Emozioni e comunicazione affettiva *
3 novembre 2002
* I Linguaggi della mente e le sue
espressioni San Miniato (Pisa) 11 12 Maggio 2002
Lincontro con lAltro,
è fatto sempre di una realtà concreta, materica,
una realtà corporea di comunicazione che veicola affetti
ed emozioni secernendo umori densi o fumosi come il sudore,
le lacrime, gli odori il sangue.
Nella co-presenza dellincontro terapeutico ci facciamo
cose, dice Salomon Resnik 1,
intendendo che nellincontro, oltre i conosciuti canali
del transfert, cè una comunicazione diretta, una
realtà concreta del contatto che spinge ed influenza
laltro in varie direzioni. È il fondamento
del clima di realtà dellincontro analitico
scrive infatti in Persona e Psicosi.
Il corpo comunica al di là del linguaggio, ci ha detto
anche Binswanger, osservato e vissuto come forma nascosta
dellessere, il corpo interviene nella relazione
come depositario e interprete della comunicazione.
2
Levento atteso, lincontro, si colloca nellambito
della sensibilità e dellemotività, con le
caratteristiche di ogni evento mondano, proponendosi sotto aspetti
connessi con il tempo, lo spazio, la corporeità, la sensorialità.
I due mondi di esperienze, sentimenti e aspettative, sconosciuti
luno allaltro, sono, pertanto, mediati dalla corporeità
e dalla percezione reciproca.3
Aspettava me? Chiedo, a quel ragazzone molto
alto, vestito di nero, con degli abiti esagerati, extra large,
secondo la moda hip-hop di molti ragazzini.
Staziona davanti lambulatorio, col suo corpo imponente
e la testa piccola.
Bagliori metallici gli illuminano il volto adornato di pearcing
infilati nelle sopracciglia, nellala del naso nei padiglioni
auricolari e due orecchini pendenti dai lobi
No
devo spostare lappuntamento dice in modo perentorio
Non ho il biglietto dellappuntamento e nemmeno
limpegnativa del medico
Limpegnativa posso farla io azzardo.
No oggi non posso, secco.
È Venerdì pomeriggio, annoto un appuntamento per
lunedì mattina e, scritto il cognome, chiedo il suo nome:
Satana, mastica rabbioso. Solo dopo una pausa,
borbotta il suo nome.
Penso a Satana quel fine settimana.
Quanta disperazione deve avere in cuore un adolescente per chiamarsi
Satana, quanta rabbia quanto dolore cè nel fondo
di quegli occhi bui.
Lunedì, arriva puntuale. Fumo una sigaretta
fuori, prima dice teso e tremante dallalto dei
suoi quasi due metri.
In seduta mi guarda con uno sguardo disperato ed iroso al tempo
stesso.
Sto male! e, quasi piangendo, mi mostra il
braccio tagliato e sanguinante.
Sto troppo male!
Lo so, gli dico, ed un sorriso si accende
in fondo al suo sguardo scuro quando gli ricordo il nostro incontro
di venerdì e tutto quel dolore pesante, denso e impotente
che ho scorto dietro quella parola: Satana.
Klinefelter 4
è soltanto un nome, ma è anche la tragedia di
una vita, linferno, se è il marchio su un ragazzo,
un adolescente, che odia e si vergogna del suo corpo.Non
voglio mi si guardi, Mi arrabbio molto se mi guardano
Fossi almeno nato donna, corro tutto il tempo ed ho sempre
la pancia e i fianchi troppo larghi, due tette che mi vergogno
lultima
volta che mi sono messo una canottiera corta destate,
avevo tredici anni
sempre con camice enormi ..
Sentendosi ascoltato parla del suo dramma liberamente, avrei
avuto occasione di far sesso con una ragazza, ma sono scappato.
Mi vergogno, ho un pene piccolissimo. Ho solo laltezza
che nasconde le mie forme
Mi resta solo il pensiero. Le mie storie le faccio col pensiero,
ho molta fantasia, col pensiero potrei vivere due, tre vite
Qual è lidentità di questo ragazzo,
quale processo di personalizzazione è stato per
lui possibile, prigioniero di un corpo deforme, che può
essere bello solo se nascosto?
Vi è qui una sorta di autoscopia interna negativa
in quanto si percepisce algicamente la presenza di una mancanza
e la parte del corpo che vorrebbe negare è anche la sede
di esperienze dolorose che lIo non riesce a contenere.
