PASSI NELLA NOTTE: Il
caso clinico di Ines
*
11 aprile 2001
Ines è una giovane
impiegata di bell'aspetto, afflitta da un doppio tormento. Nei
momenti di più alta tensione si trova costretta, suo
malgrado, a scarnificarsi le gote, infliggendosi lacerazioni
anche profonde; quando le pomate cicatrizzanti sembrano sortire
il loro effetto risanando la piaga, ecco riemergere l'incoercibile
impulso che la obbliga a ripetere la dolorosa operazione. Il
secondo problema che la assilla, pur in modo meno pernicioso,
è anch'esso un agire coatto, che sfugge al controllo
della sua volontà e ai suoi buoni propositi: appena il
fidanzato, un ragazzone sportivo che sprizza ormoni e salute,
sembra lanciare una benché minima occhiata a un'altra
ragazza, magari di sottecchi e senza alcuna malevola intenzione,
ecco che la mano di Ines si anima da sola, mossa da furia incontenibile,
e parte un sonoro ceffone, che va ad imprimersi sulla guancia
dell'ignaro giovine, ovunque essi siano, al ristorante, in discoteca,
per strada o sul treno. Naturalmente l'atletico fidanzato si
dichiara un po' stufo di tale atteggiamento e dimostra chiari
propositi di rompere la relazione; e questo non tanto per le
sberle quanto per la cattiva figura che fa davanti alla gente:
sembra quasi che egli sia un giovane lubrico, sempre a caccia
di avventure sessuali con belle sconosciute da abbordare per
strada, mentre, in cuor suo, ha soltanto il desiderio di vivere
in pace con Ines, dedicandosi ai suoi sports preferiti. Unico
figlio maschio con due sorelle più grandi, gode di eccellente
salute psicofisica, è sempre di buon umore e profondamente
innamorato della sua ragazza. Non ha nessuna intenzione di sottoporsi
a sedute di micropsicoanalisi, vorrebbe solo che Ines smettesse
di schiaffeggiarlo pubblicamente. Pazienza per le sottili cicatrici
che le arabescano il viso, basta che d'estate non si abbronzi
in faccia; pazienza anche per i lunghissimi periodi di astinenza
forzata a cui viene obbligato dalla compagna, periodi che in
cuor suo accetta di buon grado perché sintonici e sincronici
con il ben nutrito programma di allenamenti, gare e partite.
Ma se non si risolve il problema del ceffone si troverà
ben presto costretto a lasciarla.
Ultimo particolare degno di nota, aggiunto quasi con nonchalance
in fine colloquio, è che Ines, quasi trentenne, per la
banalissima ragione di una casa diventata ormai troppo grande
dopo la morte del padre e quindi troppo costosa da riscaldare
interamente, continua a dormire nel tepore del letto matrimoniale
insieme alla mamma e non manifesta intenzione alcuna di traslocare
in un'altra stanza, troppo fredda ed inospitale per accogliere
il suo sonno.
Come molto spesso accade, le prime sedute delineano in modo
puntuale ed evidente la struttura conflittuale che tormenta
la giovane. Già la sua mamma era afflitta dalla medesima
sofferenza: moglie di un ferroviere quasi sempre in trasferta,
trascorreva notti e giorni a grattarsi per tutto il corpo, incidendosi
piaghe che diventavano purulente; quando Ines era bambina, la
donna passava lunghissimi periodi sola con la figlia, senza
quasi mai uscire di casa: era ossessionata dall'idea che i vicini,
vedendola per strada senza marito, pensassero che "facesse
la vita" o comunque tradisse il consorte a suo piacimento.
