Sadismo, masochismo, Edipo
2 aprile 2002
Se sfogliamo le biografie
e i testi dei Padri della chiesa, incontreremo frequentemente
passi che offrono spunti per riflessioni su aspetti psicoanaliticamente
rilevanti non solo del Cristianesimo, ma della religione in
generale.
Ho scelto tre Padri della chiesa famosi Origene, Gerolamo
e Agostino a titolo esemplificativo. Di essi esporrò
aspetti significativi delle loro vicende biografiche insieme
a brevi saggi tratti dalle loro opere. Le mie osservazioni sono
soprattutto concentrate al fondo dellarticolo, nella convinzione
che i fatti e le parole di questi uomini contengano con eloquenza
fin troppo chiara espressioni relative allatteggiamento
religioso di fronte alla sessualità, allaggressività
ed al sonno-sogno.
Il mio discorso non tocca gli aspetti dottrinali teologici,
filosofici, morali di questi personaggi, ma solo vicende
da loro vissute e affermazioni da loro fatte e scritte, in particolare
in merito alla sessualità. Naturalmente sono convinto
che occorrerebbe rivedere anche laspetto teorico della
loro opera alla luce di tali dati: non mi pare che nessuno labbia
ancora fatto. Daltra parte esaminare in chiave psicoanalitica
o micropsicoanalitica il pensiero di qualsiasi filosofo non
è una operazione semplice e richiederebbe una serie di
chiarimenti preliminari che qui non cè né
lo spazio né il tempo per sviluppare. Perciò mi
atterrò essenzialmente allaspetto fattuale delle
informazioni che sottopongo allattenzione del lettore,
rinviando ad altra occasione il lavoro sulla teoria vera e propria.
Gli autori non sono necessariamente esposti in ordine cronologico,
non è cosa importante in questo contesto.
ORIGENE OVVERO DELLAUTOEVIRAZIONE
Durante il regno di
Settimio Severo (193-211 d.C.), mentre infuriava una persecuzione
contro i Cristiani, Origene, secondo lo storico Eusebio di Cesarea
(Hist. Eccl. VI, 8), decise di evirarsi.
Siamo nel 210 d.C.: Origene ha 25 anni. I genitori erano Cristiani
e il padre, Leonida, fu condannato fra il 202 e il 203 a morte.
Il figlio, allora diciottenne, scrisse una lettera al padre
esortandolo ad accettare il martirio di buon grado, senza pensare
alle conseguenze che la famiglia e i suoi figli avrebbero patito:
e così fu.
Successivamente il vescovo Demetrio di Alessandria lo incaricò
ancora giovanissimo di istruire i catecumeni nella Sacra Scrittura,
in cui, dicono le fonti, era eccezionalmente versato. Era, infatti,
stato suo padre a istruirlo fin da piccolo nella conoscenza
a menadito della Bibbia. Fu durante lespletamento di tale
incarico che compì il gesto di autocastrazione. Esso
sembra che fosse dettato da una applicazione letterale del seguente
brano del Vangelo di S. Matteo (19,12): Vi sono infatti
eunuchi che nacquero così dal seno della madre, e vi
sono eunuchi che si resero tali da sé per il Regno dei
Cieli. Chi può comprendere comprenda. Eusebio precisa
che lautoevirazione fu anche causata dalla giovane età
dellinsegnante e dalle dicerie circa possibili sue tresche
con alcune allieve. Daltronde non si trattava di un caso
isolato. Già limperatore Adriano (117-138 d.C.)
aveva dovuto emanare una legge che condannava coloro che si
castravano volontariamente.
Nelle Omelie su Geremia (19,8-9) a commento del passo
di Ger. 20,9 che recita Non pronuncerò il nome
del Signore e non parlerò più del suo nome. Nel
mio cuore si è acceso come un fuoco ardente che brucia
nelle mie ossa e mi divora interamente e non riesco a sopportarlo,
Origene scrive: Volesse il cielo che anchio, subito
dopo aver peccato e aver proferito una parola peccaminosa, sentissi
nel mio cuore ardere un fuoco che bruciasse nelle mie ossa al
punto da non riuscire a sopportarlo
Si tratta di un genere
di fuoco che non si percepisce con i sensi, ma provoca un tal
dolore a colui che ne vien toccato da essergli intollerabile
Io temo che ci sia riservato un genere di fuoco come quello
che arse il cuore di Geremia. Non lo abbiamo sperimentato, però;
se lavessimo sperimentato e avessimo la scelta tra due
fuochi, questo e quello esterno con il quale vediamo bruciare
coloro i quali vengono torturati dalle autorità, sceglieremmo
il secondo piuttosto che il primo. Quello, infatti, brucia la
pelle; questo, invece, il cuore e cominciando da esso si diffonde
per tutte le ossa, si ingrandisce attraverso tutte le parti
del corpo ed avviene che colui che arde non riesce a sostenerlo
Dal momento che è necessario scontare le pene, ciascuno
preghi Iddio perché giunga su di lui il fuoco di Geremia,
in maniera che egli non sia destinato ad un altro fuoco.
Ne I Principi (III,2) scrive:
per confermare
che leccesso di questi vizi proviene dai demoni, possiamo
facilmente vedere che non meno di quelli che son tormentati
dai demoni nel corpo, patiscono quelli che son oppressi da smoderati
amori, da ira sfrenata, da eccesso di tristezza: infatti, alcune
storie riferiscono che taluni sono diventati pazzi per amore,
altri per ira, alcuni per tristezza o eccesso di gioia. Ritengo
che ciò avvenga perché potenze avverse, cioè
i demoni, entrati nelle menti di costoro grazie allintemperanza
che ha favorito loro lingresso, si impadroniscono completamente
di tutti i loro sensi, soprattutto quando non li spinge più
a resistere la considerazione della gloria che attende la virtù.
SAN GEROLAMO E LE SUE ANORESSICHE
Nato intorno al 340
o 347 d.C., educato nella cultura e nelle lettere classiche
pagane, tra il 358 e il 364 fu battezzato e durante un viaggio
in Gallia decise di impegnarsi nella vita ascetica. Il suo temperamento
fortemente nevrotico, ma incline a frequenti momenti schiettamente
psicotici, si esprime fin da subito. Mi aiuterò per le
notizie biografiche con lespressivo testo di Will Durant,
Storia della Civiltà Lepoca della Fede.
Ad Aquileia, nellodierno Friuli, aveva fondato una comunità
ascetica tanto severa che lo stesso vescovo richiamò
leccessiva durezza dei suoi aderenti verso le naturali
debolezze delluomo. Gerolamo rispose in modo violentissimo
definendo il vescovo ignorante, brutale, uomo immorale, ben
assortito al gregge mondano a lui affidato, inabile pilota di
una barca di pazzi (Durant, p. 58).
