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I Neuroni Specchio
parte seconda
27 maggio 2008
La scoperta del sistema specchio, nel campo della neurofisiologia, ha
permesso di sottoporre a verifica sperimentale la capacità di comprensione
delle intenzioni degli altri. Come mai questa scoperta è considerata molto importante
dalla comunità scientifica internazionale?
Secondo Rizzolatti si tratta di un cambiamento riguardante la
“concezione del sistema motorio che per decenni attribuiva alle aree motorie
della corteccia cerebrale un ruolo puramente esecutivo: tradurre in movimenti
le informazioni che il nostro cervello elabora, integrando gli stimoli
sensoriali e le rappresentazioni mentali” 1 . Alla luce delle
ricerche condotto sul sistema dei neuroni specchio, l’intero sistema motorio ha
subìto una trasformazione dal punto di vista concettuale, passando da
un’immagine molto semplificata ad una di maggiore
complessità, in cui prevale una divisione meno netta delle aree cerebrali
frontali e parietali, fino a formare un vero e proprio mosaico.
Le
intenzioni degli altri
La comprensione delle azioni compiute dagli altri è il meccanismo su
cui si basa buona parte della nostra vita sociale. Alla base della nostra capacità di comprendere le azioni
degli altri c’è la cosiddetta “teoria della mente”, ovvero la capacità di inferire gli stati mentali altrui 2 . Grazie a questa
capacità metarappresentazionale, il comportamento degli altri acquisisce
significato, dotando l’osservatore dell’abilità di “leggere” la mente altrui.
Se nel passato, in riferimento agli esperimenti sulle
scimmie, si era portati a sottolineare l’aspetto imitativo dell’azione, oggi
invece si tende ad evidenziare che i neuroni specchio riflettono un’attività
potenziale già presente nel repertorio motorio della scimmia, meccanismo che
permette la comprensione del significato degli eventi osservati. Inoltre, il
riconoscimento del significato delle azioni non richiede necessariamente un
ragionamento, ma si basa su una combinazione di atti percettivi e motori. Più
recentemente, la capacità di comprensione delle azioni, dovuta ai neuroni
specchio, è stata estesa anche alla possibilità di inferire le intenzioni degli
altri. Nel cervello della scimmia ad esempio, mentre questa osserva lo
sperimentatore, si assiste all’attivazione di una serie di concatenazioni
motorie ritenute capaci di effettuare previsioni e
anticipazioni circa l’esito dell’azione osservata.
I ricercatori, quindi, ipotizzando la presenza di un analogo meccanismo
anche nell’uomo, effettuano una lunga serie di studi e
ricerche in campo elettrofisiologico utilizzando metodi di visualizzazione
dell’attività cerebrale quali la risonanza magnetica funzionale. Con la scoperta
dei neuroni specchio anche nell’uomo, tuttavia, emerge una maggiore ricchezza e
complessità di funzioni rispetto a quanto avviene nella scimmia. Oltre alla
capacità di comprendere le azioni e le intenzioni, il sistema dei neuroni
specchio è responsabile anche di processi imitativi quali la replica
intenzionale delle azioni osservate oppure l’apprendimento di nuove azioni.
Come specifica G. Rizzolatti: “l’attivazione di questi
neuroni permette la comprensione immediata del significato intenzionale delle azioni degli altri senza la necessità di
ogni esplicita o deliberata mentalizzazione” 3 . Questo nuovo modello
concettuale non pone più delle rigide barriere tra le differenti funzioni quali
la percezione, l’azione e la cognizione, ma suggerisce che solo grazie ad un
approccio motorio all’intenzionalità è possibile una comprensione globale di
tali meccanismi. La capacità di riconoscere immediatamente il significato
intenzionale di un atto motorio ci rende in grado di spiegare le azioni degli
altri in termini di credenze o desideri. Parimenti non potremmo spiegare il
comportamento altrui in termini di intenzioni, e immaginare le conseguenze, se non
fossimo in possesso delle conoscenze motorie che regolano le rappresentazioni
coinvolte sia nelle azioni esecutive sia in quelle comprensive. Più
semplicemente, le azioni compiute da una persona - singolo atto o
concatenazione di atti motori – acquistano per noi un significato, che lo si
voglia o meno, e a prescindere da ciò che la persona in questione ha in mente.
Il discorso è valido anche in senso opposto: volenti o nolenti, le nostre
azioni possiedono un significato immediato per coloro che ci osservano.