Il materiale associativo dell'analizzata si concentra essenzialmente
sui sentimenti di ostilità rivolti verso la figura materna,
che la obbligava a trascorrere interminabili giornate insieme
a lei, senza mai poter uscire; vissuti di rabbia, noia ed impotenza
si snodano monotoni seduta dopo seduta. Talvolta Ines si accorge
che le stesse emozioni e sensazioni dell'infanzia si ripetono
identiche nella sua vita di adulta: l'unica differenza è
che al guardiano di un tempo, la madre, si è venuto a
sostituire il fidanzato, che non ha mai voglia di uscire con
lei perché è sempre stanco, sfinito o dal lavoro
o dall'attività atletica. Serate e fine settimana si
svolgono identiche a quelle di una volta, sdraiati sul divano
a guardare la televisione che ora è a colori e non più
in bianco e nero. Anche le fantasie di evasione sono quelle
di un tempo: scappare di casa ed aggregarsi a una compagnia
di girovaghi e saltimbanchi, che l'avrebbero dolcemente rapita
e trascinata in un vortice di vita e passione. A proposito di
girovaghi, gente delle giostre e tendoni da circo, le viene
in mente una fantasia recondita, mai confessata, che le ha frullato
in testa praticamente da sempre, fin da quando ha memoria: "...Io
non sono figlia di mio padre ma di uno sconosciuto, che una
sera d'estate si approfittò di mia madre che, ignara,
si era allontanata dal "palchetto"
1
dove era andata a ballare con le amiche. Mia madre non vide
mai il volto di quell'uomo e non ne conobbe mai il nome, conservò
solo il ricordo di un rapido momento e poi il rumore dell'uomo
che si allontanava nell'oscurità. Io sono la figlia di
quei passi nella notte e a volte, in un incubo, mi risveglio
terrorizzata dal suono di quei passi che mi rimbombano in testa...".
Verso la fine del periodo di lavoro micropsicoanalitico
concordato, Ines riuscirà a rimemorizzare alcuni ricordi
preconsci rimossi, il cui contenuto riguarda i rientri notturni
del padre mentre lei era profondamente addormentata nel letto
matrimoniale insieme alla madre. Ricordi che trascinano vissuti
di abbandono, solitudine e paura, frammisti a fortissime sensazioni
di angoscia, che però non vengono riconosciute nella
loro vera natura di eccitazione sessuale: comunque si tratta
di un primo abbozzo elaborativo dell'Edipo positivo in fase
fallica. Il lavoro micropsicoanalitico si interruppe a questo
punto e non ho mai più rivisto Ines, per cui non mi è
dato sapere quale giovamento tale elaborazione possa aver comportato
nelle tribolazioni della giovane: tuttavia mi è lecito
supporre che la diminuzione dell'angoscia possa aver abbassato
la necessità di dormire con la madre ed abbia pertanto
abbandonato il talamo nuziale, anche se dubito molto che l'impellenza
coatta dell'agire caratteropatico sia diminuita e che quindi
il suo volto sia meno devastato dalle ferite autoinferte.
Anche se largamente incompiuto, questo caso mi permette di sviluppare
alcune riflessioni sia di ordine clinico sia di natura metapsicologica.
Le riflessioni di ordine clinico considerano le caratteristiche
del terreno: lo specialista avvertito avrà infatti riconosciuto
di primo acchito l'architettura conflittuale del caso citato.
In casi più benigni essa infatti è la medesima
che sostiene il manifestarsi dell'ereutofobia, una nevrosi molto
meno grave, che affligge una grande quantità' di fanciulle
(e non solo) e che raramente conduce il soggetto a consultare
uno specialista. Nell'ereutofobia infatti, il ritorno del medesimo
desiderio rimosso che caratterizza il conflitto di Ines viene
risolto tramite un processo di benigna conversione isterica
e di spostamento verso l'alto. Ossia, il desiderio di concedersi
a uno sconosciuto, a un passante, viene realizzato in modo sintomatico
per spostamento della profferta amorosa verso il volto: l'esibizione
del turgore vulvare viene sostituita dalla dilatazione capillare
che provoca rossore e, al contempo, scatena la reazione di vergogna
e quindi di repulsione verso l'atto che si vorrebbe compiere.