Dopo varie peregrinazioni in Oriente durante le quali fu ordinato
prete tra il 377 e il 378, decise di ritornare a Roma. Qui ebbe
lincarico di segretario del papa Damaso. Continuava tuttavia
la sua vita ascetica e ben presto attirò lattenzione
di numerose matrone romane e delle loro figliuole, tutte desiderose
di intraprendere una vita di totale dedizione a Cristo. In particolare
furono Marcella e Paola ad essere le più ferventi e a
prendere sul serio quanto Gerolamo diceva. Durant così
sintetizza: Attacca poi il clero romano il cui favore lo
avrebbe forse elevato al papato, pone in ridicolo gli ecclesiastici
profumati e dai capelli arricciati che frequentano la società
di moda e i preti a caccia di lasciti che si alzano ancor prima
dellalba per visitare le donne quandesse sono ancora
a letto; condanna il matrimonio dei preti e le loro aberrazioni
sessuali, discute a proposito del celibato ecclesiastico e ne
dimostra la necessità; soltanto i monaci, pensa, sono
veri cristiani, liberi da proprietà, da ambizioni, da
orgogli. Con uneloquenza che avrebbe convinto persino
Casanova, Gerolamo esorta gli uomini a lasciare tutto per seguire
Cristo, chiede alle matrone di dedicare il loro primogenito
al Signore come offerta richiesta dalla legge e consiglia alle
amiche, se non possono entrare in convento, di vivere come vergini
nelle loro case. Quasi giunge a giudicare il matrimonio un peccato
(Esalto il matrimonio, ma solamente perché mi dà
delle vergini), propone di abbattere con la scure
della verginità lalbero del matrimonio ed
esalta Giovanni, lapostolo celibe, su Pietro che era sposato
(p. 61). Con simili insegnamenti convinse molte donne già
propense alla vita ascetica in cui la rinuncia sessuale e il
digiuno costituivano la forma più elevata di perfezione.
Una figlia di Paola, Blasilla, morì (ott.- nov. 384)
probabilmente per le conseguenze di tale regime di vita, ...alcuni
pagani proposero di gettarlo nel Tevere con tutti i monaci di
Roma; senza alcun segno di pentimento, egli indirizzò
una lettera di consolazione e rimprovero alla madre, istericamente
disperata (p. 62).
L 11 dicembre del 384 moriva papa Damaso, il suo protettore.
Il suo successore, Siricio, non gli rinnovò lufficio
di segretario ed anzi fu piuttosto duro con lui. Egli allora
se ne andò e si ritirò in Terra Santa a Betlemme,
dove fu seguito da Paola e da Eustochio, unaltra sua figlia.
Qui fondò un convento femminile, una chiesa, un ospizio
per i pellegrini. Qui attese alle sue opere più importanti
dal punto di vista culturale, come la traduzione della Bibbia
in latino. Ma a noi interessano i lati biografici che mettono
in luce gli aspetti patologici della sua personalità.
Durant (pp. 63-64) riprende il racconto: Girolamo fu un santo
perché visse una vita ascetica, tutta devota alla Chiesa,
ma certo, in quanto a carattere, non lo si può considerare
tale. E triste trovare in un uomo così grande tante
violente esplosioni di odio, tante distorsioni della verità
nei suoi giudizi e tanta ferocia nelle controversie; così,
ad esempio, chiama Giovanni, patriarca di Gerusalemme, un Giuda,
un Satana al quale linferno non potrà mai dare
adeguata punizione; descrive il maestoso Ambrogio come un corvo
deforme e, per creare noie al vecchio amico Rufino, perseguitò
il morto Origene con tale furia da costringere il papa Atanasio
a condannare Origene come eretico (400). Ci sarebbe più
facile perdonargli alcuni peccati della carne piuttosto che
queste durezze dellanima...Mentre era ancora in vita,
le amate Paola, Marcella ed Eustochio morirono; quasi senza
voce e senza carne per via delle pratiche ascetiche, curvo per
letà, continuava a lavorare giorno dopo giorno
intento ad unopera dopo laltra. Il 30 settembre
del 420 Gerolamo si spegnava a Betlemme, Paola era morta nel
404, Marcella nel 411 ed Eustochio nel 419, tutte probabilmente
anche per gli stenti e le privazioni autoinflittesi.
Circa il rapporto assai conflittuale e morboso con la sessualità,
valgano alcuni passi. Il primo è tratto dalla sua prima
opera, la Vita di San Paolo Eremita, scritta fra il 377
e il 378. Vi si raccontano episodi della persecuzione avvenuta
sotto limperatore Decio (249-251), in particolare al cap.
III si legge:
Un altro martire, ancora nel fiore della giovinezza, egli
[limperatore] lo fece portare in un giardino colmo
di delizie. Quivi, fra candidi gigli e vermiglie rose, mentre
lì accanto serpeggiava un ruscello col suo dolce mormorio,
e tra le foglie degli alberi spirava un venticello leggero,
lo fece adagiare sopra un letto di piume, e perché non
potesse levarsi da quella posizione, lo fece avviluppare da
una fitta rete di soavi ghirlande. Mentre si allontanavano tutti
gli altri, si fece avanti una meretrice di stupenda bellezza
e cominciò ad abbracciare il collo del giovane con teneri
amplessi, e poi cosa peccaminosa perfino a dirsi
a toccargli con le mani le parti virili, affinché , una
volta eccitato quel corpo alla libidine, vi si buttasse sopra
come una spudorata trionfatrice. Quel soldato di Cristo non
sapeva che fare né dove voltarsi. Colui che non si era
piegato davanti ai tormenti, stava per essere sopraffatto dal
piacere dei sensi. Infine, ispirato dal cielo, si tagliò
con un morso la lingua e la sputò in faccia a quella
donna che lo stava baciando; fu così che lintensità
del dolore fisico lo rese capace di superare glistinti
della libidine.
Nellanno 400-401 Girolamo scrisse la lettera 107
indirizzata alla matrona romana Leta, figlia del pagano Albino,
la quale chiedeva consigli circa leducazione da impartire
alla figlioletta Paola. Nel capitolo V racconta un episodio,
riferito alla già citata giovane Eustochio, episodio
che testimonia ancora il carattere del rapporto del santo con
la sessualità: Pretestata, donna già appartenente
alla più alta nobiltà, su richiesta del marito
Imezio, zio paterno della vergine Eustochio, cambiò labbigliamento
e il trucco di questultima; le acconciò i capelli,
dapprima così trascurati, in una serie di trecce ondulate,
allo scopo di far cadere sia la vocazione della vergine, sia
laspirazione della madre sua [la già citata
Paola, madre di Eustochio, n.d.r.]. Ma ecco cosa ti succede:
quella stessa notte [Pretestata] vede in sogno un angelo
che le si avvicina e con terribile aspetto le minaccia castighi
e le butta in faccia queste parole: Sei tu che hai osato
anteporre a Cristo la volontà di tuo marito e acconciare
con mani sacrileghe il capo di una vergine consacrata a Dio?
