Complementarietà psichica nella coppia violenta *
28 gennaio 2005
L’argomento della mia relazione, per essere trattato in maniera esaustiva, richiederebbe un discorso molto lungo, quindi, per non approfittare troppo della vostra pazienza cercherò di ridurlo all’essenziale.
Del resto esso è stato oggetto di molti lavori già pubblicati ai quali rimando coloro che sono interessati ad un approfondimento.
La vastità degli scritti sull’argomento indica, altresì, che il fenomeno è di grande entità e diffusione, come hanno già illustrato i relatori che mi hanno preceduto.
Il punto focale è costituito dal termine “complementarietà” nella coppia, che preferisco a quello più usato di “reciprocità” che indica, a mio parere la consapevolezza della relazione con l’altro, laddove quello di “complementarietà”, come vedremo, va oltre gli aspetti della coscienza.
L’inconscio è quella parte della nostra mente che sfugge all’attenzione vigile della mente stessa.
D’altronde, molto spesso nella nostra professione ci troviamo di fronte al protrarsi negli anni di relazioni connotate da un elevato grado di sofferenza e dall’impossibilità a sottrarsi al reiterarsi di umiliazioni degradanti, giustificate da frasi come “non può stare senza di me e viceversa, non posso vivere senza di lui”. Frasi queste, che stanno ad indicare che la volontà, la coscienza, in questi casi hanno scarsa presa sull’individuo, dominato da un sentimento di dipendenza, come se il benessere/malessere dipendesse dall’esistenza dell’altro.
Si dice Complementare 1 “di oggetti o fenomeni che assumono un valore, un significato, per il fatto di trovarsi connessi, inseriti l’uno nell’altro; di spazi o attività che si integrano vicendevolmente”.
Il termine deriva da complemento: “elemento necessario al funzionamento o alla configurazione di un oggetto, di un fenomeno, di uno svolgimento.
In matematica: complemento di un angolo, l’angolo adiacente al dato, tale che la somma di esso e dell’angolo dato sia un angolo retto;
In patologia, funzione proteica presente nel siero del sangue fresco che, in certi casi, è necessaria perché avvenga l’unione fra antigene e anticorpo”.
Il termine indica, quindi, che in assenza di uno degli elementi il fenomeno o non si presenta, oppure si presenta sotto modalità sostitutive.
Come abbiamo visto il concetto rinvia a molteplici situazioni ed eventi sul piano astratto, su quello matematico, biologico, ma potremmo aggiungere quello fisico, chimico ecc., tra questi anche quello psichico.
Esiste per l’uomo un particolare periodo dello sviluppo somatopsichico, in cui egli costituisce il complemento di un insieme di altri elementi che a loro volta sono a lui complementari e che garantiscono l’esistenza del fenomeno stesso.
Mi riferisco alla gestazione: l’embrione/feto diventa complementare al sistema materno che si predispone ad accoglierlo e a farlo crescere, così come “il sistema materno”, cioè la mamma con tutti i suoi attributi, diventa complementare all’impianto dell’embrione e allo sviluppo del feto/bambino. I due elementi associati consentono lo sviluppo del fenomeno gravidanza e la nascita di un nuovo essere umano.
Si potrebbe aggiungere che il sistema materno, cioè la madre, esiste comunque, a prescindere dalla presenza al suo interno di un embrione che diventerà un bambino, mentre un ovulo fecondato, ha poche possibilità di sopravvivere senza un contenitore (anche artificiale, ma che riproduca in tutto e per tutto quello materno). Per cui l’esistenza del fenomeno “bambino” è legata alla presenza di un contenitore mamma, ne è dipendente.
Per l’uomo, come è noto, lo stato di dipendenza si protrae molto più a lungo rispetto agli altri primati. Dopo la nascita il lattante non è in grado di garantire la sua sopravvivenza in maniera autonoma, dipende cioè totalmente dall’adulto. Egli prosegue la situazione fusionale della vita intrauterina, in cui gli era assicurato il nutrimento e la respirazione. Continua ad essere servito da un servo meccanismo, di solito la madre, che egli percepisce come un prolungamento di se stesso.
Questa situazione si evolve con la crescita del bambino che acquisisce progressivamente quelle capacità che gli consentiranno di diventare un adulto autonomo.
Ciò nonostante, talvolta ci troviamo di fronte ad adulti che mostrano tratti di personalità e modalità comportamentali che richiamano quelle dei soggetti della situazione appena descritta. Mi riferisco alla necessità incoercibile della presenza dell’altro, sia esso un parente stretto per grado di parentela, un amico, un coniuge, un partner sessuale o le sostanze psicotrope.
Sembrerà inconcepibile che si possa mettere sullo stesso piano la dipendenza da una relazione e la dipendenza dalle droghe, eppure, nelle situazioni che ci troviamo ad osservare nella pratica clinica, risulta invece difficile erigere un muro di separazione tra la donna che permane in una relazione sadomasochistica, a discapito della sua integrità psicofisica, ed altre modalità comportamentali autodistruttive come la pratica degli sport estremi o l’assunzione di sostanze stupefacenti.
L’elemento comune e costante è l’impossibilità di sganciarsi dalla relazione, l’incoercibilità della dipendenza, l’attrazione incontrollabile verso situazioni potenzialmente pericolose.
