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Una definizione di cultura.
2. Lereditarietà in micropsicoanalisi
27 dicembra 2006
L'ereditarietà in micropsicoanalisi
Noi micropsicoanalisti abbiamo dato un circoscritto valore causale agli eventi infantili, in relazione alla nostra definizione di Immagine che vede lontogenesi individuale come epifenomeno in cui si attualizzano a caso una o laltra delle sue sfaccettature, trasmesse filogeneticamente.
Anche noi tuttavia inseriamo un dato di realtà storica considerando la trasmissione filogenetica in correlazione ai traumi. Così, Nicola Peluffo nel 1986, ipotizzava che:
esistano accadimenti traumatici i quali sia perché mettano in moto la coazione a ripetere, sia perché formino delle strutture che funzionano come relais a uscita obbligata, determinano una risposta ontogenetica alle stimolazioni interno-esterne, che tende a ricostruire la forma (nel senso di organizzazione di una struttura) di uno o più accadimenti catastrofici filogenetici (atavici ed ancestrali)
Si tratta della fissazione allimmagine di catastrofi che tendono ad essere ricostruite (psicoanalisi) o a riapparire perché inserite nel codice energetico dellistinto di tentativo (micropsicoanalisi) nellontogenesi, in una forma (sia fantasmatica che comportamentale) il più simile possibile a quella originaria, costringendo così lessere umano a costruire delle difese che contrastano tale tendenza e lo obbligano a un equilibrio precario.1
A questa definizione di filogenesi ancestrale se ne associa unaltra che vede il trauma reale come un accadimento occorso non nella preistoria dellumanità, ma in quella familiare: tale accadimento, afferma Peluffo
richiede più generazioni per essere abreagito
e quindi continua a sussistere lungo la corrente delle onde generazionali, come esigenza delles.2
Accanto ai traumi generazionali si situano quelli intrauterini, ben specificati da Silvio Fanti nella definizione di stadio iniziatico ed in particolare in quella di sinapsi feto-materna: Le proiezioni-identificazioni aggressive-sessuali della madre vincolano quelle che il feto utilizza per formare il suo es-io-super-io.3
Più che su un unico evento, si insiste sullipotesi della comparsa di microtraumi ripetuti, a partire dalla vita fetale ridando valore agli eventi perturbatori esterni, anche se nel concetto di sinapsi feto-materna è difficile considerare il polo materno come esterno a quello fetale. Tuttavia ritroviamo in numerosi scritti micropsicoanalitici il riferimento a traumi intrauterini come dato esplicativo della presenza di certe fissazioni, intese come cicatrici psichiche la cui origine sarebbe appunto traumatica.
Come si può notare la definizione di eredità filo-ontogenetica comporta una descrizione del trauma come di un evento extrapsichico, ossia proveniente dalla realtà esterna, che coinvolge il soggetto modificandone la dinamica psichica.
Si è creata una certa deriva concettuale che da quello di trauma si sposta verso il concetto di filogenesi lasciando a volte vago il nucleo portante dellereditarietà, ovvero lasciando intendere a tratti che si erediti un patrimonio di immagini (nel senso iconografico del termine), a tratti che il nucleo filogenetico sia energetico, a tratti che le due cose siano sovrapponibili.
Cercherò di orientarmi riprendendo un lavoro di Daniel Lysek e Pierre Codoni, scritto nel 1986. I due autori distinguono i supporti strutturali ed i supporti dinamici nelleredità psichica. Quelli strutturali sono composti da complessi rimossi di rappresentazioni e affetti, intesi come le impressioni che la motricità co-pulsionale lascia di se stessa nella trama energetica delles.
Non siamo quindi al livello dei contenuti dellinconscio, bensì ad una soglia ben precedente dellorganizzazione psicoenergetica. Ovulo e spermatozoo veicolerebbero le tracce energetiche di esperienze co-pulsionali delle linee ancestrali materna e paterna, che costituiscono la base proiettiva delle nostre identificazioni primarie, condizionano la rimozione ontogenetica nella sua totalità e determinano le strutturazioni rappresentazionali affettive del nostro sviluppo aggressivo sessuale. Linsieme energeticamente organizzato delle rappresentazioni e degli affetti filo e ontogenetici è chiamato Immagine. 4
Quando entra in gioco lImmagine siamo già giunti al livello dellInconscio e qui ci aspettiamo che gli insiemi rappresentazionali affettivi acquisiscano altre connotazioni, sempre più vicine alla sfera iconica e sensoriale.
