedesco le patate, ecc. Sono stereotipi suffragati dalla statistica,
quindi dal punto di vista della psicologia sperimentale sono
scientifici. Ed è anche vero!
Ma non da tanto tempo! Perché queste buone solanacee
sono arrivate in Europa ben dopo la scoperta dellAmerica.
Il pomodoro è nato in America e poi si è diffuso
in tutto il mondo. E come si fa a dire ad un italiano, specialmente
del sud, che il pomodoro non è autoctono e che fino al
1500 circa la pummarola (la salsa di pomodoro) non
esisteva e che anche gli spaghetti non sono nati in Italia?
E che quindi il simbolo dellItalia, gli spaghetti al pomodoro,
quel piatto che tutti mangiano con gusto ma che anche serviva
da indicativo dispregiativo per indicare gli stranieri italiani
in Francia (maccheronì) non cera. E
abbastanza divertente prendere atto che due stranieri
(il pomodoro e gli spaghetti), un americano più un cinese
diventano il nostro indicativo nazionale. E neanche il peperoncino
esisteva poiché anche quello è americano.
Potrei continuare con gli inglesi, il the (tea) è indiano.
E i tedeschi con le loro Kartoffeln. Le patate
sono americane e sono state introdotte in Spagna nel 1570; ma
poi lo saranno americane?
Certo il colore è un indicatore potente che influenza
molto il giudizio sullo straniero.
Le trote cinesi e giapponesi sono a sfondo giallo. Hanno i puntini
colorati come le fario dei nostri fiumi ma sono gialle. Un ittiologo
saprà spiegarci il fenomeno ma per me è un mistero.
Come è un mistero che lessere umano sia apparso
solo in Africa.
Non è difficile dire che le condizioni necessarie affinché
quel passaggio accadesse esistevano solo in quel posto: però?
M. Wolpoff e A. Thorne, nella loro teoria del candelabro o dellevoluzione
multiregionale sostengono che Homo-erectus ovvero Homo sapiens
arcaico nasce in Africa alcuni milioni di anni or sono. Da questa
specie luomo moderno si sarebbe evoluto indipendentemente
in più regioni conservando delle caratteristiche regionali
distinte.
Sarebbe così spiegata la continuità morfologica
notata in Asia, Oceania ed Africa tra erectus, Sapiens-arcaico,
e Sapiens.
Infine esiste la teoria dellevoluzione articolata ovvero
dellibridazione-sostituzione proposta da G. Brauer e condivisa
da Y. Coppens, B. Picq e B. Vandermeersch che accetta lorigine
unica delluomo moderno ma vi include anche delle migrazioni
e degli incroci.
Queste
tre teorie sembrano ora verificate nella loro componente di
base: lorigine unica dellHomo Sapiens e la sua provenienza
dallAfrica. Le ricerche di Peter Underhill, un biologo
molecolare delluniversità di Stanford (Palo Alto,
California), e di Michael Hammer, un genetista delluniversità
dellArizona, sulle mutazioni del cromosoma Y di popolazioni
boscimane, sembra abbiano confermato che i primi Sapiens sapiens
fossero vissuti 150.000 anni or sono nellAfrica del sud
e che i loro discendenti siano appunto gli attuali boscimani.
Sembra quindi che Adamo ed Eva siano nati nellAfrica del
sud e di lì si siano diffusi progressivamente nel mondo
conosciuto.
Le differenze genetiche, come sostiene Cavalli-Sforza, sarebbero
solo in parte una questione di adattamento regionale perché
studi approfonditi hanno dimostrato che tali differenze possono
essere più rilevanti allinterno di una stessa popolazione
di quelle riscontrabili tra popolazioni diverse; tuttavia se
consideriamo un orizzonte abbastanza ampio dal punto di vista
temporale la miscela umana creata dalle migrazioni e dagli incroci
dovrebbe alla lunga distanza diventare sempre più omogenea.
Il punto di vista di Cavalli-Sforza e di altri genetisti sembra
andare in questa direzione pur sostenendo che, considerando
certi marcatori genetici, si possono scoprire con una certa
approssimazione le origini genetiche di un individuo, o per
lo meno, le popolazioni a cui certamente non appartiene in quanto
ascendenza.
Essere straniero in questo caso non sarebbe proprio una questione
di cultura ma anche un poco di natura. Sia pur una natura parziale.
Homo Sapiens sapiens ma senza i marcatori...e quindi probabilmente
non identico allaltro che possiede i marcatori.
