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Scienza e Psicoanalisi
 INFANZIA
Infanzia e Adolescenza
Articolo di Daniela Marenco  
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L'anoressia mentale nell'adolescenza

15 novembre 2000

Fin dalle origini della ricerca clinica, l’anoressia mentale si è imposta per la sua individualità ed originalità. Non si tratta di un semplice sintomo, ma di una sindrome i cui elementi oggettivi (la condotta di restrizione alimentare, l’iperattività, la sindrome neuroendocrina) sono gli elementi manifesti di una profonda modificazione del funzionamento mentale e della personalità nel suo insieme.
Le varie scuole psicoanalitiche hanno osservato come l’alterazione dei rapporti delle adolescenti anoressiche con il proprio corpo sono indotte da modalità profondamente regressive del rapporto oggettuale, cioè vi è un ritorno a modalità di rapporto più primitive caratteristiche dei primi anni di vita. I fantasmi e imago relative alle dinamiche relazionali inconsce invece di imboccare la strada della elaborazione psichica (ad esempio attraverso il sogno) individuano nel corpo la sede del conflitto: il corpo è quindi l’oggetto privilegiato sia degli attacchi aggressivi, sia degli investimenti narcisistici.
Adottando una terminologia micropsicoanalitica, il corpo, od alcune sue parti, diventano il luogo dell’Immagine, intesa come forma interiorizzata inconscia del rapporto col l’altro. Per usare una metafora, si può paragonare l’Immagine ad una sorta di matrice plastica. Di origine filogenetica si attualizza già durante la vita intrauterina interagendo con i fantasmi inconsci materni. Le relazioni della prima infanzia imprimono una forma a questa matrice, modellandola, man mano essa assume sempre più una struttura definita, questa forma tende a diventare una sorta di calco su cui noi cerchiamo di modellare le nostre relazioni successive.
Leggendo la letteratura psicoanalitica sull’argomento si può individuare, nei soggetti anoressici, l’attivazione massiva di una particolare immagine: l’immagine della madre fusionale, imago onnipotente e persecutoria che suscita da un lato un potente desiderio di fusione ma, dall’altro un altrettanto potente angoscia di distruzione ed annientamento.
Per Brusset (1992), il conflitto fondamentale nell’anoressia mentale è legato al desiderio di ristabilire l’unità del bambino con la madre in una non differenziazione primitiva che ristabilirebbe, in fantasia ovviamente, l’onnipotenza narcisistica vissuta nella primissima infanzia. Si tratta di un vissuto onnipotente del lattante grazie al quale il bambino non percepisce l’oggetto (la madre) separato dal sé, bensì egli si vive come un tutto psicobiologico con la madre in una sorta di unità simbiotica, la distinzione tra sé e l’altro è molto labile ed il bambino vive la madre come un prolungamento di sé stesso.
Il fondersi equivale però al perdere la propria individualità ed integrità, l’angoscia che scatta automaticamente è l’angoscia di annichilimento; ecco che il fantasma della madre fusionale deve essere tenuto a bada, controllato, e quindi deve essere controllata, bloccata, al limite negata, ogni rappresentazione su cui esso si è incarnato. Nell’anoressia mentale, queste rappresentazioni riguardano prevalentemente il corpo ed il cibo.
Per l’anoressica gli aspetti del corpo che possono essere fantasmaticamente luogo di dipendenza dall’oggetto diventano altrettante minacce per la sua autonomia ed integrità.
Dipendenza aborrita ma anche intensamente ricercata, come si può vedere analizzando i legami transferali di queste adolescenti con lo psicoterapeuta e con i medici che le hanno in cura e come si può osservare nel rapporto che esse instaurano con il proprio corpo e con il cibo.
Infatti se da un lato la loro condotta alimentare fa pensare ad una negazione del corpo e delle sue esigenze, ad un rifiuto del cibo, in realtà la relazione è molto più complessa e connotata da un’estrema ambivalenza.