Le frasi ricorrenti sono: non posso fare a meno di lui, continuo a pensare a lui anche dopo tutto quello che mi ha fatto, sono sicura che cambierà…
Spesso, infatti, si ha l’impressione di poter mantenere il controllo; ecco che assistiamo alle separazioni, agli allontanamenti, seguiti da ripensamenti con rientri in casa, sostenuti dall’illusione che qualcosa sia cambiato o che cambierà.
Purtroppo si tratta di mere giustificazioni razionali che fungono da sedativo all’angoscia che, com'è noto, costituisce il campanello d’allarme di un pericolo.
In questi casi l’attrazione, o meglio, la necessità inconscia di rimettersi nella situazione umiliante e spesso pericolosa, sia fisicamente sia psicologicamente, è più forte dell’angoscia.
Ci sentiamo dire: “d' ora in avanti sarà tutto diverso, non gli permetterò più di dominare la mia vita, ho il controllo della situazione”. Esattamente le stesse parole che dicono le persone che fanno uso di sostanze psicotrope, quando, dopo un periodo di astinenza, tornano all’assunzione, con l’illusione di essere in grado di averne il controllo.
Una specie di sfida continua, di flirt col pericolo. Del resto, almeno sul piano della coscienza, ormai tutti conoscono la pericolosità delle sostanze, psicotrope, anche se molto spesso si preferisce negare, far finta di niente, soprattutto rispetto a quelle di maggiore diffusione come i derivati delle anfetamine e la cocaina. Quest’ultima, per es. “ è in grado di determinare quadri di psicosi paranoidea virtualmente non distinguibile dalla schizofrenia propriamente detta, in quanto inibisce il trasportatore di dopamina, un neuromediatore implicato nei fenomeni psicotici”. 2
Altrettanto pericolosa può essere una relazione di dipendenza da un partner violento, una persona che agisce l’aggressività e/o la sessualità senza freni inibitori, in altri termini, senza quel “mediatore psichico” che consente la sublimazione di un impulso o lo spostamento su altre mete socialmente adattate.
In altri termini, l’acting-out o passaggio all’atto che dir si voglia, presuppone che il soggetto non abbia un controllo attivo sulle proprie pulsioni. Un soggetto che utilizza l’altro a fini meramente strumentali, per scaricare una tensione, utilizzando modalità arcaiche di risoluzione dei problemi. Mi riferisco a quelle stesse modalità utilizzate dal bambino in età preverbale, allorquando, in assenza delle capacità di simbolizzazione, consentite in prima istanza dall’uso del linguaggio, agisce un desiderio specifico senza tener conto dell’esistenza dell’altro e dell’ambiente.
Per dirla con Piaget, è totalmente assente il passaggio dalla rappresentazione di cosa alla rappresentazione simbolica della cosa, cioè la parola. Questo passaggio è quello che consente al contempo di uscire da un mondo egosintonico e di entrare in quello della relazione con l’altro.
La capacità di entrare in relazione con l’altro presuppone il riconoscimento e l’accettazione degli interessi personali dell’altra persona. Questa è la vera reciprocità. Per colui che effettua l’acting out, al contrario il partner è privo d’individualità, è un oggetto complementare a se stesso che deve essere posseduto per mantenere l’illusione dell’onnipotenza narcisistica.
Esistono degli indicatori che consentono, se attentamente osservati, di riconoscere la possibilità che si verifichi un passaggio all’atto. Ve ne parlerà la Dott.ssa Baldoni.
Io vorrei concludere con un’esortazione: lasciamo all’infanzia la prerogativa della dipendenza, consentiamo ai bambini di diventare adulti autonomi e aiutiamo coloro che non lo sono a diventarlo.
© Bruna Marzi
Note:
Presentato al Convegno “Sembrava una persona normale: quando il conflitto di coppia sfocia in episodi di violenza” - Bergamo, 19 novembre 2004.
1 G.Devoto-G.C.Oli, Nuovo vocabolario iluustrato della lingua italiana, Reader’s digest, Milano.
2 G. Marzi, Le sostanze psicotrope in adolescenza: dati d’esperienza clinica, Scienza e Psicoanalisi, 25 febbraio 2001.
Riassunto:
Il punto centrale del presente scritto è costituito dal termine “complematarietà” che si ritiene stia alla base del perpetrarsi di rapporti di coppia in cui viene agita la violenza. Attraverso una disamina di altri contesti in cui si riscontra un’attrazione incomprensibile ed incoercibile nei confronti del rischio, l’autore sostiene che l’origine di tali comportamenti risieda in un legame di dipendenza che affonda le radici nella vita vita intrauterina e nei primi mesi di vita.
Abstract:
The key point in the present work is the word “complemantary” which is supposed to be the basis for proceeding of violent relationships. Through a punctual analysis of several situations where one can find an incomprehensible and unestinguishable attraction toward risk, the author declares that the origin of such behaviours must be found in dependence bond whose roots are in intrauterine and first month’s life.
Parole chiave :
1 - Complementarietà
2 - dipendenza
3 - passaggio all'atto
Key words:
1 - Complemantary
2 - dependenze
3 - acting-out