Ora, statisticamente parlando, la risoluzione sintomatica del
desiderio sessuale di farsi abbordare (cioè, nel senso
senso attivo del moto co-pulsionale: di adescare) da uno sconosciuto
si compie normalmente all'interno del registro fobico: ereutofobia,
agorafobia, rupofobia, ecc. Il caso di Ines invece mi è
parso interessante perché la conflittualità coinvolge
direttamente l'apparato muscolare volontario tramite una serie
di movimenti finalizzati: lo scavarsi le ferite sul viso come
diretta espressione del desiderio di esibire il turgore vulvare
(avvicinamento) e lo schiaffeggiare in faccia il fidanzato,
a cui proiettivamente viene attribuita l'intenzione attiva e
diretta dell' adescamento, come succedaneo del movimento repulsivo
(fuga). In termini molto più semplici, Ines si autorizza
ad adescare mostrando la ferita e si punisce per aver adescato
infliggendosi il tormento dell'automutilazione, ma questo duplice
movimento non le è sufficiente ad esaurire la spinta
del desiderio rimosso: deve trovare, per proiezione, un soggetto
esterno a cui attribuire la malvagità dell' intento tanto
temuto e desiderato. In questo senso, tale atto proiettivo può
essere considerato l'equivalente di un annullamento retroattivo,
un pensiero magico che rende non avvenuto il fatto e che, invece
di essere pensato, viene dapprima estroflesso sul partner e
quindi re-introiettato come negazione. Un gesto quindi che condensa
e rappresenta un pensiero che, se potesse essere espresso, si
tradurrebbe grosso modo in questi termini: "non sono io
che desidero abbordare uno sconosciuto ma il mio fidanzato e
tale intenzione mi fa orrore". Va da sé che il soggetto
esterno prescelto, per definizione, deve essere totalmente innocente,
proprio perché, se fosse veramente un adescatore, Ines
ne rifuggirebbe atterrita e il giovane atleta, inibito sessualmente
dal pericolo dell'incesto sororale, possiede tutte le caratteristiche
essenziali per interpretare il ruolo del co-protagonista nell'impudica
vicenda.
In termini di psicologia clinica, Ines rappresenta il classico
caso di border-line, ossia una struttura psichica che affida
al passaggio all'atto (egosintonico) la risoluzione di un conflitto.
È proprio per questo motivo che mi soffermo sul caso
di Ines dato che, come qualunque specialista della psiche può
testimoniare, attualmente gli eventi border-line costituiscono
la stragrande maggioranza dei casi in consultazione, a scapito
delle manifestazioni nevrotiche, che sembrano scomparire dai
registri della clientela ordinaria. Ora, quasi tutti gli AA.
sono concordi nel considerare l'Io del border-line come fondamentalmente
perverso, ma caratterizzato da una perversione che stenta ad
esprimersi, in quanto ostacolata dalla pressione di un super-io
residuale, che si manifesta essenzialmente come qualità
di un Io ideale, infantile ed amorale, che richiede all'autorità
genitoriale interiorizzata incessanti concessioni di prove d'amore
in cambio delle proprie modeste rinunce pulsionali. Il risultato
di tale processo è un Io profondamente alterato, se non
proprio scisso, estremamente dipendente dal giudizio altrui,
che per altro tenta costantemente di modificare e distorcere
a proprio favore, e con scarsa o nulla autonomia decisionale.
In definitiva, il border-line si muove sul limite del delirio
di auto-osservazione senza involvere direttamente nella paranoia,
in quanto il dialogo tra l'Io e l'Autorità si svolge
ancora all'interno dei confini intra-psichici e non viene completamente
estroflesso sotto forma di allucinazioni sulla realtà
esterna, come invece avviene per l'Io psicotico. In termini
più descrittivi, possiamo affermare che il border-line
dialoga costantemente con un'immagine interna, costituita quasi
totalmente da un insieme di proto-fantasie gemellari 2,
al fine di convincere il proprio Io ideale che l'attività
perversa prediletta non è il frutto di una libera scelta
ma il concorso di circostanze sfavorevoli che lo hanno obbligato,
suo malgrado, a subirla. Quindi non è colpa sua. Quindi
non può essere punito ma solo perdonato ed amato. La
letteratura è ricca di esempi che illustrano tale dinamica:
dal tossicodipendente che, suo malgrado, è costretto
a prostituirsi a causa del prezzo esorbitante della droga, allo
stimato professionista integerrimo padre di famiglia che, accusato
ingiustamente, si ritrova in carcere a subire l'ignominia della
sodomia, all'etilista che, obbligato dalla fatica lavorativa
ad ingerire grandi porzioni di alcol, reitera quasi quotidianamente
l'incesto sulle figlie, ecc. Tutti questi esempi sono tratti
dalla letteratura psichiatrica ed altro non sono che contenuti
manifesti, cioè descrittivi, di spinte feticistiche inconsce
che agiscono in modo trasversale all'interno dello sviluppo
psicosessuale di questi soggetti. Costituiscono pertanto lo
sviluppo elaborativo inconscio di fissazioni intra-uterine a
quello che la micropsicoanalisi ha definito in termini di stadio
iniziatico e N.Peluffo ha descritto nella relazione Madre-feto.