Una piccolissima diversità che non impedisce però
le possibilità di incrocio che tuttavia non sarebbero
possibili con un altro primate, per esempio il Bonobo e persino
con un altro Sapiens, il Neandertal, la cui diversità
genetica è minima.
Il gruppo di ricerca di Svante Pääbo e Matthias Krings
è riuscito ad estrarre un frammento di DNA di 376 nucleotidi
dallomero di uno scheletro trovato nel 1856 nella valle
di Neander vicino a Dusseldör e conservato nel museo di
geologia di Bonn.
Rispetto al frammento di DNA studiato, 55 basi sono diverse
tra luomo e lo scimpanzé.
Tra luomo attuale e il Neandertal, le basi di diversità
sono 27.
Ora, se le regole del calcolo genetico sono valide, il distacco
tra luomo e lo scimpanzé è avvenuto 5.000.000
di anni fa e quello tra lessere umano attuale (il Sapiens
sapiens) e il suo parente 600.000 anni or sono.
Questo vuol dire che da 600.000 anni il Sapiens sapiens ed il
Sapiens neandertalensis si sono separati, cioè non c'è
più stata possibilità di ibridi; se noi oggi volessimo
ricostruire un Neandertal per selezione non potremmo. Da un
punto di vista biologico un essere umano molto simile a noi
anche rispetto alla vita spirituale ci sarebbe così estraneo
(straniero) da non poter essere utile alla conservazione della
specie, pur esistendo le possibilità di rapporto sessuale.
Eppure potremmo essergli amici, sentirlo nostro fratello, persino
innamorarcene; ma se fossimo lultima coppia umana rimasta
sulla Terra, il destino dellHomo erectus nelle sue due
specificazioni Neandertal sapiens e Sapiens sapiens (salvo diavolerie
tecnologiche collegate con la biogenetica) sarebbe segnato,
finito.
Da un punto di vista biologico essere straniero significa, in
ultima analisi, essere incompatibile: parzialmente quando si
tratta della conservazione dellindividuo (i trapianti
da Sapiens sapiens a verso Sapiens sapiens b)
oppure totalmente, quando si tratta della conservazione della
specie (da sapiens sapiens a verso Sapiens Neandertal
b).
A questo punto potremmo anche finire il ragionamento, se non
fosse che la variabile biologica non è la sola e che
esistono meccanismi psicologici, come ho già accennato
prima, che in definitiva servono, intendo in modo metaforico,
ad ingannare la rigidità del soma. O forse non dovrei
dire in modo metaforico ma difensivo o sostitutivo,
ad ingannare il soma sostituendo la duttilità delle strutture
funzionali complesse alla rigidità degli organi.
Tali meccanismi difensivi psichici sono la proiezione e lidentificazione,
che rispetto alla gestione del rapporto oggettuale che ci indica
lo straniero, cioè fa insorgere il vissuto
dello straniero (diverso da noi), oppure no, hanno una funzione
di regolazione adattativa simile a quella che M. Jouvet ci indica
rispetto al sonno-sogno (sonno R.E.M.-sogno) che appare negli
animali omeotermi.
Gli esperimenti di laboratorio rispetto ad una attività
non solo biologica bensi anche psichica (il sogno) permettono
al grande scienziato di onirologia molecolare di fare alcune
riflessioni tra le quali una straordinaria: negli omeotermi
(Homo Sapiens sapiens compreso), il ricambio cellulare che si
arresta alla fine della vita fetale viene sostituito dallattività
onirica.
Di conseguenza, punto di vista di M. Jouvet è che le
informazioni utili alla continuazione delladattamento
e della sopravvivenza, non potendo rinnovarsi con il duplicarsi
delle cellule cerebrali (cosa che non accade) si mantengono
per via psichica (cibernetica), tramite unattività
psicobiologica: il sonno- sogno.
Per M. Jouvet lapparizione del sonno paradosso nel corso
dellevoluzione ha coinciso con lapparizione dellomeotermia.
Il passaggio dalla poichilotermia allomeotermia (dagli
ectotermi agli endotermi) è accompagnato da cambiamenti
anche nel cervello e nellorganismo (aumento considerevole
dei processi energetici - mitocondria - che permettono il passaggio
dal bradimetabolismo al tachimetabolismo). Un fenomeno fondamentale
è avvenuto a livello del cervello. Mentre persiste una
neurogenesi durante tutta la vita di un poichilotermo questa
scompare negli omeotermi.
