Per definizione la Biomimetica è “lo studio consapevole dei processi biologici e biomeccanici della natura, come fonte di ispirazione per il miglioramento delle attività e tecnologie umane. La natura viene vista come Modello, Misura e come Guida della progettazione degli artefatti tecnici.”
L’uomo da sempre cerca di sfruttare a suo favore gli straordinari meccanismi messi in atto dalla natura per garantire l’evoluzione di tutte le specie animali e vegetali; dato che l’evoluzione garantisce che il design natura funziona, perché non sfruttarne i principi per creare sistemi funzionalmente vantaggiosi o che abbiano applicazioni utili nel quotidiano?
La nascita della biomimetica si può “datare” al 1948, quando il chimico svizzero George de Mestral inventò il velcro: accorgendosi che i pallini spinosi di nappole che si attaccavano ai suoi pantaloni e al pelo del suo cane terminavano con dei piccoli gancetti, pensò di sfruttare lo stesso sistema e nacque così il sistema di aggancio ad uncino che ha trovato moltissime applicazioni nella vita quotidiana, dalle chiusure lampo, alle tute spaziali e agli stivali progettati dalla NASA per i suoi astronauti.
Il velcro è uno solo dei prodotti biomimetici che hanno trovato applicazioni a livello industriale; basti pensare al Lotusan, la vernice nata dagli studi del Botanico Barthlott sulla foglia del loto: la foglia di loto ha una superficie autopulente e idrorepellente, grazie a delle micro e nanostrutture oleose che in unione con l’acqua, formano delle gocce che rotolando eliminano la polvere. Questa vernice è impermeabile e resistente alle macchie e soprattutto autopulente e quindi estremamente utile per rivestimenti esterni.
C’è poi il tessuto del nuovo costume Fastskin Speedo, messo a punto osservando la struttura della pelle di squalo, la creatura acquatica più veloce esistente sulla terra. La pelle di squalo è formata da squame dette “denticles” o dentelli dermici, che grazie alla loro forma, struttura e disposizione, riducono la resistenza dell’acqua, consentendone un fluire più rapido e quindi una maggiore velocità.
La Mercedes, per la sua concept car Bionic si è invece ispirata al pesce scatola, un pesce tropicale che grazie allo scarso attrito datogli dai bordi della sua corazza simili ad una cinghia, è in grado di percorrere in un secondo sei volte la sua lunghezza. Ispirandosi a questa linea, la Bionic può percorrere 30 Km con un solo litro di benzina. Passando dallo studio delle protuberanze sui bordi della coda delle balene per creare pale di turbine eoliche più efficienti e silenziose, a quello del diavolo spinoso, un piccolo rettile del deserto australiano, capace di convogliare l’acqua dal piede alla bocca attraverso scanalature tra una scaglia e l’altra, se ci guardassimo intorno troveremmo ispirazione per centinaia di sistemi biomimetici. Tra tutti, i sistemi più affascinanti che si sta cercando di riprodurre sono due: la capacità di aderenze (e agilità) del geco e il volo della mosca. Sono stati messi a punto 2 robot che tentano di imitare queste capacità ma siamo ancora lontani dal raggiungere un risultato ottimale.
Stickybot (sticky = appicicoso + bot = robot), il prototipo messo a punto dall’università di Stanford dal laboratorio del ricercatore Mark Cutkosky, benché sia in grado di camminare su superfici verticali e plastica e su piastrelle di maiolica, non ha quasi nulla dell’agilità e della velocità del suo modello biologico. Malgrado le apparenze, le zampe del geco non sono affatto appiccicose; sono asciutte e lisce al tocco: sui polpastrelli si trovano due miliardi di filamenti per cm2 , spessi circa cento nanometri ciascuno e che terminano in una struttura a spatola.
Le incredibili capacità adesive del geco sono dovute a questo sistema: queste strutture infinitamente piccole, interagiscono a livello molecolare con la superficie su cui cammina il geco generando l’interazione generata dai dipoli indotti delle molecole: tale forza detta di Van der Wals, benché debole a livello di singola interazione, moltiplicata miliardi di volte genera l’effetto finale che permette al geco di camminare a testa in giù su qualsiasi superfice e alla velocità incredibile di un metro al secondo. In un futuro prossimo Stickybot, superando i suoi limiti, potrebbe essere impiegato in operazioni di soccorso.
L’altro prototipo, l’MFI (micromechanical flying insect, “insetto micromeccanico volante”) nasce dall’impegno e dall’ingegno di un professore di ingegneria elettrica dell’università di Berkley, Ronald Fearing. Di fronte ai problemi derivanti dal farsi costruire un prototipo piccolo e infinitamente leggero, Fearing ha fatto tutto da sé: grazie all’assemblaggio di minuscoli componenti, attualmente il suo MFI è in grado di riprodurre il battito d’ali del moscone ma non di effettuare un volo libero; il ricercatore conta di raggiungere questo obbiettivo nell’arco di 2-3 anni; in futuro, una mosca robotica di questo tipo potrebbe essere impiegata in operazioni di sorveglianza o di ricerca e salvataggio.
I tempi molto lunghi di ricerca, la difficoltà di trovare applicazioni realmente pratiche per sistemi di questo tipo e soprattutto l’enorme complessità di quello che la natura ha assemblato nel corso di milioni anni di evoluzione, sono la spiegazione al fatto che la biomimetica non si sia ancora sviluppata al meglio delle sue potenzialità.
Alcuni meccanismi naturali, nella loro apparente semplicità ed estrema eleganza, sono in realtà enormemente complessi, dei veri e propri rompicapi. Se ci soffermassimo però sui milioni di tentativi a caso fatti dalla natura per raggiungere il risultato ottimale in determinate condizioni, potremmo capire perché alcuni di questi meravigliosi rompicapi naturali, potrebbero restare sempre tali.
“Look deep, deep into nature, and then you will understand everything better”
“Osserva in profondità, nel profondo della natura e allora comprenderai meglio ogni cosa”
Albert Einstein
Fonti:
Wikipedia
National Geographic