A questo proposito , anche se in termini operativi molto riduttivi
e semplicistici, possiamo affermare che il border-line è
un individuo capace di operare strategie e scelte inconsce che
gli permettano di attualizzare la propria perversione, mentre
il nevrotico la esprime unicamente in negativo tramite il proprio
compromesso sintomatico. Mii sembra utile a questo punto, precisare
e ribadire come in entrambi i casi, cioè nella perversione
e nella nevrosi, il tentativo di soddisfare il desiderio inconscio
rimosso sia sempre e comunque destinato a fallire, almeno parzialmente.
In definitiva, desidero specificare bene come il concetto di
perversione riguardi, nella sua regolazione, molto più
le strutture etico-legislative, tuttal più gli
Enti preposti alla salvaguardia dell'Igiene pubblica e privata
propri di una certa civiltà, ma, di certo, non costituisce
un problema che riguardi direttamente la psicoanalisi in generale
e la micropsicoanalisi in particolare. In altri termini, sospingere
un ossessivo rupofobico a praticare la sodomia o innestare un
riflesso auto-inibente nella condotta di un pedofilo, sono operazioni
che possono anche considerarsi come psicoterapeuticamente valide,
talora anche risolutive, che tuttavia non interferiscono minimamente
sulla struttura dell'Inconscio e, in particolar modo, sui processi
di rimozione. In entrambi i casi, nevrosi e perversione rimangono
il fulcro di un contenuto filogenetico che non ha avuto e non
avrà mai la possibilità di esplicitarsi in modo
diretto, ma solo nel camuffamento di un sogno o di una fantasia.
Detto questo, desidero ritornare ad Ines e presentare la mia
ipotesi elaborativa sul caso, ipotesi puramente teorica, non
essendo, come già detto, suffragata da un adeguato materiale
associativo; si tratta pur sempre di una speculazione basata
su alcuni dati clinici in mio possesso.
Secondo questa mia personale ipotesi, Ines sarebbe il prodotto
di una gravidanza particolarmente conflittuale, caratterizzata
da una violenta minaccia abortiva. Gli unici elementi che potrebbero
convalidare questa idea sono da un lato un'interruzione spontanea
di gravidanza, avvenuta alcuni anni prima della nascita di Ines,
e il fatto che l'analizzata stessa sia nata prematura, cioè
sottopeso. Tali fenomeni deporrebbero in favore di un'ipotesi
di gravidanza caratterizzata da possenti vissuti di rigetto,
a stento riequilibrati dai meccanismi di facilitazione ma, come
detto, tali dati in sé non sono probanti. Se questa ipotesi
risultasse valida, si potrebbe considerare con una certa ragionevolezza
un tale concatenamento di eventi: nell'incontro/scontro intra-uterino
delle linee ereditarie paterna e materna, viene a strutturarsi
un nucleo fobico, pronto ad attivarsi durante la fase fallica
dello sviluppo ontogenetico psicosessuale e quindi a sfociare
in età pre-puberale/puberale in una manifestazione organizzata,
come per esempio potrebbe essere l'ereutofobia. Tale nucleo
si trova tuttavia ad interagire con altri insiemi organizzati
meno evoluti, quali ad esempio quelli che reggono il manifestarsi
della nevrosi ossessiva a sfondo paranoide o della paranoia
stessa. Questi sotto-insiemi di tentativi, che sono gli stessi
che alimentano e sostengono la fissazione anale nell'ontogenesi
extra-uterina, sono iper-investiti durante la gravidanza e contribuiscono
massicciamente a destabilizzarla. L'incontro/scontro di tali
rappresentazioni e affetti inconsci provoca un forte aumento
nell'entropia del sistema, sforzando entrambi gli organismi,
quello ospite(materno) e l'innesto(feto) a un iperproduzione
