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Gioco e ripetizione
1 novembre 2000
Molto è stato scritto
sulla funzione del gioco, sulla sua importanza primaria nello
sviluppo affettivo ed intellettivo del bambino. Se osserviamo
i giochi di un bambino, soprattutto in età prescolare,
possiamo facilmente notare come, per un certo periodo di tempo,
il piccolo tenda ad affezionarsi ad un particolare
gioco e lo ripeta o, per lo meno, ne ripeta lo schema essenziale,
pur aggiungendoci di volta in volta delle varianti.
Piaget dimostrò come la ripetizione sia necessaria ai processi
cognitivi permettendo la messa in atto di accomodamenti ed assimilazioni
successivi che portano alla costruzione o alla assunzione di un
concetto, una realtà.
Freud , con il caso del piccolo Hans, mise in luce come le fantasticherie,
i sogni, i giochi del suo piccolo analizzato non fossero che una
ripetizione, una messa in scena, a livello onirico e ludico, del
conflitto edipico.
Nel 1920 analizzando la coazione a ripetere, illustrò il
meccanismo universale della ripetizione attraverso un gioco infantile,
gioco che divenne un esempio paradigmatico dellazione della
coazione a ripetere nella vita psichica: il gioco del rocchetto.
Freud notò come un suo nipotino di 18 mesi si intrattenesse
a lungo con un gioco particolare: prendeva un rocchetto e lo lanciava
lontano facendolo sparire sotto il letto, il tutto era accompagnato
da esclamazioni vocali connotate da intensa affettività.
Il gioco pareva ripetere, in una sorta di drammatizzazione affettivo-motoria,
una serie di esperienze altrettanto emotivamente intense: le partenze
della madre, vale a dire lesperienza di separazione. Un
giorno Freud notò come questo gioco facesse parte di uno
più complesso: il piccolo tirava il rocchetto, lo faceva
sparire, poi lo recuperava. Il gioco completo appariva raramente,
la prima parte sembrava bastare a sé.
Perché ripetere, riproporre unesperienza dolorosa?
Secondo Freud è la coazione a ripetere che spingeva il
bambino a giocare. La spinta a ripetere per elaborare psichicamente,
impadronirsi di un evento che ha suscitato una forte impressione
emotiva è primaria ed indipendente dal principio del piacere.
Il tentativo sotteso è la ripetizione del trauma per cercare
di eliminarlo.
Se nel gioco la ripetizione può permettere al bambino di
assumere una parte attiva nellesperienza, tentando così
di dominare le forti impressioni rivissute nel gioco più
di quanto può fare nella realtà, dove spesso esse
sono vissute passivamente, nella vita la coazione a ripetere si
esaurisce in sé, portando lindividuo a riproporre
in vari contesti lesperienza traumatica, rivivendo e riattualizzando
senza posa il trauma.
In altre parole si tende ad instaurare con loggetto attuale
(persona o situazione) una relazione tale da replicare interamente
o per alcuni aspetti lesperienza o la serie di esperienze
traumatiche fissate nellinconscio. Loggetto attuale
diventa il corpo supporto di unimmagine riguardante
un legame con loggetto primario. Tutto ciò avviene
ovviamente al livello inconscio, lindividuo non è
consapevole né della spinta che lo porta a replicare né
del contenuto della ripetizione, così come il nipote di
Freud non era consapevole del perché del gioco, né
della spinta a farlo.
Molti giochi, soprattutto in psicoterapia infantile, sembrano
presentare le caratteristiche del gioco del rocchetto. Essi nascono
dal bisogno di ripetere lesperienza o le esperienze traumatiche
nel tentativo di abreagirne e neutralizzarne lenergia.
Vorrei concludere con un esempio, tratto dalla letteratura, sulla
coazione a ripetere messa in atto nel gioco (Klein, 1926). Si
tratta di Trudy, una bimba di 4 anni, affetta da pavor nocturnus.
In seduta la piccola giocava spesso ad andare a dormire.
Dopo essere andata nella sua stanza Trudy usciva furtivamente,
si avvicinava allanalista e le proferiva ogni sorta di minacce,
riguardanti aggressioni su di lei e i suoi bambini (ovviamente
immaginari). Dopo prendeva i cuscini, che chiamava spesso i suoi
bambini, e coprendosi con questi si rannicchiava in un angolo
del divano dando segni di violenta paura: si succhiava il pollice
facendosi pipì addosso. Klein osserva come le posizioni
assunte dalla bimba corrispondevano al suo modo di stare nel lettino
ai due anni, periodo in cui erano apparsi per la prima volta i
terrori notturni. A quellepoca correva in piena notte in
camera dei genitori senza sapere dire neppure cosa volesse. Era
appunto in quel periodo che era nata la sorella, questo evento
aveva catalizzato su di sé una serie di desideri anali-uretrali,
relativi ad un Edipo precoce: desiderio di depredare la madre
dei suoi bambini fuso e confuso con desideri anali ed uretrali
di possedere e distruggere tramite lurina e le feci. Nel
transfert e nel gioco la situazione viene replicata sullanalista,
prima distrutta e posseduta, quindi intensamente temuta.
Klein nota come nel periodo in cui il gioco si manifestava più
intensamente, la piccola prima di arrivare in seduta si faceva
sempre male. Piccoli incidenti di disattenzione, interpretati
dallanalista come atti mancati per senso di colpa.
La ripetizione nel gioco, il ripetere nel transfert (e fuori)
il conflitto traumatico, diede voce allangoscia muta del
pavor, la piccola prese coscienza dei desideri rimossi, il sintomo
perse la sua funzione e fu eliminato.
© Daniela Marenco
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