Gli orologi della vita
1 novembre 2000
La qualità e la
quantità del sonno, che da solo rappresenta circa un
terzo della nostra vita, appare oggi modificata rispetto a quanto
avveniva in passato, ove vigevano abitudini e stili di vita
più vicini al naturale svolgimento delle nostre attività
quotidiane. Pochi decenni sono stati sufficienti per stravolgere
quel delicato orologio interno formatosi in milioni di anni
di evoluzione attraverso la registrazione sensoriale degli stimoli
ambientali come la presenza o l'assenza di luce o l'alternarsi
delle stagioni. Vale la pena allora di soffermarci su quanto
emerge da recenti ricerche condotte su tali meccanismi di regolazione
chiamati appunto ritmi circadiani. La definizione dei
meccanismi di funzionamento degli orologi interni è oggi
una questione centrale nel campo della biologia circadiana.
Verso gli inizi degli anni '70 venne messo in evidenza il ruolo
centrale ricoperto da un'area dell'ipotalamo: il nucleo soprachiasmatico
(NSC) dei mammiferi, una manciata di 10 mila cellule cerebrali
che hanno il compito di sincronizzare il sistema circadiano
dei mammiferi con il ciclo esterno luce-buio attraverso una
via diretta retino-ipotalamica. La luce funge da Zeitgeber ("indicatore
del tempo") e cioè da stimolo che sincronizza un
ritmo endogeno con l'orologio circadiano. Le ricerche attualmente
condotte da S.Reppert, del Laboratory of development chronobiology
dell'Università di Harvard (http://www.reu.mgh.harvard.edu/profile/reppert.htm),
si sviluppano su diverse linee utilizzando sia approcci in vitro
che rilevazioni dal vivo per studiare le modalità di
trasmissione dei segnali in partenza dal NSC.
Un' ipotesi è che nei mammiferi il NSC cominci a funzionare
già a livello della vita fetale. Esiste infatti un sistema
unidirezionale di comunicazione tra gli orologi biologici della
madre e del feto. Appena un orologio biologico comincia ad oscillare
nel NSC del feto, segnali circadiani ridondanti di provenienza
materna, sincronizzano l'orologio fetale alla fase prevalente
del ciclo luce-oscurità. Tali segnali vengono trasmessi
tramite meccanismi cellulari e molecolari per mezzo di recettori
proteici (la proteina G) che mediano l'attività della
melatonina e della dopamina. Studi recenti hanno infatti rilevato
la presenza di un sistema dopamminergico attivabile all'interno
dell' ipotalamo fetale che potrebbe servire da percorso finale
comune mediante il quale i segnali materni sincronizzano il
feto. Una seconda linea di ricerca prende in esame le proprietà
oscillatorie del NSC in sviluppo mediante la registrazione tramite
microelettrodi dell'attività elettrica dei neuroni in
coltura. I ricercatori hanno rilevato la presenza di raffiche
di scarica dei neuroni della durata di parecchie settimane,
con oscillazioni circadiane piuttosto ampie da parte delle singole
unità che, da notare, rivelano ritmi di fase e lunghezze
di ciclo differenti, nonostante la presenza abbondante di sinapsi
funzionali. I risultati mostrano che il periodo circadiano è
costituito dalla risultante finale della media dell'attività
elettrica dei singoli neuroni. Secondo Reppert quindi: "Questi
dati forniscono la più forte evidenza per stabilire che
il NSC è composto da oscillatori circadiani multipli
(cellule-clock). Il NSC, pertanto, fornisce un'opportunità
unica per studiare un aspetto pervasivo della fisiologia e del
comportamento dei mammiferi a livello della singola cellula."
Una terza linea di studi è diretta verso la biologia
molecolare dei recettori per la melatonina fino al punto di
determinare quali siano gli effetti biologici di tale ormone
e da quali recettori questi siano mediati. E' stata individuata
un'intera famiglia di recettori della proteina G per la melatonina,
in particolare i sottotipi Mel1a e Mel1b (due dei recettori
clonati) che appaiono coinvolti nella mediazione di effetti
biologici all'interno del nucleo soprachiasmatico dei mammiferi.
I dati emersi indicano che il sottotipo Mel1a è necessario
per un'azione di tipo inibitorio della melatonina, mentre l'espressione
del secondo recettore Mel1b (nella retina e nel cervello) genera
spostamenti di fase dell'orologio circadiano. In altre parole
quello che è stato messo in luce è stato un complesso
meccanismo a feedback in cui alcune proteine nucleari, le CLOCK-BMAL1,
una volta attivate, avviano un processo di accensione di geni
responsabili della produzione di altre proteine con la conseguente
accumulazione a livello citoplasmatico fino ad un livello tale
da far scattare il feedback negativo sulle CLOCK-BMAL1. Si verifica
dunque un arresto della sintesi proteica, seguito da una diminuzione
di concentrazione nel citoplasmatica delle proteine prodotte:
venendo a mancare l'effetto inibitorio esercitato da queste
ultime, si ritorna alla fase iniziale del ciclo che dura esattamente
24 ore, la durata di un ciclo sonno-veglia.
© Alessandro Mura