Per questo le tue mani diverranno secche, perché tu possa
capire, attraverso una simile punizione, il gran male che hai
fatto, e, passati cinque mesi, verrai trascinata allinferno.
Se poi, nonostante ciò, tu vorrai perseverare nella tua
scelleratezza, resterai priva ad un tempo del marito e dei figli.
Tutto questo si compì con assoluta precisione e quella
morte, avveratasi presto, venne a suggellare un pentimento troppo
tardivo della povera donna. E in questo modo che Cristo
si vendica di quanti violano il suo tempio, è così
che difende le sue gemme e i suoi gioielli più preziosi.
Ti ho riferito questo fatto, non già perché voglia
insultare le disgrazie di questi infelici, ma per meglio sottolinearti
con quanto timore e cautela tu devi custodire quella figlia
[Leta] che hai votato al Signore.
Il peggio di sé sotto il profilo psichico Girolamo lo
dà però nella lettera XXII alla vergine
Eustochio per segnalarle gli ammaestramenti necessari per la
vita di una buona ragazza cristiana. In un passo abbastanza
oscuro al capitolo XXV Girolamo si riferisce ai turbamenti notturni
che nel sonno possono sopravvenire alla fanciulla. Con ripetuti
riferimenti biblici al Cantico dei Cantici allude al
rapporto spirituale con lo Sposo, Cristo, che la stuzzicherebbe
per ricordarle in realtà che ella si mantiene pura e
vergine per Lui. Il brano è ambiguo anche per il ruolo
di seduttore-tentatore che assume la figura dello stesso Gesù
al di là di qualsiasi possibile significato simbolico.
Le citazioni riprese dal Cantico sono messe tra virgolette:
Ti custodisca ognora il segreto della tua cameretta, e lo
Sposo giochi sempre con te in quella dolce intimità.
Se preghi, tu parli con lo Sposo; se leggi, è Lui che
ti parla. Quando il sonno graverà su di te, egli si accosterà
alla parete, infilerà la sua mano attraverso lo spiraglio1
e toccherà il tuo seno; allora sorgerai tutta tremante
e dirai Son ferita damore2
, e di rimando ascolterai le sue parole: Giardino chiuso
sei, mia sorella e mia sposa: giardino chiuso e fonte sigillata3.
Circa invece il rapporto
conflittuale-sadico con il cibo e il modo in cui impone alle
giovani cristiane oltre allastinenza sessuale anche quella
nutrizionale valga questo florilegio di passi tratti dalla lettera
XXII ad Eustochio:
cap. X: Innumerevoli e sparsi un po dappertutto sono
i passi della scrittura che condannano la golosità e
mettono in risalto i cibi frugali. Ma poiché non intendo
per ora approfondire largomento del digiuno daltra
parte una completa trattazione di esso comporterebbe un titolo
e un volume a sé stanti -, basterà qui accennare
ad alcuni tra i moltissimi esempi. Del resto, potrai tu stessa
crearti una vera collezione, sulla base dei seguenti modelli:
ricordando cioè come il primo uomo fu scacciato dal Paradiso,
in questa valle di lacrime, appunto per la sua sottomissione
al ventre piuttosto che a Dio, e proprio con la fame Satana
tentò nel deserto lo stesso Signore; inoltre lApostolo
[S. Paolo] esclama: Il cibo è per il ventre
e il ventre per il cibo, ma Dio distruggerà e luno
e laltro ( I Cor., 6,13), e lui stesso [ancora
s. Paolo], riguardo a i mangioni: Il loro Dio è
il ventre (Fil., 3,19). Ognuno infatti adora ciò
che ama: di conseguenza, coloro che lingordigia ha fatto
espellere dal Paradiso, provvedano con ogni sollecitudine a
rientrarvi mediante la fame;
cap. XVII: Ti siano compagne unicamente quelle donne che
vedrai dimagrite dal digiuno, col volto soffuso di pallore,
detà matura e di condotta esemplare; esse che cantano
ogni giorno nellintimo del cuore: Dove pasci il
tuo gregge? Dove riposi al meriggio? (Cant., 1,6),
e ripetono con tutta sincerità: Desidero morire
ed essere con Cristo (Fil., 1,23);
capp. XVII-XVIII: Chi ha mortificato le sue membra, e andava
in giro quasi ridotto ad una larva, non teme di affermare: Son
divenuto come un otre esposto alla brina (Salmi, 118,83),
perché qualsiasi umore del corpo mi si è tutto
riarso e ho le ginocchia malferme per il digiuno
(Salmi, 108,24); e ancora: Mi sono scordato di
mangiare il mio pane; a forza di emettere gemiti, mi son ridotto
a pelle e ossa (Salmi, 101, 5-6). Sii la cicala
della notte. Tutte le notti lava il tuo letto col pianto, irriga
di lacrime il tuo giaciglio;
cap. XXX: Molti e molti anni fa , con un taglio netto, mi
sbarazzai della casa, dei miei genitori, della sorella, dei
parenti e cosa più difficile ancora dellabitudine
a una mensa piuttosto raffinata, per il regno dei cieli...;
cap. XXXV: Il digiuno è uguale per tutto lanno,
eccettuata la Quaresima, nella quale si permette unastinenza
più rigorosa. Da Pasqua fino a Pentecoste, si fa coincidere
la cena con il pranzo, sia per conformarsi alla tradizione ecclesiastica
4,
sia per non appesantire lo stomaco, prendendo due pasti al giorno.
Nella lettera 107 a Leta sulleducazione della figlia
non mancano anche qui consigli dietetici per la
bambina, che si può supporre ancora piuttosto piccola.
Nel cap. VIII afferma: Non prenda i pasti in comune, vale
a dire, alla stessa tavola dei genitori; così non vedrà
certi cibi che altrimenti potrebbe desiderare... Già
sin dora sabitui a non bere vino, che è
fonte di lussuria (Ef., 5,8). Poi, data la tenera
età della piccola, fa una concessione: Tuttavia, unastinenza
troppo rigida è pericolosa per i bambini, che hanno ancora
il fisico gracile, prima di giungere alletà della
robustezza. Fino a questo tempo, proprio se è necessario,
vada pure ai bagni, beva altresì un po di vino
per le esigenze dello stomaco, e si corrobori nutrendosi di
carne, perché le sue gambe non abbiano a vacillare ancora
prima di cominciare a correre. Ma questo io lo dico a
titolo di concessione, e non di comando (I Cor., 7,6).
