|
Il bambino e la morte:
costruzione del concetto di morte e percezione endopsichica inconscia
11 maggio 2001
Il
bambino è un grande investigatore, un piccolo scienziato
sperimentale; se da un lato il suo istinto epistemofilico, sostenuto
dalle pulsioni libidiche, lo porta a produrre fantasie ed ad indagare
sulla nascita e la procreazione, dallaltro fantasie ed investigazioni
sono indirizzate anche sul problema della fine della vita: la
morte.
Per parlare di nozione di morte in età evolutiva bisogna
tenere presente due piani distinti anche se interdipendenti. Il
piano cosciente ed intellettivo, vale a dire le progressive tappe
del pensiero che conducono alla costruzione del concetto di morte
come fenomeno universale ed inevitabile e il piano inconscio,
vale a dire le manifestazioni della pulsioni di morte nella produzione
di fantasmi inconsci con la conseguente stimolazione di angoscia
e di meccanismi di difesa.
Nascita e sviluppo del
concetto di morte
Prima
dei cinque anni, il bambino riesce a concettualizzare la morte
solo come assenza. Vita e morte non sono dissociabili dallaltra
coppia di opposti presenza assenza. Morto è colui
che non cè ma può sempre riapparire.
È fra i cinque e i dieci anni che prende forma il
concetto di morte. La sua costruzione è parallela a quella
del concetto di vita. Nel periodo denominato da Piaget artificialismo
tutto ciò che si muove a cui il bambino dà unintenzionalità
( vento, sole, nuvole, ecc.) è considerato vivo. Inizialmente
il bambino identifica il movimento con la vita: una bimba di sei
anni, alla domanda: Cosa sono i morti? risponde:
Quelli che non si muovono più.
Man mano la nozione di vivente viene ristretta ai soli oggetti
con moto proprio, successivamente ai soli animali e piante e solo
per questi ultimi il bambino parlerà di morte.
Il carattere di irreversibilità della morte viene acquisito
relativamente tardi (verso gli otto anni). Prima è unassenza
provvisoria e reversibile. Ecco il motivo delle domande imbarazzanti
del bambino tipo: Ora è morto, ma quando ritorna?,
oppure: Per quanto tempo deve stare il cielo?.
Anche il carattere di inevitabilità della morte è
oggetto di una progressiva evoluzione del pensiero. In un primo
momento la morte è associata ad un incidente, è
la conseguenza di un atto aggressivo esterno. È morto chi
viene ucciso. Solo più tardi la morte acquista i caratteri
di legge iscritta nellordine biologico, di evento inevitabile.
Da quel momento la morte si lega alla vecchiaia.
Se quindi solo alle soglie della pubertà il bambino è
in grado di pensare alla morte come evento ineluttabile ed irreversibile,
ben prima, a livello di fantasmi inconsci e di angosce, la morte
fa la sua comparsa.
Pulsione di morte ed angosce
di morte
Nel
1920, in Al di là del principio del piacere
Freud postula lesistenza della pulsione di morte, in opposizione
dicotomica con le pulsioni di vita. Mentre la prima tende alla
distruzione, disintegrazione delle unità vitali, al livellamento
radicale delle tensioni attraverso la riconduzione dellessere
vivente allo stato inorganico, le seconde mirano alla conservazione
dellunità vitale esistente e alla costruzione, a
partire da esse, di unità più complesse e strutturate.
La pulsione di morte originariamente è diretta verso linterno
e tende allautodistruzione, successivamente viene proiettata
allesterno, manifestandosi sotto forma di pulsioni aggressive
o distruttive.
M. Klein (1948) ipotizza che lesistenza della pulsione di
morte sia avvertita dallorganismo sotto forma di angoscia
di annientamento. Proiettata allesterno, essa dà
lavvio alle angosce persecutorie della fase schizo-paranoide.
Per la Klein è sul seno cattivo
1,
il seno che infligge le frustrazioni, che viene deflessa langoscia
di annientamento del lattante, esso diventa il rappresentante
esterno della pulsione di morte. Il lattante però introietta
anche il seno cattivo, ciò rafforza le angosce primarie
di pericolo interno e ingenera una nuova spinta proiettiva.
Lelicitazione dellangoscia di annientamento provoca,
come difesa, lintensificazione dei meccanismi proiettivi
e la costruzione di oggetti persecutori. Ciò è ben
visibile nei comportamenti dei bambini affetti da malattie croniche
e mortali. Ho avuto modo di seguire per qualche tempo due bambini
affetti da tumore, benché di età e personalità
diversa entrambi occupavano la maggior parte delle sedute ripetendo,
pur con varianti, lo stesso gioco: il protagonista invincibile
e onnipotente ( magico) era perseguitato da esseri malvagi e stupidi,
si scatenava un combattimento e leroe alla fine distruggeva,
a volte in modo sadico, i nemici. Ciò che distingueva questi
giochi di lotta da altri analoghi di altri bambini era limpossibilità
assoluta del protagonista di poter essere anche minimamente leso
o solo scalfito, la denigrazione eccessiva del nemico, lintensità
del piacere goduto dal bambino nella lotta ed il suo senso di
trionfo.