Esistono poi, seguendo i due autori, dei supporti dinamici delleredità psichica, ovvero: degli schemi co-pulsionali fisssati nelles-inconscio durante lontogenesi di un genitore, nonno o antenato, e trasmessi a partire dalla fecondazione. (ibidem) sono schemi riguardanti fonte, oggetto, meta e destini co-pulsionali, esperienze di soddisfacimento o frustrazione, desideri, meccanismi di difesa e fantasmi.
Rispetto a questi ultimi, e seguendo la definizione che del fantasma da il Dizionario (Messa in scena rappresentazionale affettiva a strutturazione aggressivo sessuale edipica del conflitto psichico) 5, noto che siamo nuovamente al livello dei contenuti dellInconscio; lipotesi che vi sia una ereditarietà trasmessa dalles inconscio ontogenetico di un avo mi sembra evocare le teorie lamarckiane, ma devo tuttavia richiamare lattenzione sulla nostra specifica impostazione energetica che ci libera dai tramiti biologici dellereditarietà, anche se poi ci è difficile rinunciare ad un supporto somatico, quali ovulo e spermatozoo.
Quel che più mi preme è ribadire, come fanno Codoni e Lysek, il carattere primario delleredità psichica così concepita. Da questa soglia di strutturazione si formano successivamente dei derivati filogenetici dellinconscio che fondono desideri e meccanismi di difesa della linea ancestrale materna e paterna, definendo infine gli aspetti ultimi delle formazioni psichiche ereditarie.
Nuovamente sottolineo che anche a questo livello ciò che si eredita non è un contenuto psichico, paragonabile al colore degli occhi, bensì una propensione alluso di certi meccanismi e una familiarità allespressione psicobiologica di certi desideri.
Allora si può comprendere che quando parliamo di trasmissione filogenetica, noi ci poniamo in un modo radicalmente diverso da quello inteso, ad esempio, dal Freud di Totem e Tabù, anche se il nostro discorso non è in contraddizione con quello.
Mi sembra di poter affermare che la vera trasmissione non concerne lelemento traumatico, neanche nei suoi aspetti comportamentali, bensì la traccia che esso ha lasciato, sotto forma di cicatrice psicobiologica, nello psichismo di un soggetto; questa traccia tende a mantenersi stabile e percorre londa generazionale fino a quando la sua energia non si sia esaurita. Così concordo con Pierluigi Bolmida, quando afferma che: Non esistono caratteristiche psichiche pre-fissate o pre-determinate dallereditarietà. Al contrario, esistono generiche tracce di adattamento co-pulsionale a situazioni ambientali di estrema varianza, tracce che tendono a riprodursi, per inerzia, sempre eguali a se stesse. Le caratteristiche psichiche, gli osservabili manifesti, altro non sono che il risultato delle modalità di risoluzione tensionale ereditate
. Sostengo che ciò che si trasmette ereditariamente non siano né predisposizioni degenerative né specifiche modalità strutturali di comportamento, bensì un modulo primario geneticamente organizzato, capace di assicurare un equilibrio, sia pur relativo e temporaneo
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La realtà psichica e il concetto di cultura
Da un punto di vista concettuale noi micropsicoanalisti abbiamo tutti i dati che ci permettono una definizione piuttosto raffinata di realtà psichica, anche se in diversi lavori lo statuto di tale realtà diviene più sfumato, fino a coincidere con dati concreti, quali un evento occorso nella filogenesi della specie o del soggetto, oppure nella sua ontogenesi intrauterina.
Siamo pienamente freudiani nella nostra concezione della realtà, poiché già Freud aveva affermato il primato della realtà psichica su quella materiale, intendendo con ciò designare sia il desiderio inconscio, sia i fantasmi.
Credo che la metapsicologia micropsicoanalitica, volta a definire la genesi energetica delle organizzazioni psicobiologiche, ci permetta di esprimere un altro aspetto della realtà psichica.
Vorrei descriverlo in analogia alla teoria della duplice natura della luce, la quale come sappiamo- può essere osservata sia come onda di un campo elettromagnetico sia come flusso di particelle, i fotoni. Quando però la luce è colta, o misurata, in uno dei suoi aspetti, laltro non può essere osservato. In altre parole se effettuiamo un esperimento per rilevare l'aspetto ondulatorio della luce non possiamo rilevarne la natura corpuscolare e viceversa, le due rappresentazioni/descrizioni sono mutuamente esclusive.