La bambina deve crescere sana in modo da potersi preparare alle
astinenze della vita cristiana. Laccenno ai bagni ci fa
capire che la vita cristiana implica anche il non lavarsi, rinunciando
alligiene intima.
SANTAGOSTINO E SUA MADRE.
SANTA MONICA E SUO FIGLIO.
Agostino nacque a Tagaste
nel 354, da Patrizio, piccolo proprietario terriero, e Monica,
di famiglia cristiana. Dopo gli studi giovanili nella località
africana di Madaura, poté, grazie agli aiuti economici
prestati da un lontano parente e amico di famiglia, Romaniano,
andare a Cartagine, la città più prestigiosa dellAfrica
nord-occidentale di quei tempi. Qui visse in modo spregiudicato,
come giovane inquieto e fortemente aggressivo. Seguiva gli spettacoli
teatrali, che allepoca avevano spesso caratteristiche
simili ai nostri spettacoli pornografici, e andava al circo,
che nellantico mondo romano era la messa in scena di una
violenta aggressività guerriera ormai sopita e repressa
da secoli in cui la spinta espansionista del dominio romano
si era affievolita. Si legò ad una ragazza di modesta
condizione sociale da cui ebbe giovanissimo un figlio a cui
fu imposto il nome significativo di Adeodato, donato da
Dio. Intanto continuava gli studi di prestigio dellepoca,
volti soprattutto a fare di lui un professore di retorica, cioè
di quel campo del sapere la cui preparazione era indispensabile
per tutti i ragazzi di buona famiglia che avessero voluto entrare
nelle élites dirigenti della pubblica amministrazione
e di quella classe senatoria che costituiva il ceto più
ricco ed elevato del tempo.
Tornato a Tagaste, si legò per un certo periodo alla
setta religiosa del Manicheismo, una delle concorrenti del Cristianesimo
nella lotta per prevalere nel primato religioso nellimpero
a spese del sempre più morente paganesimo. Attraverso
un suo esponente, Fausto, egli si trovò di fronte ad
una concezione che affermava lesistenza di due divinità,
una del bene e laltra del male, in perenne lotta fra loro.
Sulla Terra vera il campo di battaglia di questa guerra
e, ovviamente, i Manichei erano schierati coi buoni contro i
cattivi. Il Manicheismo andava molto forte in Oriente, oltre
i confini di Roma, nel vicino impero persiano e cercava di diffondersi
altrettanto bene anche nellimpero. Agostino rimane convinto
a metà, ma riceve anche da Fausto lo spunto per andare
a cercar fortuna nella città più importante e
prestigiosa dellimpero: Roma. La partenza dal porto di
Cartagine è un episodio che molto ci rivela dellattaccamento
morboso della madre, Monica, al figlio: ella lo vuole seguire
ad ogni costo e lui con un sotterfugio riesce a sottrarsi alle
sue grinfie ed a imbarcarsi da solo. Dopo un mese lei lo raggiungerà
immancabilmente: il suo sogno era di vederlo diventare cristiano
e possibilmente monaco (sogno da lei fatto veramente): un figlio
dedicato a Cristo è meglio che un figlio dedicato ad
unaltra donna.
A Roma Agostino non ha fortuna. La capitale a quellepoca
era un caos, frastornante e priva di ogni fascino dellantico
splendore. Egli era morbosamente ossessionato dalla ricerca
della Verità, di una verità definitiva che risolvesse
una volta per tutte la sua nevrosi dangoscia nella quale
non riusciva a trovare requie. Dapprima si ammalò, poi
cominciò a insegnare, ma gli studenti erano indisciplinati
e fuori controllo, soprattutto non gli pagavano i conti alla
fine del mese! Cadde in depressione, abbracciò la filosofia
scettica assumendo un atteggiamento cinico e disincantato di
fronte alla vita. Monica, cristiana fervente, lavorava per farlo
convertire al Cristianesimo. Loccasione arrivò.
Ottenne un buon posto a Milano, dove era vescovo santAmbrogio.
Milano era ben altra città da Roma: di fatto era una
delle capitali dellimpero dOccidente se non la capitale
vera e propria. Qui Agostino poteva trovare ben altro spirito
ed ordine di vita. La città era poi dominata dalla figura
del suo vescovo, uomo energico ed abile politico, capace di
incutere timore agli stessi imperatori romani. Cominciò
a seguire le prediche di Ambrogio e ne rimase progressivamente
affascinato fino a giungere alla conversione (impossibile non
pensare che Monica non avesse comunque avuto un ruolo in tutto
ciò). Finalmente la famiglia era riunita:
acquistata una villa a Cassiciaco in Brianza, Agostino vi dimorò
con la madre ed il figlio, Adeodato, ricostituendo un vero e
proprio nucleo familiare edipico mascherato sotto il velame
del sodalizio religioso. La madre naturale di Adeodato si era
già da tempo allontanata diventando suora e tornando
in Africa (Monica centra qualcosa anche in questo? le
fonti non ci dicono nulla, possiamo solo sospettarlo). Nella
villa vi sono anche amici e discepoli. Tra il 386 e il 387 inizia
a scrivere alcune delle sue opere più importanti. Nellaprile
del 387 riceve il battesimo da Ambrogio e nellottobre-novembre
dello stesso anno Monica muore. Ora Agostino era libero
e poteva rientrare in Africa. Una volta tornato, mantenne tuttavia
salda la sua fede, fondò una congregazione monastica,
fu fatto vescovo di Ippona e soprattutto scrisse e scrisse moltissimo
in difesa del Cristianesimo contro eresie, paganesimo ed altre
religioni, facendo confluire nelle battaglie religiose e teologiche
la sua aggressività repressa che in passato aveva rivolto
contro se stesso, entrando così nella spirale dellangoscia.
Riempì la sua vita di mille impegni e doveri che gli
permisero di trascorrerla attivamente, ma ebbe anche modo di
riflettere su di sé e di pensare costruendo il suo capolavoro
filosofico e letterario, Le Confessioni, nel quale emerge
con chiarezza il suo violentissimo e patologico senso di colpa
verso tutto e verso tutti che si traduce nellaffermazione
dellinesorabile peccaminosità non solo sua, ma
di tutta lumanità. Essa è una massa
dannata, condannata geneticamente al peccato dopo
quello originale dei progenitori, Adamo ed Eva. Oscuramente
e inconsciamente Agostino rilegge la sua vita dopo la morte
della madre come un costante riferimento al peccato della carne,
nella nostalgia di un Edipo mai pienamente realizzato sul piano
fisico e trasposto e sublimato su quello religioso nella forma
dellunione spirituale con Dio ed attraverso
di esso con la madre. Rapporto però vissuto in modo drammaticamente
conflittuale fino alla teorizzazione della radicalità
del peccato e della colpa in tutta lumanità, colpa
che si trasmette geneticamente da una generazione allaltra,
inconsapevole espressione del vissuto dellincesto nella
forma dellImmagine e come elemento costitutivo della stessa
specie umana: siamo figli di fratelli, Adamo ed Eva, congiuntisi
carnalmente fra loro e ripetiamo in noi questo desiderio.
