Quando mi capita di dire a qualcuno che uno degli
organismi modello più utilizzati in laboratorio è la Drosophila melanogaster, la gran parte delle persone assume
un’espressione perplessa, che subito si trasforma in meraviglia e curiosità
quando dico che Drosophila altro non
è che il moscerino della frutta (o moscerino dell’aceto), quel piccolo
insettino che svolazza intorno alla frutta marcescente.
Drosophila in greco vuol dire “amante
della rugiada”; è un insetto dell’ordine dei Diptera, lo stesso di cui fanno
parte anche mosche, zanzare e tafani. Sin dagli anni ’30, questo insetto è
stato ampiamente utilizzato in moltissimi laboratori di ricerca e nel secolo
scorso ben tre premi Nobel sono stati assegnati a ricercatori che hanno utilizzato
la Drosophila come organismo modello
nei loro studi di genetica. Esistono diverse specie di Drosophila; nella gran parte dei laboratori la specie più
utilizzata è la melanogaster.
Cos’è un organismo modello e perché viene usato
nella ricerca? In genere, un modello sperimentale è un sistema semplice e di
facile utilizzo; nella scelta di organismi viventi da utilizzare come modelli
sperimentali esistono criteri generici che portano alla scelta di un modello
più di un altro; in generale devono avere però caratteristiche comuni come lo
sviluppo rapido ed un breve ciclo vitale, le ridotte dimensioni, la facile
reperibilità e la facile manipolazione.
Il corpo di Drosophila è diviso in tre parti: il capo, il tronco e l’addome. Le femmine e i maschi
presentano dimorfismo sessuale; la femmina ha un addome appuntito che si
ingrossa al momento di deporre le uova e che si “svuota” dopo la deposizione;
il maschio solitamente è più piccolo, ha la parte distale dell’addome più
arrotondata e scura (foto in basso, maschio a sinistra e femmina a destra).
Queste
caratteristiche , quando gli individui sono vergini, non sono facilmente
riconoscibili. Drosophila è un
insetto olometabolo che quindi va incontro a metamorfosi completa: abbiamo un
embrione, tre stadi larvali, una pupa e poi la schiusa dell’insetto adulto. Il
ciclo può essere modificato con la temperatura.
Perché la Drosophila è così utilizzata per la ricerca
genetica? I motivi sono molteplici:
- È
un organismo di piccole dimensioni molto facile da allevare in laboratorio
con costi contenuti
- Ha
un ciclo vitale molto breve (circa 15 giorni) ed una produttività elevata
(ogni singola femmina può arrivare a deporre fino a 600 uova in 10
giorni); questo permette di seguire lo sviluppo di diverse generazioni in
breve tempo e quindi la possibilità di condurre esperimenti che sarebbero
impensabili con organismi con cicli vitali più lunghi
- Ha
4 paia di cromosomi, 3 autosomi e 1 sessuale
- Nelle
ghiandole salivari delle larve mature si possono osservare i cromosomi
politenici; nei ditteri, per far fronte alla necessità di avere un’intensa
produzione proteica, i cromosomi replicano più volte il materiale genetico
senza dare origine a cromatidi distinti; in questo modo il cromosoma si
allunga e si ispessisce formando dei cromosomi giganti detti appunto
cromosomi politenici, uniti tra di loro al cromocentro (immagine
sottostante a sinistra)
- I
maschi non mostrano ricombinazioni genetiche: il cromosoma Y (che
determina la fertilità)
essendo completamente eterocromatico, non può
ricombinare, facilitando così gli studi
- Il
genoma di Drosophila è stato
sequenziato in maniera completa nel 1998; è constituito da 165 milioni di
coppie di basi per un totale di 14000 geni
- Nella
specie sono molto frequenti mutazioni genetiche (spontanee o indotte) che
sono visibili grazie a cambiamenti nell’aspetto (fenotipo)
- Esistono
informazioni dettagliatissime sulla gran parte degli aspetti della sua
biologia (ogni informazioni è disponibile in rete al sito http://flybase.bio.indiana.edu ),
oltre a raccolte di mutanti e di ceppi con particolari caratteristiche
(stocks); in genere, quando un ricercatore vuole studiare la funzione di
un gene, per prima cosa crea una mutazione nel gene d’interesse e
successivamente ne analizza le caratteristiche negli individui mutanti; a
seconda della mutazione,
l’effetto può essere studiato a livello molecolare o cellulare o anche con
l’osservazione diretta al microscopio. E’ possibile richiedere
gratuitamente stocks mutanti di ogni gene del moscerino presso alcuni
centri specializzati come ad esempio il Bloomington Drosophila Stock
Center in Indiana.
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Se tutto ciò non fosse sufficiente, si può
aggiungere che particolari classi di geni della Drosophila (i geni omeotici) hanno un’elevata omologia con quelli
umani, e questo permette di osservare il comportamento dei suddetti geni nel
moscerino, capirne le funzioni ed il comportamento e quindi analizzare gli
stessi a livello superiore. Per questo motivo, molte malattie umane a base
genetica si possono studiare nel moscerino della frutta; la Drosophila è usata come modello
sperimentale anche per malattie come il morbo di Parkinson, la corea di
Hungtington e il morbo di Alzheimer.
Lavorare
con un organismo come la Drosophila facilita moltissimo un lavoro che su organismi superiori sarebbe impensabile.
Con le sue molteplici caratteristiche il moscerino della frutta da un
contributo formidabile alla ricerca e continuerà a farlo ancora nei prossimi
anni. Forse ora ci penseremo due volte prima di scacciare i moscerini dalla
nostra frutta.