5
Ma Satana non è affetto da una sindrome di Cotard,
deve fare realmente i conti con una mutilazione. È
un processo contrario, è la presenza qui, che è
ingombrante, non lassenza desiderata invano.
Ha subito molti interventi chirurgici, gli hanno asportato le
ghiandole mammarie che crescevano troppo, aveva i testicoli
ritenuti.
Non potrà mai avere figli, gli hanno detto.
Ma lui fuma Marijuana. Il suo papà,ex tossicodipendente,
lo ha messo in guardia, gli proibisce l'exstasi, la coca llsd.
La Cannabis, ha provato a piantarla ma non è cresciuta.
Noi non dobbiamo solo sapere che luomo ha
un corpo, e come sia fatto questo corpo,-scrive Binswanger
6-
ma anche che luomo è sempre, in qualche
modo, corpo. Questo non significa solo che luomo vive
sempre corporalmente ma anche che egli parla, e si esprime,
permanentemente con il corpo
Ma cosa è allora questo piccolo, disperato Satana se
vive in un corpo infido e bugiardo, Nella maggior parte
dei casi si tratterebbe di soggetti geneticamente femminili
in cui lo sviluppo embrionario sarebbe stato alterato,
recita infatti il trattato di Camillo Bonessa 7.
Fossi almeno nato donna, mi ha detto al primo
incontro, ignaro, forse, dei suoi geni, Non mi vergognerei
cosi.
Non cè emozione, non cè vergogna,
e non cè del resto ansia e tristezza, se non in
un contesto interpersonale. Ricorda Eugenio Borgna
8.
Se siamo soli, continua,
non siamo sommersi
dal timore del giudizio degli altri, dallansia di essere
giudicati male, dalla vergogna per non aver corrisposto, o per
non corrispondere, alle attese degli altri.
Non ha amici, frequenta poche persone, sta molto da solo.
Penso molto ho molta fantasia, potrei avere due tre vite
con la fantasia. Ripete sempre.
Il suo vivere, compensatoriamente, una dimensione fantastica
e parallela, fa venire in mente Tersite, il personaggio
del romanzo Odore di Sesamo9,
che si trascina tra i luridi anfratti del manicomio di Velatri,
nato da uno stupro su uninternata, morta di parto per
darlo alla luce. Tersite, avatara di un Dio minore, zoppo
gobbo maleodorante, autorevole e ieratico come una grande
divinità, reincarnazione dellantico dio Nabu, con
le sconfinate fantasie della sua mente sepolta in un corpo deforme,
regge le sorti dellumanità intera.
I due mondi di esperienze, sentimenti e aspettative,
sconosciuti luno allaltro, - scrive Isabella
Schiappadori 10
sono, pertanto, mediati dalla corporeità e
dalla percezione reciproca. La disponibilità allempatia
costituisce il mezzo atto a collegare i due mondi, come presupposto
della possibilità e del desiderio di comprendere lalterità.
Parla molto, infatti, nelle sedute successive, questo ragzzo,
che chiamare ora Satana pare veramente eccessivo.
Parla di sé, delle cose di tutti i giorni, di tutte quelle
piccole grandi cose che sono il mondo intero di unadolescente
che si affaccia alla vita. Il suo sguardo e le sue parole si
accendono di calore, di quella forma di amore appropiata allesperienza
psicoanalitica che è lempatia che con Hanna Segal
11
chiameremo intuizione psicoanalitica o sentimento di
contatto. Un contatto che entrambi sentiamo intenso
e reale e che permette quella distanza che apre lo spazio dello
scambio, delle interprestazioni 12
dove solo può fluire una vera comunicazione affettiva.
La comunicazione affettiva, infatti, attraverso la percezione
empatica e sensoriale di una corporeità viva e dolente,
nel corpo a corpo del lavoro psicoterapico, ha sciolto il grumo
di ghiaccio che lo imprigionava in quellinferno dove solo
Satana può regnare, permettendogli ora di intraprendere
il necessario percorso terapeutico.
Comunicare affetti per iscritto è il modo attraverso
il quale Serafino, paziente di altro collega, è entrato
nello spazio mentale e fisico di una nostra nuova relazione
terapeutica. Pur frequentando il suo analista, è ora
ospite della Comunità del mio Servizio e intrecciamo
assieme le fila di un percorso terapeutico.