Qualche testo vale forse a chiarire questo rapporto difficile
con la madre in Agostino.
Quando era andato a Cartagine, vivendo, come già detto,
esperienze di giovane scapestrato, la madre, addolorata per
la condotta del figlio, fece un sogno che egli ci racconta nelle
Confessioni (III,11): Sognò infatti che se
ne stava ritta in piedi su di unassicella e che uno splendido
giovane le veniva incontro lieto e sorridente, mentre essa si
consumava nella tristezza e nella desolazione. Egli le chiese
la cagione di quella sua mestizia e di quel suo piangere continuo;
non che avesse bisogno di sentirselo dire, ma, come succede,
per aver modo di dirle quanto voleva. Avendo ella risposto che
piangeva la mia rovina, egli volle che si riconfortasse, esortandola
a ben notare ed a vedere che là dove era ella, qui mi
trovavo anchio. Ed ella riguardò e vide che io
le stavo accanto sulla stessa assicella. Perchè quel
sogno, se non perché porgevi [si rivolge a Dio]
orecchio al suo cuore, Tu, o buono e onnipotente, che ti prendi
cura di ciascuno di noi come fosse lunico oggetto delle
tue preoccupazioni, e di tutti insieme come di ciascuno? E come
mai poi questaltro? Quando ella mi ebbe narrato quello
che aveva visto, io tentai di spiegarne il significato nel senso
che ella piuttosto doveva sperare di diventare quale ero io:
ma sullistante, senza ombra di esitazione,: No,
disse, Non mi è stato detto : Dove lui, ivi
tu; ma Dove tu, ivi lui. Il sogno lascia
intravedere, pur nella sua simbologia di copertura dei desideri
latenti di origine utero-infantile, lintenzione di trascinare
il figlio verso di sé in una forma di sessualità
sublimata attraverso la religione e la comune fede che consente
di eliminare tutti i membri che possono ostacolare il legame:
così verrà eliminata la madre del
figlio, Adeodato, così viene eliminato il padre di Agostino.
La figura paterna di Agostino, non coinvolta nella religiosità
morbosa cristiana della madre, rappresenta la sessualità
fallica, che la madre Monica non manca mai di castrare sistematicamente
con una vera e propria opera di persuasione sistematica in contrasto
con quella paterna, di cui Agostino stesso ci è testimone:
Ma quando, in quel sedicesimo anno [della mia vita]
le condizioni domestiche per un certo intervallo mi tennero
lontano dalla scuola e vissi coi miei genitori, i rovi delle
passioni crebbero più alti del mio capo; né mano
alcuna li stroncava. Che anzi un giorno, al bagno, quel padre
mio, notati in me i segni della pubertà, le inquietudini
delladolescenza, quasi già rallegrandosi dei nipoti
futuri, lo fece sapere esultante a mia madre, esultante di quella
ubriacatura data dal vino invisibile di una volontà guasta
e inclinata alle bassezze, ubriacatura che fa dimenticare a
questo mondo il Creatore e fa amare in sua vece la creatura.
Ma nel cuore della madre mia Tu stavi già edificando
il tuo tempio, il fondamento della tua santa casa: egli invece
era ancora catecumeno, ed anche da poco. Perciò ella
ebbe un sussulto di angosciosa, pia trepidazione, e, quantunque
io non fossi ancora tra i tuoi fedeli, paventò per me
la strada falsa su cui cammina chi ti rivolge il dorso e non
la faccia.
Ahimè! ed io oso dire che Tu, o mio Signore, non mi parlavi
quando sempre più mi allontanavo da Te? Non mi parlavi?
Ma di chi erano se non tue le parole che per mezzo della madre
mia, tua fedele ancella, Tu facevi risonare alle mie orecchie?
Ma purtroppo nessuna di esse penetrò nel mio cuore fino
a farmele seguire. Voleva, e ricordo con quale intensa sollecitudine
me ne ammonisse in segreto, che io mi astenessi dalle fornicazioni
e, soprattutto, dalladulterio (Confess. II,3).
La madre qui svolge la funzione di castrazione del principio
maschile rappresentato dal padre, ma il gioco dellEdipo
non può essere eluso. Il rapporto edipico è sempre
un triangolo e richiede un padre da escludere nella relazione
madre-figlio. Un padre tanto potente da essere inesistente,
un padre che sancisca lunione sullassicella
fra madre e figlio, senza che ne sia lesa la potenza rispetto
a tale relazione: anzi, essa, di per sé incestuosa, viene
avvalorata, poiché entrambi sono uniti non più
nella sottomissione ad un padre carnale, bensì ad un
padre spirituale. Il vincolo edipico è quindi sublimato
nella dimensione religiosa. Lassassinio metaforico del
padre carnale è compiuto a spese della sessualità
procreativa maschile e femminile di entrambi gli assassini,
madre e figlio. Il figlio castrato-casto si sottomette al nuovo
Padre spirituale, ed ha come premio la madre e la ricostituzione
di un nucleo familiare con il figlio Adeodato e con la madre-sorella-moglie
in Cristo Monica nella villa di Cassaciano, dopo il trasferimento
a Milano. Non è un caso che il Cristianesimo avesse così
grande successo fra le donne, soprattutto fra quelle sposate
con figli. Esse potevano attraverso di esso eliminare il marito
per trovare un Padre Onnipotente, un ideale dellIo perfetto
in Cristo, a cui dedicare una volta per tutte il proprio desiderio,
fino al sacrificio personale. Se il figlio è maschio,
come nel caso di Agostino, lo si castra per possedere anche
lui, ed il figlio accetta questo gioco che gli consente la sottomissione
al Padre (amore omosessuale per il genitore dello stesso sesso)
e il possesso della madre (amore eterosessuale per il genitore
di sesso opposto). Il ciclo di Edipo è così ripetuto
e risolto a spese della sessualità ed a prezzo del sadomasochismo
legato al fantasma di castrazione. Il padre carnale scompare
dal proseguimento delle Confessioni come figura legata
alla vita presente e ricompare soltanto il suo ricordo soltanto
quando si parlerà della morte della madre nel libro IX.