Nei mammiferi la neurogenesi termina alla fine della maturazione
cerebrale. Durante le prime settimane di vita nel neonato umano.
In base agli studi compiuti da Bouchard sui gemelli umani, da
altri ricercatori, rispetto al canto degli usignuoli e in particolare
sui soliti (benemeriti) topi, si è verificato, per esempio,
che ogni capostipite di topo presenta dei patterns (forme) di
movimenti occulari rapidi durante il sonno-sogno che sono caratteristici
della razza.. Lincrocio di differenti razze e di ibridi
da luogo a dei patterns identici o intermediari.
Questo fenomeno di similarità si trova molto evidente
anche nei gemelli monozigoti umani mentre non esiste in quelli
dizigoti.
Lipotesi che sostiene M. Jouvet è che il sonno-paradosso
possa effettuare una programmazione genetica iterativa nelle
specie in cui la neurogenesi cessa alla fine dellontogenesi.
Secondo la sua ipotesi lattività onirica periodica
(che è particolarmente evidente durante il sono paradosso)
rappresenterebbe la programmazione iterativa delle reazioni
incoscie che sono responsabili della personalità e delle
differenze inter individuali di comportamento nei soggetti sottomessi
alle stesse condizioni ambientali.
In fondo, almeno implicitamente, M. Jouvet dà una definizione
di psichismo simile a quella di Silvio Fanti. Vale a dire, è
psichico ciò che delluomo non deriva strettamente
dal somatico, almeno in modo direttamente verificabile, e non
viene spiegato con la semplice estensione delle leggi della
biologia.
Varebbe la pena di soffermarsi a lungo su questo argomento ma
preferisco riferirmi a qualche caso particolare collegato ad
esso e ai meccanismi psichici della proiezione e identificazione.
Per esempio, per quale ragione un essere umano dovrebbe sentire
fratello un delfino, al punto da non mangiare il tonno in scatola
per timore che contenga carne di delfino, e nel contempo non
occuparsi minimamente dei milioni di bambini umani che vengono
quotidianamente sterminati tramite le pratiche abortive volontarie
e le di cui carni non si conosce il destino?
Non certo perché il delfino è un mammifero; lo
sono anche le mucche,i conigli, le pecore, etc.
E probabile che il delfino, fantasmaticamente, dovrei
dire ONIRICAMENTE per molte persone sia meno estraneo, meno
Straniero, del proprio bambino, che contiene una parte del proprio
patrimonio genetico.
Con unespressione triviale direi alla faccia
della biologia e della genetica, la psiche traccia strade paradossali
che ci fanno chiudere la porta, non dico allimmigrato
ma persino ad un parente fastidioso. Ci fanno però accogliere
a braccia aperte come un alter ego un compagno di ideologia
che, a volte, appena si girano le spalle ci pugnala. Una specie
di pesce cane travestito da delfino che ci mangia.
Senza ricorrere alle spiegazioni complicate delleredità
ideica (leredità energetico-pulsionale che si riflette
sulla qualità e quantità dei tentativi che pure
esiste ed è valida) si può riflettere un poco
sul fenomeno onirico.
E oramai cosa nota che i sogni infantili siano popolati
di animali e che i bambini stessi, sia prima della nascita che
dopo, vivono e sentono e ragionano in modo simile agli animali.
In utero il bambino vive, sente e si muove in un ambiente acquatico
e certamente le tracce sensorio-motorie che conserva nei suoi
rudimenti di memoria trattano anche di esperienze acquatiche.
Solo che, a differenza dei pesci, i bambini sognano.
Quando, dopo la nascita saranno in grado di recepire la rappresentazione
di un entità acquatica denominata pesce, potranno riprodurre
le loro sensazioni motorie intrauterine (conservate in memoria)
in un sogno in cui per esempio un Delfino-Mamma è protagonista.
Il desiderio rimosso di mangiare il seno della mamma si trasformerà
in sogni.
Nella vita di veglia esisteranno dei resti notturni che per
una via associativa inconscia svilupperanno un vissuto di parentela
verso il delfino che diventerà cibo-tabù. Questa
frase è un poco sintetica. Dirò solamente che
i resti notturni sono i residuati di quei frammenti tensionali
di cui il tentativo onirico non è riuscito a vincolare
(esaurire) completamente lenergia e che quindi si riversano
come elementi di programmazione attiva nella vita quotidiana.
Tutti noi conosciamo bene lassociazione tabuica tra le
regole della morale e il rapporto con lanimale totemico.