Ha scritto, infatti, una specie di racconto dove descrive la
sua entrata, molti anni fa, nel buio e confuso mondo della psicosi.
Quelle pagine, che lui mi ha autorizzato a leggere, hanno, per
me, rappresentato il ponte attraverso cui passa una comunicazione
di affetti e sentimenti che permette lesperienza terapeutica.
Cè un cane nella testa di Serafino. Un grosso
e ringhioso Dobermann tedesco che impedisce lo scorrere dei
suoi pensieri.
È il cane che suo padre, un importante e meritevole
alto funzionario dello stato italiano, ha messo a guardia della
casa, dei figli e della moglie.
In sua assenza era il cane che controllava ogni movimento della
giovane e bella moglie e dei tre bambini. Il cane tagliava,
ringhiando minaccioso, ogni accenno ad un dialogo, ad un legame.
I bambini non potevano giocare tra di loro, rincorrersi, azzuffarsi
nel gioioso schiamazzare dellinfanzia, il guardiano lo
impediva, minacciando di azzannarli. Si sedeva in mezzo a loro
e li osservava, ognuno da solo, per conto proprio.
Nessuno poteva entrare in casa.
La bella mamma così, per sfuggire allasfissiante
gelosia, si è nascosta dentro una montagna di lardo,
inutilmente.
Limportante uomo di stato lavorava molto, acquisendo meriti
alla Nazione e lasciando per molte ore il cane a fare la guardia
come un persecutorio prolungamento di sé.
Era già molto malato di cuore e Serafino, il più
piccolo e fragile dei tre fratelli ha vissuto con colpa la malattia
e la morte del padre, inconsciamente desiderata tante volte,
come una liberazione da quella specie di carcere.
Da grande ne prenderà il posto, giocando al tempo stesso
il ruolo dispotico del cane ringhioso nei confronti della madre,
dalla quale non sa separarsi.
Gli anni sono passati ma Serafino appare ancora in carcere,
cercando la libertà è rimasto rinchiuso in un
sistema di idee che lo rende folle.
La patologia psichiatrica infatti è patologia della libertà
13,
libertà perduta nella fondamentale battaglia dellesistenza
di ciascuno dove si è vincitori o sconfitti. Serafino,
sconfitto e tratto in catene come un antico guerriero, riesce
ad emanciparsi ed un giorno scrive di sé, di come sia
rimasto impigliato nella rete della follia, ne parla in terza
persona come del personaggio di un racconto, ma è il
tragico romanzo della sua vita.
La metamorfosi dellio schizofrenico è
ben lungi dallessere un fenomeno di passivo automatismo
regressivo, scrive nel 1948 G. E. Morselli 14,
e prosegue o una pura conseguenza reattiva psicogena;
lammalato, pur subendo il peso della dissoluzione e dei
fattori psicogeni, vi costruisce una forma di vita, così
come leschimese costruisce, per proteggersi, ligloo,
la capanna di neve.
Serafino il suo igloo lo costruisce con la neve che trova
a sua disposizione, con i frammenti del reale, come direbbe
Resnik 15,
pezzi del suo cane, di suo padre e di sé stesso, se ne
fa uno scudo, uno schermo ed una maschera.
Scriverà, quindi, Serafino:
Si trovava a Saintes in Francia, per seguire un seminario
dal titoloemozioni e complessità. Era la
fine di Luglio del 1991, notte di luna piena, ed S. C. camminava
da solo lungo le strade pressoché deserte di Saintes,
per far ritorno al liceo agricolo dove alloggiava la gran parte
degli studenti intervenuti in occasione del seminario. S. C.
si sentiva stranamente e piacevolmente leggero e muoveva le
braccia in ascolto della sottile energia e del vento come se
desiderasse volare. Il liceo agricolo era situato in aperta
campagna ed una lunga via diritta lo collegava al centro abitato.
S. C. si mise a percorrerla; osservava le cose con rinnovata
attenzione, la mente era libera da pensieri pesanti. Rimase
colpito da un tabernacolo sormontato da una croce cerchiata;
quindi il suo sguardo fu attirato da un campo di girasoli. Si
avvicinò ad un girasole e si cosparse il centro della
fronte con il giallo preso dai pistilli del fiore. Penetrò
poi in un campo di pannocchie e vi rimase per alcuni minuti.
Ma la prima esperienza veramente strana la ebbe abbracciando
il tronco di un grosso albero: sentiva, infatti, una sorta di
leggera corrente elettrica percorrergli le braccia e le mani
a contatto con la corteccia dellalbero.
