Il Farmaco "Ladro"?
ovvero: sugli aspetti
consolatori del pensiero delirante*
22 giugno 2001
*estratto dalla relazione
presentata al VI Congresso Nazionale della Lega Italiana Salute
Mentale Donna, Roma, aprile 2001
Farmaco ladro!
griderebbe Malena una grande maniacale così spesso ospite
del nostro reparto.
Non lo fa perché ha trasformato limprecazione in
lode al suo psichiatra di fiducia che continua a farle sospendere
le terapie farmacologiche: mi ha salvato dalla depressione!,
declama.
E ciò è vero! Sostituendo al farmaco quelle brevi
e fluttuanti presenze che alcuni chiamano in gergo psicoterapia,
la donna è stata salvata dal vuoto divoratore al quale
il paziente bipolare sfugge con la ricerca della maniacalità.
La sospensione della terapia farmacologica (e di qualsiasi altro
intervento) libera Malena da quellinsopprimibile tormento
del rapporto col vuoto: il senso dinutilità, la
distanza dal mondo; le riapre laccesso ai colori della
mania, alla pienezza di sentirsi lunica, la più
desiderabile, la più desiderante; la rende allanelito
continuo, teso a un appagamento peraltro irraggiungibile, lespone
ai rischi di chi non può valutare i limiti delle situazioni,
alla guida in stato di ubriachezza, agli incidenti, alla frequentazione
forsennata di emarginati, al ridicolo sul posto di lavoro, al
susseguirsi dei ricoveri. La respinge nella malattia.
Il prologo, deliberatamente paradossale, ma fedele ai dati clinici,
non vuole perdere di vista loggetto di questo scritto:
il disturbo del pensiero a contenuto delirante, individuato
fra gli altri della sfera psicopatologica, sia perché
comune a molte forme morbose, sia perché accompagnato
quasi sempre (e in particolare nelle fasi floride) a quel catastrofico
corollario della psicosi che è lincoscienza di
malattia.
Occorrerebbe soffermarsi un momento su questo fenomeno con il
quale conviviamo abitualmente e che determina gran parte delle
quotidiane attività dello psichiatra clinico.
Il fatto che il paziente (schizofrenico, tossicodipendente,
maniacale, alcolista, depresso grave, demente, oligofrenico,
caratteropatico) si trovi spesso a non avere coscienza di essere
malato, lo espone a situazioni di grave rischio, può
necessitare di cure obbligatorie stabilite per legge, invalida
molti trattamenti, anche se correttamente avviati.
Mentre salivo la scala, vedendo il ballatoio dellaltra
rampa, ho pensato che potevo arrivarci con un salto...no, le
droghe non centrano niente, voi dottori tirate sempre
fuori sta storia.
Quando sono fatta, sento il respiro della natura, sento
lanima della foresta, gli gnomi dei boschi...le droghe
sono sostanze naturali che luomo ha sempre usato, mi fanno
stare bene e posso lasciarle quando voglio.
Questo è materiale di due giovani tossicodipendenti ascoltati
in sedi diverse: il primo era in rianimazione, politraumatizzato
dopo aver fatto un volo di circa 5 metri e vivo per miracolo;
la seconda era in seduta, alla prima tranche di micropsicoanalisi
dopo che aveva interrotto gli studi e viaggiava sfiorando il
carcere per i suoi comportamenti sociopatici.
Potrei fare esempi di pensiero delirante con completa o parziale
incoscienza di malattia in ognuna delle patologie precedentemente
citate, ma sarebbe tediante;
sottolineo soltanto lo stretto rapporto fra il materiale e le
definizioni classiche di delirio:
- falsa credenza...insorta senza motivazione adeguata,
conservata malgrado le evidenze, non accettata dagli altri membri
della cultura o subcultura del soggetto (Hinsie-Campbell)
-Convinzioni erronee che di solito comportano uninterpretazione
non corretta di percezioni o esperienze (DSM IV)
-Opinione sostenuta e mantenuta dalle percezioni deliranti
e dalle intuizioni deliranti persistenti. Esso insiste
su uno stato danimo delirante, un campo di
preparazione che può essere sinistro, mentre
la percezione delirante può colmare di felicità
(Snheider).
La definizione micropsicoanalitica apre alla spiegazione dinamica
e alla possibilità dinterpretazione definendo il
delirio come una rottura con la realtà esterna in cui
lio e il Super-io sono agiti dal binomio es-inconscio.
Il delirio è inteso come manifestazione della
psicosi. In tal senso esso non sfugge alla funzione ben nota
in semeiotica: il sintoma è un segnale e non la malattia,
pertanto esso non va eliminato tout court, ma interpretato.
Esattamente come quando, nel corso del tirocinio di chirurgia,
si era diffidati dal sedare un dolore addominale prima di aver
fatto la diagnosi, se non si voleva rischiare di mandare in
peritonite unaffezione appendicolare.