Per noi occidentali mangiare carne di cane è quasi cannibalismo,
però si può arrivare a mangiarla se la fantasia
onirica lha messo in programma per il giono dopo. In pratica
si deciderà di fare una visita a qualche ristorante asiatico
in cui luso di tale alimento non è proibito, e
la si mangerà forse senza realmente rendersene conto.
Linconscio sarà soddisfatto.
Dal punto di vista filogenetico e ontogenetico questi paradossi
sono guidati da quella struttura energetico-pulsionale che in
micropsicoanalsi viene definita Immagine. NellImmagine
sono raccolte le esperienze più o meno traumatiche che
lumanità ha fatto nella sua evoluzione e che si
riflettono in sfaccettature energetiche e pulsionali che formano
il nucleo di base rispetto al quale si struttura lImmagine
ontogenetica. Cioè quellinsieme di rappresentazioni
e affetti che derivano da esperienze più o meno traumatizzanti
che si svolgono durante la vita intrauterina e nei primissimi
mesi di vita.
Le sfaccettature dellImmagine ontogenetica e filogenetica
si servono del binomio es-inconscio per manifestarsi e questa
manifestazione avviene sia per Fanti che per Jouvet (anche se
questultimo non parla di Immagine) durante il sonno-sogno.
Questo vuol dire, ripeto, che i residuati notturni di certe
esperienze rappresentazionali e affettive racchiuse nellImmagine
(per Fanti) e nei programmi di memoria (per Jouvet) si specificano
nel sogno e prendono vita in comportamenti consci della veglia.
Per esempio linsoddisfazione generale che colpisce certe
madri americane (o di altri Paesi) continua con linsorgere
nelle figlie di un vissuto inconscio e anche preconscio di incompletezza,
di autosvalutazione, a cui segue un profondo desiderio di cambiamento
che prende poi la strada di certi modelli ideali proposti dai
mass-media.
Ecco che allora le proiezioni che provengono dallinconscio
filogenetico e ontogenetico troveranno dei luoghi di vincolamento
per una probabile introiezione-identificazione non in persone
fisiche specifiche (la nonna, la zia, la maestra, ecc.) bensì
in strutture, chiamiamole materiali, precostituite, presentate
con un loro corpo specifico.
Il risultato sarà che la nipote vivrà come estranea
(straniera) la nonna o la maestra, mentre si sentirà
attratta in modo irresistibile rispetto alla rappresentante
ideale di unentità artificiale onnipotente: la
bambola Barbie. Ho letto su un settimanale che va per la maggiore
una notizia incredibile e cioè che quindicimila ragazzine
americane sotto i diciotto anni si sono sottoposte, nel 1997,
a operazioni di chirurgia plastica. Il modello a cui queste
teen-agers si ispirano è la bambola Barbie.
Un noto scrittore (Nantas Salvalaggio), commentando la notizia,
parla di una ventenne ragazza texana di nome Kristi che confida
allintervistatore: ho speso trecento milioni con
dieci chirurghi plastici diversi; a diciotto anni avevo già
subito quattro operazioni al naso e mi ero rifatta il seno,
le guance, il mento, le palpebre, il collo e il sedere.
Il commento dello scrittore è: è ovvio che
queste stravaganti giovinette devono essere maturate in famiglie
molto particolari, che evidentemente firmavano gli assegni
senza opporre la minima resistenza. Cioè condividevano
il tentativo delle figlie.
Da un punto di vista psicoanalitico è chiaro che questo
comportamento trova la complicità della famiglia; deve
essere una famiglia in cui i vissuti di perdita e di castrazione
sono talmente potenti da permettere una ricerca di modificazioni
corporea simile a quella che si potrebbe ottenere con un trapianto.
Soltanto che non è un trapianto che viene messo in atto
(del resto non si saprebbe con certezza cosa trapiantare se
non un pene-feticcio) ma piuttosto lo spostamento in una molteplicità
di interventi chirurgici modificatori del tentativo inconscio
di eliminare il vissuto di castrazione. Vale a dire: se non
si può trapiantare la potenza fallica almeno ottenere
la perfezione estetica basata su un modello inanimato.
Questo modello inanimato non è più uno straniero
ma è addirittura un Ri-Creatore nel senso che quelle
quindicimila giovanette hanno cercato di ricrearsi a immagine
e somiglianza di Barbie.
La forma di Barbie in questo senso è lartifex della
felicità e della sicurezza di un gruppetto umano che
si riconosce tramite certi attributi che fanno parte appunto
del concetto di Barbie. Il clan dei Barbie.