Emozioni
in comune
Oltre alle azioni e alle intenzioni, altri importanti fattori, quali ad
esempio le emozioni, ci mettono in relazione con gli altri. L’empatia è quel
meccanismo capace di mettere la nostra mente in risonanza con quella altrui grazie
alla presenza di alcuni specifici sistemi di neuroni specchio, capaci di interessare
determinate emozioni primarie quali il disgusto o il dolore. Numerosi studi
effettuati in anni recenti hanno permesso di specificare alcune regioni
cerebrali che mostrano un forte coinvolgimento nelle reazioni di disgusto a
stimoli gustativi e olfattivi, assegnando un ruolo chiave all’area corticale
chiamata insula. Wicker e collaboratori hanno dimostrato che se vediamo una persona mentre produce una
smorfia causata dal disgusto per una sostanza sgradevole, siamo colpiti dalla
stessa sensazione. Questo fenomeno è reso possibile grazie all’attivazione delle
stesse aree cerebrali utilizzate quando proviamo in prima persona quella emozione 4 . Recentemente è stato scoperto
che l’insula è coinvolta nella ricezione sia dei segnali chimici esterni, come
l’olfatto e il gusto, sia in quelli che si riferiscono
agli stati corporei interni. La porzione anteriore dell’insula, in particolare,
è indicata quale centro di integrazione delle
afferenze viscero-motorie. Nell’esperimento di Wicker e colleghi i soggetti vengono prima sottoposti a stimolazioni olfattive, sia disgustose che piacevoli; nella
seconda parte invece le stimolazioni sono di tipo visivo, con scene riguardanti
persone nell’atto di annusare differenti sostanze sia maleodoranti che
piacevoli o neutre. I risultati della ricerca indicano che in alcune aree lo
stimolo olfattivo produce una risposta emotiva e che tali zone coincidono con
quelle reclutate anche dallo stimolo visivo. Grazie a questo meccanismo i
soggetti dell’esperimento sono immediatamente in grado di riconoscere, tra le
facce viste nei filmati, le espressioni di disgusto.
Simulazione
incarnata
La condivisione delle azioni, delle intenzioni, delle emozioni degli
altri è resa possibile grazie alla condivisione dei meccanismi neurali di base.
Questa forma di comprensione, che avviene in forma diretta, senza mediazioni, senza
consapevolezza e in modo automatico, viene definita da
V. Gallese – neurofisiologo dell’Università di Parma - “simulazione
incarnata”. L’ipotesi proposta dall’autore considera questo meccanismo di
simulazione la base comune per le relazioni sociali. A differenza della Teoria
della mente, le rappresentazioni non sono sempre necessarie, mentre
invece le esperienze reali vengono simulate quasi automaticamente
mediante reazioni corporee. Questo meccanismo è reso possibile, dal punto di
vista della neurofisiologia, grazie all’azione del sistema dei neuroni
specchio. Nell’affrontare i correlati neurali della
cognizione sociale 5 , l’autore pone l’accento sulla necessità
di un’attenta valutazione per quanto concerne determinate ipotesi pronte a
creare nuovi moduli cerebrali dedicati in modo specifico alla “lettura della
mente” o ad altre abilità sociali di tipo cognitivo, come spesso avviene a
livello della cosiddetta “psicologia ingenua” (o psicologia del senso comune).
Il tentativo di scoprire i meccanismi della cognizione sociale mediante la
localizzazione delle intenzioni, credenze e desideri, non è, secondo Gallese,
la strategia migliore. Quanto invece emerge dalla ricerca suggerisce che nel
cervello dei primati, il sistema premotorio in generale, e in modo particolare
il sistema dei neuroni specchio, costituisca la base di diversi aspetti
cognitivi delle relazioni sociali: la comprensione delle azioni, delle
intenzioni, fino ai meccanismi di elaborazione del linguaggio.
© Alessandro Mura
Riferimenti bibliografici:
Rizzolatti G, Sinigaglia C. So quel che fai, Il cervello che agisce e i neuroni specchio. Raffaello
Cortina Ed., Milano, 2006.
Note:
1 Rizzolatti G, Sinigaglia C. Capire senza pensare. La Stampa, 4
ottobre 2006.
2 La "teoria della mente" si riferisce sia
alla capacità di inferire gli stati mentali degli altri, vale a dire i loro
pensieri, opinioni, desideri, emozioni, sia all’abilità di usare tali
informazioni per interpretare ciò che essi dicono, attribuendo significato e
prevedendo il loro comportamento. Secondo gli autori tale processo ha luogo normalmente verso i 3-4 anni. Baron-Cohen S, Leslie AM, Frith U. Does the autistic child have a "theory of mind"? Cognition. 1985 Oct;21(1):37-46.
3 Rizzolatti
G, Sinigaglia C. Mirror
neurons and motor intentionality. Functional neurology 2007 Oct-Dec;22(4):205-10.
4 Wicker
B, Keysers C, Plailly J, Royet JP, Gallese V, Rizzolatti
G. Both of us disgusted in My insula: the common neural basis of seeing and feeling
disgust. Neuron. 2003 Oct 30;40(3):655-64.
5 Gallese V. Before and
below 'theory of mind': embodied simulation and the neural correlates of social
cognition. Phil. Trans. R. Soc. Lond. B. Biol.
Sci. 2007 Apr 29;362(1480):659-69.
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