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Il bambino impara a leggere
19 ottobre 2003
Ernest H. Hutten
nel saggio sulla creatività nel processo di conoscenza
scientifica sottolinea come in ogni atto di conoscenza partecipano
interagendo tra loro le informazioni provenienti dal mondo esterno,
le motivazioni, gli affetti, le rappresentazioni consce ed inconsce.
Per usare la terminologia di Piaget, la nostra mappa cognitiva
assimila la nuova informazione e si accomoda ad essa, contemporaneamente
il nostro vissuto emozionale reagisce alla nuova informazione,
colorandolo e sottoponendolo, a volte, a deformazioni: anche
qui si può parlare di processi di assimilazione –
accomodamento.
Ciò vale per ogni conoscenza adulta e tanto più
vale per le miriadi di conoscenze ed abilità che vengono
acquisite dal bambino. Le abilità cognitive del bambino,
che decodificano e incamerano la nuova informazione, sono influenzate
dalla sua visione del mondo, la sua modalità di pensiero,
gli affetti, le motivazioni, gli eventuali nodi conflittuali
che la nuova conoscenza o la nuova abilità può
richiamare o sollecitare.
Una delle più importanti acquisizioni, pressoché
universale, del primo periodo della latenza è il processo
di letto – scrittura. Vorrei in questo breve scritto analizzarne
le varie componenti tenendo conto che, nella realtà,
esse lavorano contemporaneamente interagendo tra loro.
La psicologia cognitiva ha dato un importante contributo all’analisi
di questo apprendimento studiando i prerequisiti necessari per
la costruzione di questa abilità, la mancanza o il funzionamento
deficitario di uno o più di essi può inficiare
la sua corretta padronanza e il bambino diventa un dislessico.
Cornoldi e collaboratori parlano di diverse abilità indipendenti
o semindipendenti che insieme concorrono al conseguimento di
un’abilità più complessa, generale ed articolata:
la lettura.
Riprendendo l’analisi compiuta da Struiksma individuano
le seguenti componenti:
• Analisi
visiva: il bambino deve saper riconoscere e tracciare
segni grafici elementari, analizzare i costituenti di una lettera
(capacità di discriminazione tra linee curve, oblique,
verticale, orizzontali)
• Lavoro da sinistra a destra: importante
nella nostra cultura in cui la lettura procede da sinistra a
destra. Questa abilità consente la graduale discriminazione
visiva di grafemi seguendo un ordine sequenziale.
• Queste due abilità portano alla discriminazione
visiva: analisi e distinzione di un grafema da un altro.
Pensiamo alla p, b, d, il corretto riconoscimento della lettera
comporta un processo di discriminazione visiva e di orientamento
topologico.
• Discriminazione uditiva: differenziazione
di un fonema da un altro.
• Percezione dell’ordine temporale:
il soggetto deve conservare l’ordine delle lettere così
come è dato, non anteponendole o spostandole.
• Sintesi uditiva: capacità di
fondere i fonemi che sono presentati in maniera staccata (implica
sia la discriminazione fonetica che il mantenimento dell’ordine
temporale).
• Corrispondenza grafema – fonema:
associazione tra un determinato grafema e un determinato fonema
(implica l’acquisizione della sintesi uditiva e della
discriminazione visiva).
• Tutte queste abilità si fondono nella sintesi
visiva valutata con la lettura di parole e non parole.
Il soggetto deve leggere la parola e nel farlo deve aiutarsi
non solo attraverso la giustapposizione di un elemento dopo
l’altro ma anche attraverso un approccio totale alla parola
nota e dall’aspettativa di quale parola possa essere.
Se si cambia una lettera a più parole il bambino capisce
che quelle parole seguono una regola e individua l’elemento
di cambiamento.
• Tutto ciò porta alla abilità finale della
capacità tecnica di lettura.
Cornoldi si occupa
dell’acquisizione della capacità tecnica della
lettura, ma senza nulla togliere a questa rigorosa analisi,
vorrei ampliare il discorso analizzando come il bambino nella
sua totalità, cognitiva, emotiva, motivazionale, si approccia
al processo di lettura.
Mi viene in aiuto, per questa analisi, il saggio di Bettelheim
e Zelan: “Imparare a leggere”. Gli autori notano
come il più delle volte l’errore di lettura del
bambino normale venga visto dall’insegnante come distrazione,
carenza di esercizio, mancanza di competenza. Nel saggio viene
proposta un’ipotesi alternativa considerando gli errori
di lettura degli scolari delle prime classi elementari al pari
del lapsus adulti. Non è la mancanza di competenza la
causa prima dell’errore ma sul corretto processo percettivo
– cognitivo di decifrazione del testo intervengono variabili
emotive importanti che impongono la distorsione percettiva.
Riprendendo S. Freud Bettelheim ipotizza che il testo possa
contenere qualcosa in grado di suscitare una reazione difensiva
nel lettore: l’informazione veicolata dalla lettura stimola
una reazione ansiosa, la parola viene corretta grazie ad un
errore (il lapsus) che permette l’allontanamento dell’informazione
perturbante oppure consente, attraverso una formazione di compromesso,
l’adempimento di un desiderio.
Gli autori considerano la lettura un processo attivo. Se il
contenuto lo permette la lettura è percepita in modo
neutro, astratto, le facoltà conoscitive sono coinvolte
in prima persona, mentre il resto della personalità (conflitti
inconsci, immagini superegoiche) non sono coinvolti se non marginalmente.