Qui egli è il contraltare di Monica: facile allira
e pieno di difetti di contro a lei, modello di virtù
(IX,9); oppure si parla di lui morto e seppellito insieme a
Monica.
Come ogni amore edipico, come ogni amore che lo riproduce, non
mancano i contrasti, il lasciarsi per poi riconciliarsi. Quando
Agostino parte per Roma, egli descrive la scena in cui abbandona
la madre, che voleva impedirgli questo passo o comunque che
voleva andare con lui. La scena è sembrata ad alcuni
interpreti avere un sapore biblico: come un novello Mosè,
Agostino parte per la sua nuova missione che lo porterà
alla conversione, Terra Promessa del Cristianesimo. Ma ad altri
non sono sfuggiti i riferimenti al passo in cui Enea nellEneide
abbandona Didone (Aen. IV, 584-705), la regina di Cartagine,
perdutamente innamorata di lui, per seguire il suo destino.
Qui il desiderio di distacco dalla presenza soffocante di Monica
si traduce nella fuga dallamante, fuga inutile perché
Edipo corre con Agostino e Monica di lì a poco lo raggiungerà
(cosa che Didone non poteva fare, ella si suicidò per
il dolore): Tu invece lo sapevi, o Signore, perché
io dovessi andarmene di qui e recarmi colà: ma non lo
lasciavi capire né a me né a mia madre. Ella fu
atrocemente addolorata della mia partenza; mi seguì fino
al mare: mi si aggrappava a forza, voleva farmi tornare indietro
o partir meco: ed io la ingannai fingendo di non voler staccarmi
da un amico finché, levatosi il vento, egli intraprendesse
la navigazione. A mia madre mentii, a quella madre! E fuggii.
Per la tua misericordia anche questo mi perdonasti; sozzo qual
ero di colpe detestabili, mi facesti salvo dalle acque del mare
fino a quelle della tua grazia: mondato da questa si sarebbe
asciugato il fiume delle lagrime di cui la madre ogni giorno,
sotto il tuo sguardo, irrorava la terra.
Siccome non voleva assolutamente ritornare senza di me, dovetti
convincerla a passare la notte in una cappella dedicata al beato
Cipriano, molto vicina alla nave. E in quella notte, mentre
ella, piangendo, stava assorta nella preghiera, io me ne partii
di nascosto.
Che cosa ti domandava, o Signore, fra tante lagrime? Che Tu
non mi lasciassi partire. Ma tu, nei tuoi profondi disegni,
per esaudire la parte sostanziale del suo desiderio, non facevi
caso a quello che desiderava in quel momento per render me quale
sempre aveva desiderato.
Si levò il vento, gonfiò le nostre vele e tolse
ai nostri sguardi il lido; dove ella il mattino seguente, pazza
di dolore, stancò le tue orecchie con lamenti, con gemiti
che Tu, però, non prendevi in considerazione, perché
mi facevi correr dietro alle mie passioni per farla finita proprio
con le passioni e giustamente battevi con la sferza del dolore
il suo rimpianto troppo terreno. Ché ella , come tutte
le madri, anzi molto più della maggior parte di esse,
faceva tuttuno del suo amore per me e della vicinanza,
ignara dellimmensa gioia che Tu le avresti procurato dalla
mia partenza. Ignara: e perciò piangeva e ululava; e
da quei tormenti si poteva riconoscere il retaggio di Eva: cercava
tra i gemiti ciò che aveva partorito tra i gemiti. Infine,
deprecati il mio inganno e la mia crudeltà, ridotta di
nuovo a pregare per me, dové riprendere la vita consueta:
io giunsi a Roma (Confess. IV, 8).
I protagonisti del dramma edipico sono sempre tre: prima un
padre eliminato, una madre ed un figlio, poi un padre-superio-ideale
dellio, una madre ed un figlio. Il triangolo si ripete:
le parole di Agostino, intense, ma non per questo prive di riferimenti
biblici e classici, rifinite dallartificio retorico, tuttavia
trasudano Edipo. Egli fugge, ma sa che cederà allamata
tramite un Padre ora sadico che infligge sofferenze alla novella
Didone, per darle poi il premio tanto desiderato: un figlio
cristiano tutto per lei.
Per un breve attimo la famiglia è composta, come già
detto, a Cassaciano: Agostino, Monica, Adeodato. Ma il Padre
Padrone si riprende ciò che il desiderio di incesto voleva
togliere: Monica muore e lascia Agostino. Tutti e due si sottomettono
nuovamente allautorità di questo Padre Padrone,
che prima dà, poi toglie, poi ridà, per poi di
nuovo togliere in un continuo gioco sadico a cui acconsente
il masochismo di Monica e di Agostino stesso. Nel libro IX questultimo
dedica ben 6 capitoli alla morte della madre (dall 8 al
13) e la preoccupazione massima del filosofo è di evitare
che ella possa essere punita per i suoi peccati dal Padre/Padrone.
Quali i peccati di Monica? Un oscuro sentimento preconscio del
desiderio edipico verso di lui? Impossibile dirlo, poiché
Agostino parla solo genericamente di non esser sicuro che dal
giorno del suo battesimo nessuna voce mai contraria alla
tua legge sia uscita dalle sue labbra (IX, 13) e di un peccatuccio
di Monica giovinetta a cui dedica tutto il capitolo 8. Assaggiava
il vino che i genitori la mandavano a prendere non perché
fosse una amante del bere, ma per una di quelle bravate fanciullesche
che si sfogano in impeti di gioco e vengono represse nei giovanetti
dallautorità delle persone anziane. Una serva
una volta la vide e laccusò di essere una ubriacona
ed ella se ne vergognò tanto da non farlo più.
Limmagine che Agostino ci dà di Dio è quella
datagli dalla madre: il Padre Jahvé autoritario e severo
punitore di peccatori senza speranza. In questo clima il contrasto
edipo-superio è fortissimo in entrambi e si conclude
con la vittoria del più forte: il Padre.
UN COMMENTO: QUALCHE IPOTESI
INTERPRETATIVA.
