Darwin e l’EVO-DEVO
10 dicembre 2006
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Immagino cosa direbbe oggi Charles Darwin scoprendo che la sua teoria tuttora divide e che, al contrario, ancora sopravvive, ed ha sempre più sostenitori, la tesi del creazionismo o del “disegno intelligente”.
In barba alla teoria darwiniana e a tutte le prove della sua validità, i sostenitori del disegno intelligente affermano che la vita sia così complessa da non poter essere spiegata dall’azione casuale della selezione naturale e che quindi essa possa essere stata diretta solo da un creatore. Al di là del proprio credo religioso (e precisando che Darwin era un credente convinto), è comunque difficile negare l’esistenza dell’evoluzione e della selezione naturale. E dire che le prove le abbiamo sotto gli occhi, o meglio sotto i piedi, dato che i fossili che spesso calpestiamo inconsapevolmente, sono una delle evidenze più chiare di come abbia “lavorato” l’evoluzione. Si è arrivati addirittura a pretendere che nelle scuole gli insegnanti affermino che la teoria di Darwin sia solo una teoria, ed una teoria non è un fatto. Tuttavia nell’ambito scientifico un’idea può costituire una teoria e rappresentare un fatto allo stesso tempo.
Stehen J. Gould ha chiarito questo concetto diversi anni fa:
“L’evoluzione è una teoria. Ma è anche un fatto. E fatti e teorie sono cose ben diverse. I fatti sono i dati del mondo. Le teorie sono strutture concettuali, di idee, che spiegano e interpretano i fatti. Ed i fatti non si dissolvono quando gli scienziati dibattono teorie che rivaleggiano nello spiegarli. La teoria della gravitazione di Einstein ha sostituito quella di Newton, ma non per questo le mele si sono sospese per l’aria, sono sempre attaccate ai rami dell’albero. Fatto non significa certezza assoluta. Le prove finali della logica e della matematica discendono deduttivamente da prestabilite condizioni e acquistano certezza solo poiché non si riferiscono al mondo dei dati empirici. Gli evoluzionisti non hanno mai preteso di aver raggiunto verità con validità perpetua; al contrario i creazionisti regolarmente fanno ciò e poi falsamente attaccano gli evoluzionisti di impiegare questo stile di argomentazione che essi stessi favoriscono. Nell’ambito scientifico fatti può solo significare conferme ad un grado di certezza che sarebbe perverso rifiutare di concedere loro un provvisorio consenso….Gli evoluzionisti hanno sempre ammesso di sapere quanto siamo lontani da una completa conoscenza dei meccanismi (la teoria) attraverso i quali l’evoluzione (il fatto) occorre. Darwin ha sempre sottolineato la differenza tra questi due aspetti: da un lato stabilire il fatto evolutivo e dall’ altro il proporre una teoria, la selezione naturale, per spiegare il meccanismo dell’evoluzione.”
L’evoluzione si basa sulla selezione naturale che procede tramite un meccanismo semplicissimo ma allo stesso tempo elegante… va per tentativi; se il cambiamento applicato comporta un vantaggio, allora l’individuo che ne è portatore sopravvive (cioè viene selezionato positivamente) e lo trasmette alla sua discendenza; in caso contrario soccombe e il cambiamento non viene ereditato. Per Darwin i caratteri si ereditano indipendentemente dall’ambiente, che non causa la loro comparsa, ma si limita a selezionarli.
L’acronimo EVO-DEVO sta per biologia evolutiva dello sviluppo (evolutionary developmental biology). Questa nuova disciplina unisce due approcci sperimentali, la biologia evolutiva e quella dello sviluppo. Per l’EVO-DEVO, gli studi più rilevanti sono stati quelli compiuti sui polimorfismi dell’identità segmentale in Drosophila melanogaster, la variazione intraspecifica del numero di segmenti in alcuni artropodi, i patterns di pigmentazione delle ali e degli occhi delle farfalle e lo sviluppo degli occhi.
Tramite i fossili possiamo avere informazioni su come sia cambiata e si sia evoluta la vita sulla terra nel corso del tempo, ma è solo attraverso lo studio di come i geni funzionano durante lo sviluppo di un organismo che si può capire in che maniera si originino cambiamenti nel disegno animale. Laddove il fenotipo rappresenta le caratteristiche fisiche organizzative e comportamentali di un organismo durante il suo ciclo vitale, il genotipo rende conto dei fattori ereditari che regolano la produzione di molecole che, interagendo con gli stimoli ambientali, generano e mantengono il fenotipo. Tutti quei processi che legano il genotipo al fenotipo sono noti come sviluppo.