Similmente mi sembra che quando noi mettiamo in evidenza laspetto energetico della organizzazione psicobiologica, lelemento materiale della stessa passa in secondo piano, e viceversa. Così la realtà può essere percepita nella sua trama di fondo, oppure nellagire dei suoi dati concreti, ma occorre tenere presente che esse sono le due facce del medesimo dinamismo e che dunque non esiste un fatto materiale isolato dal suo dinamismo; limportante è non confonderli.
Liberatami quindi del fardello della realtà esterna a favore di quella psichica, posso introdurre il tema relativo ad una possibile definizione di cultura da un punto di vista psicoanalitico e micropsicoanalitico.
Anticipo subito che per cultura non intendo uno o più dati concreti, quali ad esempio, le forme di allevamento infantile o i residui di pratiche totemiche, e nemmeno dati di ordine psico-antropologico, quali il pensiero magico, la teoria dellorda primitiva, ecc.
Nel cercare il punto di incontro tra realtà storica e nascita del fantasma, Freud ed i pionieri della disciplina, Reik, Roheim, Rank, hanno spesso paragonato il pensiero dei selvaggi a quello dei nevrotici seguendo un modello evoluzionistico che tra laltro prevedeva lutilizzo clinico dei materiali etnografici, i quali venivano interpretati in analogia a quanto si faceva con i sogni o gli altri materiali di seduta.
Sul versante antropologico, il termine cultura è quasi sempre utilizzato dagli antropologi per descrivere certi aspetti della vita sociale, quali le pratiche tradizionali, gli usi, le parentele, gli apparati mitico-rituali; aspetti fondamentali dellidentità di un popolo o di unetnia ma che poco spazio lasciano alle dinamiche psichiche del soggetto.
Recentemente lantropologia si è confrontata con temi diversi, quali, ad esempio, la trasmissione dei traumi, la memoria collettiva, lagire sociale dei fantasmi psichici. Questi interrogativi avvicinano il sapere antropologico a quello psicoanalitico.7
Il concetto di cultura ha per me una profonda valenza psicodinamica: intendo la cultura come una sedimentazione di esperienze pulsionali, le quali lasciano le loro tracce nella dinamica psichica degli investimenti-disinvestimenti.
Parlando di pulsione, devo soffermarmi sui suoi rappresentanti psichici, ovvero le rappresentazioni.
Se teniamo a mente le definizioni di rappresentazione, fornite da S. Fanti nel Dizionario, dobbiamo ricordare che questa è essenzialmente una traccia mnestica investita, e a sua volta, la traccia mnestica non è altro che un vissuto pulsionale onto o filogenentico memorizzato. 8
Siamo lontani da elementi che riguardino il contenuto inconscio, sia esso pensato come rimosso, o come fantasma originario, eccetera.
Sono livelli differenti ma credo che esista una possibile ambiguità nei termini utilizzati, come ad esempio quelli che riguardano le esperienze, le rappresentazioni, le immagini; questi termini infatti lasciano supporre che la trasmissione filogenetica sia una eredità di esperienze reali, di rappresentazioni consce, di immagini iconiche.
Questo fa si che quando ci occupiamo di cultura, siamo portati a pensare ai contenuti, ad esempio a vedere in certi miti o rituali, la manifestazione di derivati dellinconscio, in analogia ai sogni o a certi grandi sistemi patologici, come il delirio, o lirrazionalismo magico.
Non credo che il cuore della trasmissione filogenetica o transgenerazionale risieda nei contenuti trasmessi, sotto forma di rappresentazioni ed affetti che passerebbero da una generazione allaltra a causa della rimozione e della fissazione. Mi sembra più importante un altro aspetto che riguarda appunto le modalità di investimento pulsionale, ed in definitiva i sistemi difensivi, i quali si trasferiscono da una generazione allaltra pur nel variare dei contenuti rappresentazionali-affettivi.
Sulla base di tali modalità trasmesse e dunque sufficientemente costanti, si determina un patrimonio filogenetico di Immagini (intese come forme psichiche).
Ora le modalità di investimento-disinvestimento coincidono con i meccanismi di difesa, visti nella loro accezione più profonda; in altre parole, ci si deve occupare dellaspetto dinamico e non topico della circolazione di informazioni tra un gruppo e i suoi membri.