Ma se il testo tocca importanti questioni personali l’intera
personalità si attiva e inizia un processo in cui il
testo è in parte compreso dalle facoltà cognitive
e in parte assimilato alle preoccupazioni del lettore.
Un esempio tratto dal saggio illustra bene questo concetto.
Una bambina di prima elementare, angosciata da una grave miopia,
legge la seguente poesiola (la bambina è americana):
io non sono alto
come il mio amico Ben
io non sono bravo come John o Ed
Legge le prime
due righe correttamente, deve quindi leggere la seconda strofa:
Io non riesco a
compitare (spell) come fa Wiill
Io non so capire (catch) come fa Ted
Ma commette due
errori:
io non riesco a
vedere (see) come fa Will
io non a guardare (watch) come fa Ted
La bambina non
ha nessun problema a livello di comprensione e di compitazione,
il suo problema è la visione. La poesia è in prima
persona, tratta di un bambino che parla delle sue manchevolezze,
la lettrice è angosciata per le sue, l’immedesimazione
stimolata dalla lettura delle due prime righe, in cui viene
ripetuto “io non riesco”, porta la bambina a “personalizzare”
il testo raccontando le sue manchevolezze attraverso due errori
di lettura.
Un altro importante fattore da considerare è il diverso
modo in cui il bambino percepisce e considera le parole rispetto
all’adulto maturo.
In “Rappresentazione del mondo nel fanciullo”, Piaget
mostra come la parola che designa l’oggetto è vissuta
dal bambino piccolo come parte dell’oggetto stesso: “Il
sole si chiama così perché è giallo”,
non come un segno dato arbitrariamente.
Come parte del tutto la parola può evocare l’intero
oggetto e le dinamiche emotive e relazionali legate ad esso.
È esperienza comune sentire dire ad un bambino: “Non
dire quella parola (ad esempio strega) perché mi fa paura”.
In età scolare questa convinzione andrà via via
modificandosi ma rispetto ad alcune parole rimarranno importanti
vestigia emotive. Detto per inciso si manterranno sempre anche
nell’adulto. Ecco perché la parola mamma
non equivarrà mai alla parola madre: il significato
affettivo è qualitativamente e quantitativamente differente.
Un altro esempio può illustrare questo concetto. Una
brava scolara di prima elementare legge ad alta voce e in modo
scorrevole una storia. L’argomento della lettura riguarda
le tigri. Non fa errori tranne per uno costantemente ripetuto:
legge Tigger (Tigro, un personaggio dei libri
di Winny Pooh) invece di Tiger (tigre).
Si può immaginare moltissimi motivi per cui la piccola
possa cercare di non pensare alla pericolosa e feroce tigre
e preferisca “addomesticarla” e renderla innocua
tramutandola in Tigger (Tigro): il peluche divertente dei libri
di Pooh.
Vorrei concludere con un esempio preso dalla mia esperienza
personale: si tratta di un errore di scrittura di una bimba
di sette anni, brava a scuola con una bella grafia e una buona
capacità di scrittura.
Vedo la bambina a dicembre e con l’approssimarsi del Natale
disegna un albero di Natale con i doni, pregustando cosi la
festa futura. A lato del disegno scrive una breve dedica a Babbo
Natale ma commette per due volte le stesso errore: scrive “Cara
Babbo Natale”.
Perché questo errore?
Esistono due principali misteri che sollecitano la curiosità
dei bambini: Babbo Natale, e come nascono i bambini. Anzi si
può pensare che il segreto di Babbo Natale funga spesso
da schermo emotivo ad alcune fantasie relative alla nascita
dei bambini (ad esempio il desiderio di sapere, vedere e nel
contempo la paura rispetto ad una curiosità punita).
In quel periodo la madre aveva scoperto da poco di essere rimasta
incinta, non voleva ancora avvertire la bambina pensando di
darle la notizia più avanti. I familiari stretti ne erano
a conoscenza. Probabilmente la bambina ne aveva avuto sentore:
nella seduta successiva, infatti, mi parlerà della sua
nuova passione per le piante: piantava semi seguendo lo sviluppo
delle piantine, aveva allestito un piccolo vivaio in cui provava
varie sperimentazioni.
I genitori non avevano mai affrontato il discorso di come nascono
i bambini, probabilmente loro o i nonni avevano dato alla bambina
una spiegazione tradizionale.
In realtà la nuova passione per la botanica spiegava
bene quale idea la bambina si era fatta rispetto al concepimento
e alla gestazione. La mamma aveva una sorpresa – segreto,
nascosta così come sono celati nel sacco i dono di Babbo
Natale. Babbo Natale è femmina, è la donna che
procrea i bambini, ma in questo processo anche il papà
(il babbo) ha un ruolo, anche se un po’ oscuro. Ecco che
da questo punto di vista l’errore assume un significato:
quest’anno arriva proprio: Cara Babbo Natale.
Bibliografia:
- B. Bettelheim,
K. Zelan (1981): Imparare a leggere, Feltrinelli 1987, Milano.
- C. Cornoldi, L. Miato, A. Molin, S. Poli: La prevenzione e il
trattamento delle difficoltà di lettura e scrittura , O.S.,
1985, Firenze.
- S. Freud (1901): Psicopatologia della vita quotidiana, Borighieri,
1970, Torino.
- E. H. Hutten (1976): Einstein e Freud, la creatività
nella scienza, Armando, 1976, Roma.
- J. Piaget (1926): La rappresentazione del mondo nel fanciullo,
Boringhieri, 1987, Torino.
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