Il cibo e il corpo, negati con l’azione manifesta, sono però al centro dei pensieri dell’anoressica, che conta le calorie, parla costantemente del cibo, controlla il suo peso, le sue dimensioni, in una sorta di ruminazione ossessiva che spesso impedisce ogni altro interesse vitale. Se qualche altro interesse permane, come in molti casi lo studio e la scuola, esso perde le sue caratteristiche peculiari per conformarsi alle modalità di rapporto instaurato con il cibo: rispetto allo studio, per esempio, le nozioni sono ingurgitate, calcolate, controllate ed immagazzinate, l’intesse alla conoscenza si perde, il piacere del conoscere scema fino a scomparire, permane soltanto il desiderio di incamerare la nozione e controllarla ossessivamente attraverso il mantenimento di una buona votazione, unico parametro che la ragazza accetta per valutare le sue capacità culturali e scolastiche.
L’estrema ambivalenza manifestata nel rapporto con il corpo e il cibo caratterizza anche la relazione che i soggetti anoressici instaurano con le altre persone, compreso lo psicoterapeuta ed i medici che se ne occupano.
Infatti, se da un lato questi soggetti ingaggiano una strenua lotta contro le prescrizioni mediche, lotta fatta di contrattazioni, rifiuti, tentativi di ingannare il medico, dall’altro, però, nella maggior parte dei casi si presentano puntuali alle visite, accettando la visita e gli eventuali esami che vengono prescritti. Il rapporto che tendono ad avere con i curanti potrebbe definirsi come sadomasochistico, basato su un controllo vicendevole: se il medico controlla la salute del paziente, l’anoressico presentandosi alle visite soddisfa la fantasia onnipotente di controllare il medico, instaurando, a livello fantasmatico, un legame libidico - aggressivo molto intenso che ricalca il legame attuale che il ragazzo o la ragazza ha con i genitori.
Brusset 1, commentando un caso clinico, il caso di Madame G. parla di rapporto con l’altro del tipo “tutto o nulla”. Madame G. esprime il suo desiderio di “avere qualcuno, fare corpo con lui, fare le cose assieme o, in caso contrario, fare il vuoto, restare sola”. Brusset commenta: “L’altro è utilizzato come supporto narcisistico, indispensabile ma mai sufficiente, come se la perdita dell’amore incondizionato ed assoluto dell’oggetto comportasse la perdita dell’oggetto buono interiorizzato che fonda il sentimento del proprio valore. C’è la necessità della presenza di un oggetto idealizzato, sentito come onnipotente per proiezione del narcisismo infantile. L’alternativa è essere con l’altro per fondersi con lui o restare solo.”
Nella mia esperienza clinica ho riscontrato come nelle storie di queste ragazze ci si imbatta spesso in tentativi falliti di allacciare relazioni di questo tipo. Legami molto forti, caratterizzati da un’intensa fusionalità ed una forte idealizzazione dell’oggetto, ed abortiti nel momenti in cui l’oggetto si differenzia manifestando interessi diversi. Spesso si tratta di donne, parenti o amiche della madre sulle quali è stata trasferita, per qualche tempo l’immagine della madre fusionale. La rottura, altrettanto spesso, non viene elaborata mentalmente, non vengono manifestati sentimenti di lutto o depressione, il legame semplicemente non esiste più, la persona viene dimenticata.
L’identificazione con la madre fusionale porta ad un rilancio massivo dell’onnipotenza, i fantasmi megalomanici dell’Io ideale, struttura psichica arcaica ed onnipotente, acquistano forza e vengono proiettati sull’Io che viene costantemente spinto ad oltrepassare i limiti di ciò che è in grado di sopportare: ecco che compaiono le fantasie di cesellare il proprio corpo, i tentativi di controllo totale degli stimoli fisici fino al loro annullamento, lo studio ossessivo, l’iperattività come blocco delle sensazioni e del pensiero.
Il lavoro psicoterapeutico, anche e soprattutto a livello transferale, diventa un ripercorrere le varie tappe fino ad arrivare ai fantasmi riguardanti la madre fusionale e l’io ideale, suo erede psichico.
Il tentativo è quello di diminuire la forza attrattiva dei fantasmi inconsci di onnipotenza e i vissuti correlativi di impotenza permettendo a questi ragazzi di scoprire le proprie risorse poco utilizzate o poco sviluppate fino a quel momento, modificando così la struttura fantasmatica profonda.

© Daniela Marenco

NOTE:

1- B.Brusset, L'anoressia mentale nel bambino e nell'adolescente, pag. 36, Borla, Roma, 1992. back

     
 

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