di investimento allucinatorio difensivo, volto ad abbassare
il livello di tensione, riassorbendone in tal modo i picchi
di ipercriticità e permettendo così al processo
gravidico di non interrompersi. In altri termini, si instaura
un conflitto centrato sul trattenere/espellere di un feto vissuto
essenzialmente come contenuto fecale/pene incestuoso della madre/se
stessa. Si verrebbero a creare in tal modo delle sotto-strutture
commiste, (ad esempio un nucleo fobico e uno ossessivo paranoide)
che annullano reciprocamente i propri potenziali d'azione ed
impediscono la diseccitazione sintomatica propria della nevrosi
vera e propria. Delle organizzazioni ibride insomma, che non
possono che affidare ai meccanismi di allucinazione e coazione
a ripetere il compito della propria diseccitazione, seguendo
la dinamica che ho sopra illustrato. Secondo quest'ipotesi,
il border-line sarebbe una nevrosi strutturata non pervenuta
a maturazione o, secondo la gravità dei casi, una vera
e propria psicosi "incistata" dentro una struttura
nevrotica che ne impedisce l'esplosione (tranne nei casi di
bouffée deliranti).
Per tornare ad Ines, è possibile definire il caso come
una forma molto grave di nevrosi narcisistica a sfondo paranoide,
all'interno della quale la corrente di Disconoscimento feticistico
(diniego o forclusion) si manifesta con estrema virulenza nell'agire
coatto della ragazza. Agire che avrebbe in sè tutte le
caratteristiche dell'allucinazione, in quanto, nel momento in
cui Ines schiaffeggia il fidanzato l'identificazione all'aggressore/adescatore
é totale: Ines é il ragazzo e la mano che schiaffeggia
appartiene a un corpo femminile estraneo (la madre); analogamente,
quando scava la ferita sul volto, assume contemporaneamente
il ruolo attivo del violentatore, e il ruolo passivo della violata,
in un processo di scissione quasi totale che, se non fosse agito
muscolarmente, investirebbe il sistema percettivo globale, l'allucinazione
diventerebbe irreversibile con conseguente apparizione della
schizofrenia paranoica. Lo stesso fenomeno regola l'impossibilità
di abbandonare il letto materno, in quanto Ines ha preso completamente
il posto del padre morto e quindi non può esimersi dall'adottare
i comportamenti del marito della madre. Assistiamo quindi a
tutta una serie di eventi fenomenologici, il cui significato
non è difficile da decriptare, dato che costituiscono
una serie di movimenti circolari che tendono a riunire in un
unico atto sensorio-motorio lo sparpagliamento di differenti
realtà altrimenti non gestibili dall'apparato psichico,
e cioè: la diversità padre/madre, la diversità
pene/assenza di pene, la diversità madre/bambino ed infine,
la diversità placenta/embrione-feto. L'agire coatto annulla
qualsiasi sovra-eccitazione traumatica relativa ai momenti di
castrazione-separazione-nascita-minaccia abortiva, riconducendo
tutta l'esperienza all'interno di un unico vissuto a monade,
relativo allunità originaria e alla quiete pre-traumatica
intra-uterina. Il fallimento del diniego si innesta come tentativo
rebound della pulsione di vita, risucchiando l'allucinazione
primaria entro i confini del dispiacere e quindi della coazione
a ripetere
NOTE:
*
Questo scritto costituisce
un capitolo de: la pazienza di Giobbe in
corso di stesura. back
1
Palchetto: In molte zone dellItalia nord-occidentale designava
uno spazio ricoperto da un tendone adibito al ballo pubblico.
back
2
Cfr. a proposito: N.Peluffo: Micropsicoanalisi dei processi
di trasformazione. BookStore Ed., Torino, 1976. back