In effetti spesso la malattia è vissuta dal bambino come
un violento attacco e una grossa ferita narcisistica, la reazione
difensiva è la fuga nellonnipotenza, da un lato,
e dallaltro lidentificazione con laggressore
vissuto come potente e sadico.
Freud parla di lavoro antagonistico tra pulsione di morte e pulsione
di vita, Klein individua in questo antagonismo la spinta alla
nascita e allo sviluppo del mondo interno del lattante e il motivo
dellalternarsi delle fasi schizo-paranoide e depressiva
nelle dinamiche relazionali successive. Linsorgere della
fase depressiva è stimolata dalla pulsione di vita che
trova il suo primo rappresentante nel seno buono.
Secondo la Klein è la pulsione di vita che conduce il bambino,
allinizio della fase depressiva, quando riconosce la madre
come oggetto totale e non più scisso in buono e cattivo,
a fantasie riparatorie rispetto alloggetto amato vissuto
fantasmaticamente come leso dagli attacchi aggressivi e proiettivi
della precedente fase schizo-paranoide.
Nel 1912, prima di Freud quindi, Sabina Spielrein pubblica un
saggio: La distruzione come causa della nascita.
In questo lavoro ipotizza che il motore propulsivo di ogni creazione,
dallatto procreativo vero e proprio, alle produzioni artistiche
sia una miscellanea di spinte costruttive e distruttive, un prodotto
del lavoro congiunto di spinte verso la distruzione e spinte volte
alla strutturazione, una morte nascita.
Fanti, nel 1981, sembra riprendere questa intuizione e, attraverso
lindividuazione di un'unica pulsione di morte-di vita, sottolinea
questa sinergia.
Fanti rielabora la metapsicologia freudiana secondo i paradigmi
teorici della fisica dellultimo secolo. Ipotizza che lenergia
che costituisce ed anima le entità sia sottoposta ad una
spinta dicotomica: da un lato una tendenza alla destrutturazione
scomposizione ai cui limiti esiste il vuoto (attrazione
per il vuoto), dallaltra unesigenza, a partire da
un certo grado di destrutturazione, di vincolamento e ristrutturazione
(fuga dal vuoto). Nellessere umano questa perpetua oscillazione
tra spinta destrutturatrice e fuga-rimbalzo verso la complessizzazione
è modulata attraverso la pulsione di morte-di vita.
Mentre la componente di morte esprime la propensione alla destrutturazione,
alla perdita del legame, la componente di vita esprime la tendenza
alla strutturazione, al legame. A partire da un certo grado di
vuoto o destrutturazione creato dalla componente di morte, della
pulsione di morte-di vita, scatta per rimbalzo la componente di
vita che dà avvio alla strutturazione energetica.
Lantinomia è quindi rielaborata come continua oscillazione
tra i due poli. Per la micropsicoanalisi pulsione di morte e pulsione
di vita invece di opporsi in un dualismo, costituiscono una sinergia
motrice, un perpetuo meccanismo di azione-reazione.
© Daniela Marenco
NOTE:
1
Per la Klein il seno buono e il seno cattivo sono i primi
oggetti interni del lattante nati dallinterazione con la
madre e costruiti tramite identificazioni e proiezioni successive.
back
Bibliografia
L.
Di Cagno, F. Ravetto, Le malattie croniche e mortali
nellinfanzia e langoscia di morte , Il Pensiero
Scientifico Editore, 1980 Roma
S. Fanti, La micropsicoanalisi Borla, 1983
Roma
S. Fanti, Dizionario di psicoanalisi e di micropsicoanalisi,
Borla, 1984 Roma
P. Ferrari, Il bambino affetto da malattia mortale in S. Lebovici,
R. Diatkine, M. Soulé, Trattato di psichiatria
dellinfanzia e delladolescenza, N.2 Borla
1990 Roma
S. Freud (1920): Al di là del principio del piacere, in
Freud Opere Vol.9, Boringhieri, 1977 Torino
M. Klein (1948), Sulla teoria dellangoscia e del senso di
colpa in Scritti: 1921 1958 Boringhieri,
1978 Torino
J. Piaget (1926), La rappresentazione del mondo nel fanciullo,
Boringhieri, 1966, Torino
S: Spielrein (1912) , La distruzione come causa della nascita,
in Jb, psychoanal. Psycopach. , Forsch, 4,465, 1912
| |