Daltra parte anche nella Bibbia lartifex per eccellenza,
lEterno, crea tutti gli animali a coppie e in questa operazione
crea anche luomo e la donna.
In un secondo tempo, tuttavia, si può dire ricostruisca
ciò che aveva creato, ri-creando Adamo a sua immagine
e somiglianza.
Poi ri-crea Eva tramite lamplificazione di un attributo
di Adamo (la costola).
In termini attuali, procede alla clonazione di un attributo
che essendo identico a quello dellEterno è un attributo
divino che contiene in sè tutta la potenza fallica. Quell
attributo del padre totemico, viene trasformato in donna che
in realtà è colei che pro-crea.
Questa ri-creazione, che Th. Reik interpreta come le vestigia
di un rito di passaggio, costituisce una specie di parentela
psichica tra il creatore ed i creati che è simile a quella
descritta dalla Bibbia in cui il carattere che si vuole mettere
in evidenza è la parentela, nellOnnipotenza dellEterno
Creatore, tra lartista divino e la sua opera.
Questo ci spiega la spinta emotiva che possono creare certe
opere darte.
Ci si può innamorare della Gioconda oppure la si può
sfregiare a seconda dello spostamento di sentimenti che si attua
verso tale quadro. Probabilmente Leonardo da Vinci, in vita,
avrebbe procurato a quei soggetti gli stessi movimenti affettivi
scatenati dalla sua opera, la cui caratteristica psicologica
principale (per certi personaggi) è quella dellambiguità
sessuale.
Per coloro, che in un modo o nellaltro conoscono la psicoanalisi,
sarà semplice rendersi conto che sto parlano di quel
fenomeno che viene definito transfert (in italiano traslazione).
Un trasferimento di sentimenti inconsci che diventano consci
verso lanalista, durante la seduta analitica .
Questi sentimenti sono espressi tramite movimenti mentali (e
a volte concreti), cioè pensieri, fantasie, immagini,
idee che rendono attuali e riconoscibili i momenti dimenticati
o rimossi della vita utero-infantile, e puberale. Sovente prendono
la via onirica e si rivolgono ad oggetti onirici che non solo
possono essere animali (di tutte le specie, essere umano compreso)
ma anche oggetti inanimati. Un armadio, un attaccapanni, una
vasca, una bottiglia, etc.
Questi oggetti, a prescindere in modo totale dalla simbolica,
possono essere semplicemente degli induttori associativi di
momenti di vita carichi daffetto, isolati nello psichismo
del soggetto ma costituenti forme psichiche (pattern) che a
seconda del loro pulsare, ulteriormente trasferiti, ci faranno
innamorare di un vaso, e prendere a calci il coniuge: totalmente
straniero. Molto più estraneo del vaso.
E questo fenomeno, bisogna dirlo, non accade esclusivamente
durante una psicoanalisi o una micropsicoanalisi, ma sempre,
nella vita: a nostra insaputa. Ed è ciò che dal
punto di vista psicologico distingue anche solo momentaneamente,
chi è straniero da chi non lo è; vale a dire da
chi è autoctono: della stessa terra. Per la psiche (lanima)
tuttavia la qualità della terra è relativa, soggettiva,
momentanea e contraddittoria per cui la fluttuazione di quei
due attributi (straniero e autoctono) è continua e può
investire contemporaneamente lo stesso oggetto. Questo fatto
accade sempre ed è spesso mal tollerato e negato dagli
esseri umani.
© Nicola Peluffo
* Atti del Seminario del 14
maggio 1998 "La tutela del minore straniero tra il rispetto
delle differenze e l'integrazione sociale" A cura di Liliana
Bal Filoramo e Antonella Saracco, Ed. Celid, Torino.
Bibliografia:
Anati Emanuel, Il Museo immaginario
della preistoria, Jaca Book Milano 1995.
Gelliy Robert, Lenigme de Neandertal, Sciences et Avenir,
n° 542,1992
Kiner Aline, Le nouveau visage de Neandertal, Sciences et Avenir
, n° 590, 1996
Coppens Yves, Notre arbre généalogique? Cest
un bouquet !, Sciences et Avenir, n° 590, 1996.
Rossion Pierre, Lhomme avant lhomme de Chauvet,
Science et vie, Edition speciale (La grotte de la Combe dArc),
1994.
Jouvet Michel, La natura del sogno, ed. Theoria, Roma-Napoli,
1992.