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Scienza e Psicoanalisi
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Infanzia e Adolescenza
Articolo di Daniela Marenco  
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Harry Potter: l’importanza della fiaba

18 febbraio 2002

Fiumi di inchiostro sono stati versati per spiegare il fenomeno “Harry Potter” e la riscoperta dei bambini del libro. Le sue storie sembrano aver operato una “magia” a lungo attesa: spostare l’interesse sempre più massivo verso i media basati su un linguaggio per immagini (televisione, videogame) al messaggio scritto.
Perché questo libro, o meglio questa serie di libri, e non altri? Esistono molti libri per ragazzi, intere collane, perché questo ragazzino gracile ed occhialuto ha saputo calamitare l’interesse dei ragazzini europei?
Una prima indicazione è nella trama: essa ricalca i temi universali delle favole popolari. Il protagonista è un personaggio normale, all’inizio anche un po’ deprezzato (il figlio minore di molte favole), che quasi suo malgrado si trova coinvolto in una serie di avvenimenti. Affrontando le varie avventure il protagonista stesso scopre man mano le proprie risorse personali e morali, le sue capacità. Sono proprio queste risorse interne, prima poco conosciute e per lo più svalorizzate, a permettergli di percorrere il suo cammino e superare gli ostacoli.
Chi è il protagonista?
Un ragazzino di undici anni che, proprio alle soglie della pubertà, scopre in sé strani poteri (poteri magici) che all’inizio lo turbano, gli sono estranei e lo fanno sentire diverso ed “estraneo” a sé stesso ed al mondo circostante. Sono anche poteri difficili da controllare e gestire; all’inizio sono quasi loro a gestire il ragazzino manifestandosi indipendentemente dalla volontà cosciente.
Appercezione perturbante di mutamenti interni, senso di estraneità, difficoltà nella gestione dei propri affetti e spinte pulsionali, poteri magici a parte, sono proprio questi i vissuti di un ragazzino alle soglie della pubertà. In questo periodo della vita le spinte pulsionali, per lo più silenti in latenza, riaffiorano dal profondo con rinnovata vigoria, ciò porta il ragazzo o la ragazza a viversi come il portatore di qualcosa di diverso, perturbante, estraneo. Queste spinte non sono affatto dominate ma spesso irrompono nell’azione e nel pensiero. Si sviluppano fantasie che hanno la loro origine in fantasmi inconsci di natura aggressivo-sessuale, il ragazzo vive anche queste come perturbanti ed estranee, sono anch’esse poco gestibili e frequentemente il ragazzo si sente più in balia di esse che capace di controllo e modulazione.
Il cammino di Harry Potter è un percorso di crescita, crescita psichica attuata attraverso il riconoscimento e l’accettazione di questo “essere diverso”, di non essere più un bambino.
Cammino doloroso, con ripensamenti, dubbi, angosce, ma che, man mano, permette al protagonista di gestire queste sue nuove capacità, anche qualche volta sbagliando, lasciandosi andare a briglia sciolta, perché anche questo fa parte del processo di crescita.
Un grosso aiuto viene dall’amicizia dai compagni, gruppo di coetanei che diventa, come succede ai ragazzini di questa età, sempre più un mondo indipendente e con valenze diverse rispetto al mondo adulto.
Anche il mondo adulto acquista nuove dimensioni: screditati e rifiutati gli adulti autoritari, viene scoperta e valorizzata l’autorevolezza dell’adulto, si fa più forte la spinta identificatoria verso figure autorevoli e capaci.
La preadolescenza e la prima adolescenza sono caratterizzate dal massiccio riemergere di fantasmi e desideri edipici e preedipici. Fantasmi anali, uretrali ed orali si fondono ed amalgamano ai fantasmi fallico-edipici riattualizzandosi.
In Harry Potter l’elaborazione preconscia di questi fantasmi trova un suo spazio. Molti dettagli minori che infarciscono la trama sembrano richiamare simbolicamente questi desideri e fantasie, permettendone una sdrammatizzazione scherzosa: ecco il comparire delle cioccorane, l’indugiare benevolmente nella descrizione di pasti a base di caramelle ed altri dolciumi ( la realizzazione, senza punizione, del desideri di Hansel e Gretel).
Alcuni episodi minori sono incentrati sull’utilizzo di magie puzzolenti, i ragazzi mangiano le caramelle mille più un gusto (compreso il gusto vomito). Tutto questo fa parte dell’universo preadolescenziale, nei libri si indugia su questi piccoli piaceri orali ed anali, trattandoli senza riprovazione.
Un’acuta descrizione, sotto forma di metafora, del mondo interno e dei suoi conflitti in preadolescenza e in adolescenza, non solo è ben accetta al ragazzino ma gli fornisce anche alcuni strumenti: identificandosi con il protagonista si sente meno solo e diverso, lenisce le sue ansie (il percorso è difficile ma non impossibile), lo fa sorridere, a volte, sulle sue difficoltà, sdrammatizzando le sue paure e dando sollievo ai sensi di colpa che accompagnano l’insorgere di fantasie e spinte orali ed anali.
Ho paragonato la serie di Harry Potter ad una lunga fiaba, B. Bettelheim nell’introduzione al suo libro “Il mondo incantato” afferma: “Perché una storia riesca realmente a catturare l’attenzione del bambino deve divertirlo e suscitare la sua curiosità. Ma per poter arricchire la sua vita, deve stimolare la sua immaginazione, aiutare a stimolare il suo intelletto e chiarire le sue emozioni, armonizzarsi con le sue ansie ed aspirazioni, riconoscere appieno le sue difficoltà, e nel contempo suggerire soluzioni ai problemi che lo turbano. In breve, essa deve toccare contemporaneamente tutti gli aspetti della sua personalità, e questo senza mai sminuire la gravità delle difficoltà che affliggono il bambino, anzi prendendone pienamente atto, e nel contempo deve promuovere la sua fiducia in sé stesso e nel futuro. “
Bettelheim scrive queste parole nel 1975, nel 2000, forse i ragazzini hanno trovato in questa nuova fiaba una storia che da un lato permette un’abreazione emotiva e dall’altro un sostegno dell’Io.
Un’importante funzione della favola è infatti quella, attraverso il linguaggio della metafora, di suggerire di non bloccare le spinte pulsionali bensì di accettarle incanalandole verso modalità di soddisfacimento in accordo con le esigenze dell’Io e del Super-io.
Le favole, nel loro linguaggio simbolico universale, forniscono svariati esempi di come la risoluzione del conflitto psichico possa passare attraverso la sublimazione delle pulsioni aggressivo-sessuali, aiutano così a rafforzare il principio di realtà. La spinta non viene inibita o bloccata ma incanalata verso soddisfazioni sintoniche con l’Io e la realtà.

© Daniela Marenco

     
 

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