Da un punto di vista dinamico, si può dire che seguendo le linee del conflitto psichico i soggetti utilizzano i meccanismi efficienti dellinconscio, e i sistemi difensivi, per elaborare un proprio codice espressivo. Questultimo diviene la risultante delle interazioni tra nuclei rimossi. In altre parole, le pratiche culturali, come pure i rituali, eccetera, sono lelemento percebile (conscio) che sottintende un insieme preconscio, il quale veicola le interazioni tra tracce filogenetiche e lo psichismo del soggetto.
Qui siamo al livello di ciò che caratterizza lo psichismo della nostra specie di Homo sapiens sapiens, così come si è strutturato a partire da 100.000 anni or sono. Ricordo che molti studiosi fanno risalire a questa data, e a questa specie, il possesso di una lingua e che dunque si può ipotizzare una lingua originaria comune ai popoli che iniziarono il loro cammino verso il resto del mondo, rapidamente sostituita da molteplici specializzazioni e varianti.9
Questo dato mi consente di ribadire una matrice comune alla psiche umana: la condivisione di eventi e lelaborazione di risposte analoghe, simili fissazioni, stessi traumi: credo sia questo il punto di partenza della nostra filogenesi specie specifica, così come essa si è evoluta da quella dellHomo Erectus da cui deriviamo, di assai più lunga durata. Questa è la cultura che abbiamo tutti in comune: quella del Sapiens Sapiens, mentre le culture sono successive specificazioni locali.
Se però ci vogliamo interrogare sulle differenze culturali tra unetnia e laltra, tra le diverse epoche storiche, dobbiamo risalire fino allinconscio, al preconscio ed alla strutturazione difensiva.
Le differenti culture umane possono essere pensate come contenitori collettivi di particolari oggetti preconsci, come li intende Codoni: certi eventi aggressivo-sessuali provenienti dal proprio corpo, ma anche dallambiente, riattivano, per proiezione-identificazione, un gruppo di rappresentazioni-affetti rimossi. Tale patrimonio che si struttura in entità differenti a seconda delle fissazioni e rimozioni filogenetiche del gruppo di riferimento, verrebbe adattato da ogni nuovo essere umano, secondo il proprio destino pulsionale. Abbiamo così i germi della permanenza culturale e delle trasformazioni individuali.
Il conflitto psichico relativo al ritorno del rimosso è gestito da sistemi difensivi che si organizzano come minimo comune multiplo difensivo di un certo gruppo umano.
Questa idea di cultura in quanto sistema difensivo collettivo, non è nuova, anzi, fonda gli studi etnopsicoanalitici più seri.10
Io cerco solo di approfondirla, poiché mi sembra che ci permetta di evitare la confusione tra contenuti culturali e contenuti inconsci.
La mia ipotesi è che esistano insiemi difensivi, che in ultima analisi sono dei nuclei rappresentazionali-affettivi specializzati, stabilizzati allinterno di un dato gruppo umano, i quali possono venire riattivati nellontogenesi degli individui al fine di arginare i conflitti psichici.
Questi insiemi difensivi culturali caratterizzano in un senso o nellaltro certe etnie; avremo così delle culture a forte impronta iniziatico - anale, altre a forte impronta orale-depressiva, nel senso che queste culture condividono un patrimonio di difese relative a quelle specifiche fissazioni. Allinterno di ciascuna cultura, ogni individuo elabora in modo specifico i propri conflitti in armonia o discordanza dal proprio patrimonio etnico.
© Manuela Tartari
Note:
1 N. Peluffo, « Linteriorizzazione delle perturbazioni catastrofiche », Bollettino dellIIM, n°3, 1986.
2 N. Peluffo, « La situazione », Bollettino dellIIM, n°6, 1988.
3 S.Fanti, con la collaborazione di P. Codoni e D. Lysek, Dizionario di psicoanalisi e microspicoanalisi, Borla, Roma, 1984, def. N°346.
4 P. Codoni, D. Lysek, leredità psichica, Bollettino dellIIM, n° 2, 1986.
5 Op. Cit., def. n° 229.
6 PL. Bolmida, " Sulleredità ideica", Bollettino dellIIM, n°14, 1993.
7 Cfr. AAVV, Anthropologie psichanalytique , LHomme», n°149, 1999.
S.Fanti, con la collaborazione di P. Codoni e D. Lysek, Dizionario di psicoanalisi e microspicoanalisi, Borla, Roma, 1984, def. N°131.
Cfr. Le lingue del mondo, in: Le Scienze. Quaderni, n°108, 1999.
Cfr. G. Dévéreux, «Ethnopsychanalyse Complementariste», Paris, Flammario, 1972.
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