Tra il I ed il V secolo
d. C. si è scatenata nellimpero romano una lotta
senza quartiere fra religioni per conquistarsi lanima
della gente. E quella che solitamente si chiama crisi
morale e spirituale dellimpero romano. E un
periodo in cui le nevrosi individuali e collettive assumono
i connotati dellangoscia e della ossessione. Sono momenti
in cui in una società la percezione collettiva del vuoto
di cui si è parte e delle sue magmatiche caotiche e casuali
dinamiche svelano il volto dellabisso: paura della morte,
perdita dei punti di riferimento, senso di abbandono da parte
delle autorità politiche, religiose, statali tradizionali,
crisi esistenziale di un modo di vivere basato su di una tradizione
costruita dalle generazioni precedenti che avevano inventato
valori e autorità di riferimento. Su tutti grava il peso
degli antenati, di una storia già fatta, che ha portato
Roma allImpero. I nuovi nati si sentono inseriti a forza
in questa storia, eredi di una tradizione che non è la
loro, costretti da padri, nonni, agnati impressi nella loro
Immagine onto e filogenetica a vivere una vita che non è
la loro. Questi sono alcuni dei fattori sociali che, al pari
della genesi di una nevrosi individuale, caratterizzano questepoca
di crisi. A rigore veramente si potrebbe dire che tale situazione
cè sempre, ma è anche vero che in determinati
momenti i coaguli dello stress e dellangoscia si fanno
tali da divenire preponderanti. Nella fase storica precedente,
quando Roma era una civiltà ed un mondo in crescita alla
conquista, laggressività assumeva connotati tipici
di una sessualità-aggressività anale, dove la
conquista del mondo e lacquisizione di ricchezze sono
le forze direttive dellattività sociale. Così
sembra essere fino alla fine della Repubblica e al passaggio
allImpero.
Poi questa spinta rallenta, ma le forze copulsionali che la
generano no. Cambia perciò la forma con la quale si esprime
lattività sociale, ma non lenergia di base
che la alimenta.
Durante limpero, nel periodo in cui il Cristianesimo lotta
e si afferma, sul piano delle tre attività fondamentali
delluomo, la crisi ha un impatto devastante.
Per quanto riguarda laggressività, questa viene
spesso introiettata, inizia a prevalere una fase masochista
autodistruttiva, poiché la società subisce limpatto
di quella sadica degli antenati, il cui peso inibisce la volontà
di potenza. Lespansionismo guerresco si arresta, la conquista
delle ricchezze rallenta: potere e ricchezza si ottengono ora
per corruzione oppure si nasce già ricchi. Non cè
nulla da conquistare che gli antenati non abbiano già
conquistato. La coazione a ripetere spinge laggressività
nella forma della distruzione e dellautodistruzione. Non
ci sono più nemici allesterno da conquistare o
da combattere. Nasce un forte senso di colpa e di persecuzione,
di inadeguatezza di fronte allImmagine degli antenati.
Per cercare di imitarli ci si inventano nemici fittizi: iniziano
le lotte religiose che culminano nelle persecuzioni, negli scontri
di piazza, nei linciaggi. Il fanatismo e lintolleranza
imperano in tutte le religioni, luna contro laltra
armata. Pagani contro cristiani prima e cristiani contro pagani
poi, cristiani contro cristiani in una serie ininterrotta di
violenze inaudite. Un caso tipico è quello dei Cristiani
di Alessandria in Egitto guidati dal vescovo Cirillo che assassinarono
la filosofessa neoplatonica Ipazia tra il 413 e il 415. Lo storico
inglese settecentesco e illuminista Edward Gibbon nella sua
Storia della decadenza e caduta dellimpero romano
racconta lepisodio: Ipazia, figlia del matematico Teone,
era iniziata negli studi del padre; i suoi dotti commenti hanno
meritato la geometria di Apollonio e di Diofanto, ed ella insegnava
pubblicamente in Atene e in Alessandria la filosofia di Platone
e di Aristotele. Nel fiore della bellezza e nella maturità
della sapienza, la modesta giovane respingeva gli amanti e istruiva
i suoi discepoli. Le persone più illustri per grado e
per merito ambivano di visitare quella donna erudita, e Cirillo
osservava con occhio geloso il pomposo seguito di schiavi e
di cavalli che si affollava alla porta della sua accademia.
Tra i cristiani si sparse la voce che il solo ostacolo alla
riconciliazione del prefetto e dellarcivescovo fosse la
figlia di Teone , e questostacolo fu presto rimosso. Un
giorno fatale, nella sacra stagione della quaresima, Ipazia
fu strappata dalla sua carrozza e uccisa da Pietro il Lettore
[fanatico cristiano seguace di Cirillo] e da una turba
di spietati e selvaggi fanatici. Le fu staccata la carne dalle
ossa con gusci di ostrica e furono abbandonate alle fiamme le
sue membra ancora palpitanti. Linchiesta del delitto e
la sua giusta punizione furono fermate con opportuni donativi;
ma lassassinio dIpazia ha impresso una macchia indelebile
sul carattere e sulla religione di Cirillo Alessandrino
(pag.1816 edizione italiana Einaudi).
Altrimenti laggressività ormai psicotica si rivolge
contro se stessi, come nel caso di Origene e di tanti altri
seguaci dei culti e delle religioni di quei tempi. Vi è
una fase di impotenza sessuale e in generale un volersi far
male, un volersi autopunire per oscure colpe verso un oscuro
mondo di fantasmi e dei. Gli antenati hanno compiuto un peccato
terribile di cui lumanità è erede, vera
massa dannata, grida con terrore Agostino. Edipo II a
livello sociale aggredisce le giovani generazioni con una brutalità
feroce, alla quale essi rispondono con unaggressività
autopunitiva per le colpe scaricate loro addosso. I mores
sono abbandonati, più nessuna certezza, più nessuna
morale tradizionale. La religione dei padri, il paganesimo,
è abbandonata. O non si crede più in nulla o ci
si abbandona letteralmente anima e corpo ai nuovi culti. Tutti
i miti del passato congiurano per far sentire deboli e incapaci,
ed allora meglio ribellarvisi e gettarli via. Un contrasto continuo
fra un odi et amo nei confronti di un mondo passato e
tradizionale che da un lato è fonte di esempi, dallaltro
è fonte di ribellione a questi stessi esempi.
Sul piano del sonno-sogno, il sogno, momento fondamentale della
vita delluomo, direttore dorchestra della nostra
vita diurna, è prevalentemente sonno dangoscia
o incubo. I desideri aggressivo-sessuali dellinconscio
potentemente repressi dallattività religiosa sessuofobica
si trasformano in allucinazioni demoniache, in visioni del pene-diavolo
o della donna-demonio sempre pronta a tentare e a mettere in
gioco la coscienza del fedele. Spesso si tratta di sogni di
angoscia in cui ci si sente perseguitati o di fronte ad un tribunale
o sotto le torture, come accade al monaco Evagrio (Palladio,
La storia Lausiaca, 38,4ss) o a Gerolamo (Ep., 22,30).