E’ chiaro che una teoria evolutiva esaustiva debba considerare, oltre alle forze esterne che agiscono nel plasmare il fenotipo (le forze ambientali), anche quelle interne che producano sue variazioni (forze genomiche). Gli studi di genomica hanno permesso di comprendere che i genomi sono ridondanti, modulari e soggetti a rimaneggiamento (turnover genomico) nella loro composizione e organizzazione. Questa sorta di plasticità del genoma è dovuta a fenomeni come la trasposizione, la conversione genica e il crossing over ineguale. Occorre quindi capire come si origina e si riproduca uno specifico fenotipo a partire da uno specifico assortimento di geni ereditati. Poiché si è visto che nel corso dell’evoluzione i cambiamenti morfologici e le divergenze biologiche sono accompagnate da un alto grado di conservazione dei moduli genetici che li determinano, si evince che le risposte alle richieste evolutive sono da ricercare nei meccanismi atti a regolare l’espressione genica e la composizione del genoma. I geni sono straordinariamente stabili anche se si considerano specie diverse per milioni di anni. Un esempio su tutti è quello del gruppo dei geni Hox.
I geni di questa classe fungono da interruttori generali che attivano gruppi di altri geni responsabili dello sviluppo di regioni distinte del corpo di un animale. Tutte le specie hanno ereditato i geni Hox da un antenato comune; essi hanno una disposizione temporalmente e spazialmente correlata, nel senso che i geni disposti anteriormente lungo un cromosoma sono anche quelli che verranno attivati prima. Questo tipo di disposizione vale partendo dalla Drosophila fino ad arrivare all’ uomo; la differenza sta nel fatto che nella linea mammaliana questi geni appaiono duplicati.
La genomica comparata ci ha permesso di capire che esiste una grande conservazione di intere famiglie geniche piuttosto che geni diversi tra i diversi organismi come inizialmente si pensava che fosse. La diversità tra gli organismi è quindi regolata non tanto da geni diversi, quanto dalla loro diversa espressione. La serie basica di geni è praticamente la stessa per la gran parte del mondi animale, quello che cambia è la sua regolazione.
Si comprende da qui l’importanza di conoscere la composizione ed il significato funzionale di quella parte del DNA che appare essere non funzionale, il DNA selfish (definito anche DNA spazzatura), costituito per la gran parte da DNA ripetitivo, e di studiare i fattori che ad esso si legano nel modulare questa capacità di regolazione. La gran parte delle sequenze di DNA di un genoma sono ridondanti. Ridondanza in genetica ha due significati: esistere in più copie o essere inutile nello specificare una funzione. I due significati non sono sinonimi ed una sequenza di DNA che sia presente in copie multiple può costituire una famiglia multigenica funzionale.
Mentre il Darwinismo spiega abbastanza chiaramente come evolve ciò che già esiste, trova invece difficoltà nello spiegare come si originino e si affermino le novità genomiche che determinano in seguito quelle fenotipiche. Sono proprio queste novità che poi determinano i cambiamenti nello sviluppo e nell’acquisizione delle varie forme animali. E’ proprio in questa nuova prospettiva che si inserisce l’EVO-DEVO. L’elemento capace di collegare il livello molecolare (il genoma) a quello extra-nucleo (l’ambiente, il livello sovracellulare) è proprio il DNA ripetitivo. Theodor Dobzhansky dice che “Niente in biologia ha un senso se non nella prospettiva evolutiva”; P. B. Medawar, premio Nobel per la medicina nel 1960 aggiunge che “per un biologo l’alternativa a non pensare in termini evolutivi è non pensare del tutto”.
Alla luce dei progressi attualmente fatti, Dover (2000) ha sintetizzato i due assunti in “niente in evoluzione ha senso se non nella prospettiva della biologia dello sviluppo e dello studio del genoma”. Direi che “nonno” Darwin abbia fatto un bel lavoro: aspettando i festeggiamenti per il bicentenario della sua nascita, siamo sulla buona strada per capire da dove arriviamo.
© Maria Cristina Onorati
Fonti:
Gould S. J., “La struttura della teoria dell’evoluzione”, Codice Edizioni, Torino, 2003
Gould S. J., “Evolution as fact and theory”, Discover, maggio 2001