Entrò quindi nel liceo agricolo, si incontrò con
C. C. suo amico, scavalcarono la finestra che dava sul terrazzo
ricoperto di ghiaia e, dopo aver fumato una sigaretta con dellhashish,
si misero a fare degli esercizi fisici di scioglimento come
avevano imparato in mezzo alla natura con il loro amico astrologo
Z. P.
C. rientrò in stanza, mentre S. C. rimase sul terrazzo.
S. C., rimanendo in piedi, inarcava allindietro la schiena
con le braccia tese verso lalto, gli occhi sgranati e
lo sguardo fisso sulla luna piena.
In un momento fu investito da una potente energia che sembrava
provenire dalla luna. Tutto il corpo dalla testa ai piedi era
pervaso da questa potente energia. S. C. capiva che stava accadendo
qualcosa di straordinario, ma nello stesso tempo si rendeva
conto che il pensiero non partecipava, se non come spettatore,
allevento. Di questenergia, quasi elettrica e parzialmente
visibile sotto forma di particelle luminose bianche, che teneva
praticamente immobilizzato il corpo, poteva udire anche il suono
simile al turbinare del vento. S. C. ebbe paura di essere trasportato
in aria e quindi di morire
.
Serafino, in un momento della sua vita nel quale pare uscire
dal mondo delirante, dopo un intenso lavoro psicoanalitico supportato
da una terapia farmacologica, sente la necessità di raccontarsi,
e di raccontare la sua esperienza. Il suo scrivere è
il ritrovare un legame con lAltro attraverso un linguaggio
comprensibile e condiviso.
Per Gadamer 16
il linguaggio non è uno strumento, è
lessenza delluomo
Chi parla una lingua che
nessuno comprende, non parla. Parlare significa parlare a qualcuno.
Lessenza della follia per J. Lacan 17
è la crisi del noi, la crisi della comunicazione,
in una regione nella quale: La parola ha rinunciato
a farsi riconoscere. Ecco allora che lo scrivere della
sua follia rappresenta, per Serafino, la conferma di una presa
di distanza, di una conquistata sanità.
Delle violenze in famiglia non porta traccia Serafino, come
di quando ha preteso che il padre, lalto funzionario di
stato, inflessibile e tremendo, si inginocchiasse ai suoi piedi,
o più di recente quando costrinse la madre a dormire
per mesi in garage, per sfuggire ad aggressioni ben più
spaventose di quelle che le avevano lasciato il corpo coperto
di lividi.
Ha un aspetto serafico e una grossa pancia da piccolo Budda.
Sorride e parla di Rada e Krishnamurti. È in contatto
con tutte le divinità indiane, loro gli parlano e lui
risponde, ma sorride come un attore che ringrazia il suo pubblico,
quando racconta queste cose.
Forse non è più rientrato in quel suo mondo delirante
che ora pare rimpiangere per la ricchezza e la forza che gli
dava, la sua fragile personalità psicotica trae energia
recitando il suo delirio.
È per lui, forse, troppo doloroso affrontare il vuoto
di quello che Resnik chiama Depressione narcisistica 18,
intendendo come tale la perdita di quella ricchezza e unicità
rappresentata dalle immagini e personaggi del delirio cui tanta
parte di creatività ed intelligenza del paziente è
legata.
Serafino, nel suo lungo scritto in terza persona prosegue nella
descrizione critica e disincantata del suo delirio:
S. C. si sentiva molto felice per quanto gli era accaduto
e gli stava accadendo: si sentiva come rinato pieno di questa
nuova energia ed era quasi certo dessere entrato in contatto
con un mistero di matrice religiosa, divina; gli sembrava il
coronamento inaspettato, ma giusto in quanto avvenuto, di anni
di sofferenza della psiche
Ogni tanto poneva il proprio corpo allascolto
di questenergia in modo da compiere dei movimenti in cui
si sentiva mosso.
Gran parte del merito della scoperta di questenergia
lo attribuiva al fatto di aver letto alcuni libri di J. Krishnamurti.