Ma lo psicotico acuto può arrivare in un tale stato di
marasma somatopsichico da dover essere sedato: egli rifiuterà
le cure, non solo al primo approccio, ma ancor più ai
successivi, dopo aver provato leffetto della camicia
chimica. Occorreranno più giorni perché
si faccia spazio una relativa adesione alle cure ricevute e
la tendenza a rifiutarle sarà in agguato. Insomma, particolarmente,
se in assenza di interventi integrati, la sospensione delle
cure incombe e la ricaduta è un dato statistico rilevante:
colpisce il 10% a un mese dalla sospensione e il 50% a sei mesi.
Mi hanno portato qui che stavo bene, mi sentivo un leone
e ora non ce la faccio più a camminare! A queste
proteste di primo impatto, se la dimensione di ascolto ha luogo,
si aggiungono altre osservazioni: Prima di venire in ospedale
che stavo male, è vero, vedevo che tutti ce lavevano
con me, ma era anche bello: ero al centro dellattenzione,
un complotto internazionale era ordito per uccidermi...ero importantissimo.
Si avverte qui che il malato attraversa alcune fasi in cui si
sente privato del suo delirio che lo fa sentire importante,
al centro dellattenzione, depositario di messaggi intergalattici
o oggetto di un amore totale.
Il delirio, cioè, diventa un oggetto dinvestimento
e la relazione con esso viene erotizzata. Esso è anche
un oggetto che non delude perché, in quanto prodotto
del soggetto stesso, fatto a suo uso e consumo, si avvicina
il più possibile alle esigenze delles.
Voglio subito precisare che non intendo sostenere la difesa
di un disturbo tanto grave, invalidante e potenzialmente pericoloso
per lincolumità individuale; ritengo tuttavia che,
data la sua funzione di segnale, bisogna guardare piuttosto
al reale pericolo, a quello stato danimo delirante
che può essere sinistro (vedi citazione precedente di
Snheider) che costituisce il brodo di coltura del delirio propriamente
detto, quello che può colmare di felicità
(aut. cit.).
Mi esprimo con quello che ascolto riportando fedelmente materiale
di una persona seguita in ambito istituzionale in un arco di
tempo decisamente lungo (12 anni):
Quando stavo male, quando entravo di notte in alberghi
sconosciuti e gridavo che lilluminazione della collina
di fronte mi mandava messaggi illuminanti, che i responsabili
dellazienda emanavano onde elettromagnetiche che mi possedevano
virtualmente... certo che stavo meglio... sì, quando
mi metto a pensare, quei pensieri mi fanno compagnia, mi spiegano
le cose...Sto meglio quando sto peggio...La follia è
quando uno fa cose di cui è veramente convinto...Ora
rifletto sulla mia vita: non ho un lavoro, non ho un compagno,
i figli sono cresciuti lontano da me... che sarà quando
moriranno i miei genitori?...
Sono delle amare considerazioni di realtà, traccia del
malessere che, quindici anni prima, aveva caratterizzato la
fase prodromica.
Da qualche mese la stessa persona è entrata in terapia
con antipsicotici cosiddetti atipici abbandonando con fatica
la vecchia cura, ma intensificando i colloqui di supporto.
Rispetto ai neurolettici incisivi, ad azione prevalentemente
antidopaminergica sui recettori nigrostriatali, le molecole
di nuovo impiego sono più selettive per quelli mesolimbici
e questo permette una minor incidenza di effetti collaterali
sgradevoli, già essi stessi occasione di scarsa adesione
ai protocolli.
Limpiego degli antipsicotici atipici, più modulanti
e più attivi anche sui recettori della serotonina e sulle
interazioni fra i due ceppi recettoriali, determina, in alcuni
casi, anche un cambiamento del materiale di seduta, un suo arricchimento
potenzialmente utile alle elaborazioni successive.
Il caso di pocanzi dichiara di essere cambiato: sa,
io me ne accorgo, ma se ne accorgono anche a casa che sono più
attiva e reattiva...non faccio mica la matta!... qualche volta
mi è capitato di contraddire le affermazioni degli altri...prima
non avevo pareri, cioè i miei pareri erano troppo distanti
e non mi interessavano...ho un po' ritrovato me stessa prima
della malattia. Ho quasi paura a dirlo...
Così parla la donna, che io ho ascoltato per qualche
centinaio di ore. Lascolto odierno mi fa fantasticare
sulla guarigione, concetto ben distante dalle malattie croniche,
ma questo caso, come anche qualche altro, sembra molto vicino
a una stabilizzazione di benessere.
Da queste esperienze si può considerare che lo psicotico
esprime, con il delirio, il tentativo di ristabilire un ponte
sul baratro fra sé e la realtà. Demolire chimicamente
questo presidio senza offrire unampia dimensione
di ascolto ed elaborazione è una perdita che respinge
il tentativo indietro, verso il recupero del sintoma. E
quello che fanno i tossicodipendenti che abusano di sostanze
dopaminergiche (vedi cocaina): ogni volta si avvicinano al delirio
per stare bene e qualche volta possono strutturare una patologia
virtualmente sovrapponibile alla schizofrenia paranoide.
Quelli che si sono giovati di un intervento così integrato
e dellimpiego di molecole meno incisive e più modulanti
aderiscono meglio al trattamento ed evitano le ricadute: sembrano,
insomma, essere candidati ai migliori risultati terapeutici.
© Gioia Marzi