Oppure il sogno di Monica, madre di Agostino, in cui il desiderio
di incesto è tradotto in simboli religiosi (Dove tu,
ivi lui, Confess. III,11). Prevalgono sogni che esprimono
desideri inappagati o che rivelano una forte conflittualità
psichica con la censura superegoica. Nel sogno emergono paure,
angosce, soprattutto langoscia abbandonica e quella dellessere
puniti, schiacciati, come in una ripetizione della guerra intrauterina
che nascondono la voglia di abbandonare, uccidere, schiacciare,
soffocare il soffocante passato/presente parentale. La gente
ne ha oscuramente consapevolezza. Si moltiplicano gli interpreti
dei sogni, indovini, astrologhi, impegnati a spiegare e decodificare
sogni. In generale il sogno di questi secoli vuole evadere,
fuggire dal padre/madre tradizione anche se ciò genera
senso di colpa. Fuggire nel nuovo, allapparenza, in realtà
è un voler ritornare al padre/madre in un movimento contraddittorio
con il precedente (di qui la conflittualità interna).
Il sogno diventa la voce del Padre, di Dio, del Dio dei nuovi
culti, Padre nuovo che reincarna i vecchi Padri. A metà
strada fra allucinazione e sonnambulismo le divinità
misteriche, Iside, Serapide, Mitra, il Dio cristiano in tutte
le sue forme, parlano a i loro adepti direttamente o indirettamente
(messi, angeli, madonne...). Abbandonare tutto, anche i propri
genitori, per ritornare a loro in tutto.
Sul piano della sessualità i testi citati sono fin troppo
eloquenti. Si può parlare di sessuofobia e di psicosi
paranoide nelle religioni di questi secoli, ma soprattutto nel
cristianesimo. E vero che si sviluppa anche una sessualità
apparentemente di segno opposto, fortemente perversa,
ma essa non è che laltro volto del medesimo fenomeno:
la paura per la sessualità fallica, aggressivo-paterna.
Allora o si nega la sessualità, come fa, ad esempio il
cristianesimo, o si scelgono forme di sessualità prefallica
o omosessuale, nel medesimo intento di negare il padre fallico
come espressione dellImmagine. La sessualità paterna,
quella del guerriero, quella della società patriarcale
che rese Roma, nel mito che essa stessa si è costruita,
grande, viene ora messa in discussione. LEdipo materno
porta ad una tendenza alla sottomissione di fronte ad un Madre-Regime,
che prende la sua rivincita sul patriarcato. Le madri comandano.
Nella famiglia imperiale fra il I e il V secolo intrigano alle
spalle dei meriti imperatori, complottano con figli e figlie.
Livia, moglie di Augusto, Agrippina, madre di Nerone, Iulia
Domna e Iulia Mesa ai tempi dei Severi, per citare solo le più
famose.Le Madri-Regime delle religioni non sono da meno: Iside
e la Madonna chiedono ai loro adepti le stesse cose: sacrificio,
sottomissione, astinenza, castità. Il fantasma di castrazione
e linvidia del pene femminile dominano fornendo alimento
alle particolari forme sado-masochiste della sessualità
del tempo. Luomo è il pene che la Madre-Regime
cerca di ottenere. Così nel caso di Monica con Agostino.
La pratica dellautocastrazione è diffusa ed Origene
non è certo un caso isolato.
Sullequivalente sessuale del cibo la situazione è
la stessa: il rifiuto del sesso e il rifiuto del cibo sono la
stessa cosa. Il monaco Evagrio, già citato, ne è
un esempio: Da quando son giunto nel deserto non ho
toccato una lattuga , né alcun altro legume verde, né
frutta, né uva, né carni, né acqua per
lavarmi. Infine, dopo sedici anni di questo regime privo
di cibi cotti, poiché il suo corpo, a causa della debolezza
dello stomaco, aveva bisogno di alimenti passati attraverso
il fuoco, non toccò più il pane, ma prese solo
un po di verdure, o tisane o legumi secchi per anni, e
mentre seguiva questo regime morì... (Historia
Lausiaca, 38, 12-13). Ma sono soprattutto le donne colpite
dal fenomeno dellanoressia, di cui i passi relativi a
San Gerolamo sono stati un eloquente esempio. Per esse il digiuno
è equivalente alla mortificazione sessuale, al rifiuto
della loro femminilità, in quanto la donna nei suoi attributi
sessuali è il demonio. Mascolinizzarsi, attraverso il
digiuno che fa perdere gli attributi della bellezza femminile,
significa perdere il demoniaco che è in te, ma contemporaneamente
realizzare quel processo di fusionalità col padre amato
e desiderato. Fusione che avviene sul piano sublimato della
spiritualità come, unione, identificazione con il Padre
celeste, fino allautoannullamento nella morte, cioè
al ritorno allo stato originario indifferenziato, dove non cè
né maschile, né femminile.
Il Cristianesimo vince la sua battaglia perché diventa
la religione che più di tutte riesce a coagulare la psicosi
sociale che domina in questi secoli. La spia di questo si ha
nellesame del vissuto sul piano delle tre attività
fondamentali: aggressività sadomasochista, sonno-sogno
con sogno, incubo, allucinazione di angoscia e persecuzione,
sessualità negata o pervertita. Il fenomeno era talmente
diffuso che non stupisce che gli imperatori romani fossero costretti
con Costantino a far adottare allo stato il Cristianesimo come
religione ufficiale dellimpero (con Teodosio addirittura
diventa poi religione di stato). Non si tratta di una vittoria
completa in realtà, altre forme di religiosità
sopravviveranno clandestinamente, ma è significativo
che lo Stato stesso adotti una religione psicotica o vissuta
in modo psicotico, come sua ideologia, come sua forma culturale
e spirituale ufficiale, per comprendere fino a che punto fosse
esteso il diffondersi di tale psicosi sociale.
Si tratta solo di unipotesi interpretativa, me che cerca
di mettere in luce come gli elementi del fanatismo, dellintolleranza
e dellintegralismo tipici del fondamentalismo religioso
in genere (quindi ancora oggi) siano fondate su dinamiche psichiche
e somatiche che solo le metodologie e gli studi tracciati nel
solco della psicoanalisi freudiana possono rischiarare.
© Alessandro Zannella
Note:
1
Riferimento a Cantico 5,4. Bisogna tenere presente
che le serrature nel mondo antico erano molto grosse e attraverso
di esse poteva facilmente passarvi una mano.back
2 Cantico
5,8. back
3 Cantico
4,12. back
4
Secondo tale tradizione non era previsto nessun digiuno durante
il tempo pasquale. Allora San Girolamo consente di cibarsi,
ma in modo tale da ridurre il pasto a una sola volta al giorno,
a mezzogiorno. Cfr. SAN GIROLAMO, Opere scelte, vol.
I, a cura di E. Camisani, Torino Utet, 1971, p. 373 nota 172.
back
BIBLIOGRAFIA
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1981.
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scelti per temi), vol. 1 Dio, Creazione, Uomo, Peccato, Roma
Città Nuova 1974.