Nei lunghi colloqui individuali o di gruppo, Serafino recita
la parte del Budda, serafico onnipotente impassibile e sorridente,
parla sempre delle schiere di dee che sono in contatto con lui,
anche sua madre è la reincarnazione di Rada e con lei
dovrà congiungersi
ma tutto questo, come lesibito
bisogno di assumere haschisch in quantità smodate, hanno
il sapore di un gioco, di un linguaggio altro, di una seconda
lingua parlata per non scoprire il segreto della sua mente vuota
e impoverita da un delirio ormai andato lontano.
Lesperienza schizofrenica, scrive Eugenio Borgna
19,
si esprime in questa giostra senza fine di immagini e di controimmagini,
di realtà e di controrealtà, che non la rendono
mai sclerotizzata e mummificata. Sono infinite le storie della
vita normale e della vita psicotica; come è
infinita lesigenza di un dialogo che si confronti con
lesperienza psicotica nella sua oscurità e nella
sua luminosità: nelle sue ombre e nelle sue significazioni
cifrate.
È sempre importante sapere che Ci facciamo cose
allinterno del doppio transfert della relazione terapeutica,
come insegna Salomon Resnik, importante è rendersene
sempre conto per non perdere di vista la finalità terapeutica
dellincontro con lAltro.
Vi è una modalità particolare di comunicazione
che definirei affettiva diversa da caso a caso, ma che
sempre colpisce intimamente il terapeuta, è come la freccia
di Cupido, che non si sa mai da dove provenga e perché,
ma non la si può mai ignorare: quando si viene colpiti
nasce una relazione.
© Sandro Rodighiero
Note:
1
Resnik S.: Persona e Psicosi. Il linguaggio del corpo.
Giulio Einaudi, Torino, 2° edizione 2001.
2
Gozzetti G.: Glosse fenomenologiche sugli
scritti di Salomon Resnik. . In: Levis E. (A cura di): Forme
di vita forme di conoscenza. Un percorso fra Psicoanalisi e
cultura.. Bollati Boringhieri, Torino, 2000.
3
Schiappadori I.: Degli inizi: aspetti della comprensione.
In: Levis E. (A cura di): Forme di vita forme di conoscenza.
Un percorso fra Psicoanalisi e cultura.. Bollati Boringhieri,
Torino, 2000.
4
Klinefelter H. F., Reifenstein E. C., Albrigt F.: Syndrome
characterized by gynecomastia, aspermatogenesis without A-leydigism,
and increased excretion of follicle stimulating ormone.
In J. Clin. Endocr. 2, 615, 1942.
5
Resnik S.: Persona e psicosi. 2a edizione,
Op. cit.
6
Binswanger L.: Über Psychotherapie (1935)
in Ausgewählte Vorträge und Aufsätze,
Francke, Bern 1947.
7
Bonessa C. Diagnosi e terapia delle malattie eponimiche,
Ferro Edizioni, Milano, 1974. Pag. 174.
8
Borgna E.: Larcipelago delle emozioni, Feltrinelli,
Milano, 3a edizione 2002. Pag. 50-51.
9
Raimondi R. : Odore di Sesamo, Francesco
Rossi Editore, Marina di Carrara MS, 2000.
10
Schiappadori I.: Degli inizi: aspetti della comprensione
Op. cit.
11
Segal H.: Scritti psicoanalitici (1981) Astrolabio,
Roma 1984.
12
Rodighiero S. (a cura di): Interprestazioni. Dialoghi
di psicoanalisi e clinica psichiatrica, Teda Edizioni, Castrovillari
(CS) 1994.
13
Ey H.: Etudes psychiatriques, Desclée de
Brouwer, Paris 1954.
14
Morselli G. E.: Esiste unattività psicopatologica
originale? (ed. or. 1948), in: Gamna G.(a cura di): Lesistenza
psicopatologica, pagg. 255-268. Minerva Medica , Torino,
1975.
15
Resnik S.: Clinica psicoanalitica delle psicosi,
a cura di: Sandro Rodighiero. Bollati Boringhieri, Torino, (In
corso di stampa).
16
Gadamer H. G.: Mensch und Sprache, in Kleine
Schriften I. Philosophie. Hermeneutik, Mohr, Tubingen 1967.
17
Lacan J.: Scritti (ed. or. 1966), Einaudi, torino
1995.
18
Resnik S.: La depressione narcisistica. Archivio
di psicologia neurologia e psichiatria, anno XLI, fasc. 2, Milano
1980.
19
Borgna E.: Come se finisse il mondo. Il senso dellesperienza
psicotica,(ed. or. 1995) Universale economica Saggi Feltrinelli,
Milano 2002.