Il figliol prodigo
24 gennaio 2002
E comune esperienza
percettiva che in tutte le specie viventi esistano individui
più forti ed individui più deboli: questo in relazione
alla capacità di sopravvivenza. Mentre in tutte le specie
animali, al di là di sporadici comportamenti di tutela
del singolo individuo ad opera del gruppo, il più forte
finisce per imporre la sua leadership, nella società
umana, i principi di solidarietà e di tutela dei deboli
hanno acquisito unimportanza progressivamente crescente.
La mia tesi è che i meccanismi di tutela dei più
deboli, intesi come tali da un punto di vista psicobiologico,
alla base della convivenza umana e delledificazione della
società civile, sotto linflusso della cultura cattolica
nella sua interpretazione attuale, abbiano travalicato di gran
lunga gli intendimenti originari, per trasformarsi in una tutela
di una variabile paranoide del corpo sociale, saldamente ancorata
al principio del piacere.
In questo breve saggio indicherò con forte
lindividuo che abbia acquisito un miglior adattamento
al principio di realtà, inteso in termini freudiani come
la somma di operazioni mentali atte a determinare labbandono
del tentativo di soddisfacimento per via allucinatoria, e a
rappresentare lo stato reale del mondo esterno nella prospettiva
di un tentativo di modificazione ai fini della soddisfazione
dei bisogni vitali: ...ciò che è rappresentato,
non è più ciò che è gradevole, ma
ciò che è reale, anche se dovesse essere sgradevole
1
Il principio di realtà, principio regolatore fondamentale
del funzionamento psichico, compare in un secondo momento dellevoluzione,
sia della specie che dellindividuo, come modificazione
del principio di piacere che prima era lunico sovrano.
Mentre sotto linflusso del principio di piacere lessere
umano tiene in considerazione unicamente le attività
che possono recargli una soddisfazione immediata dei desideri
ed un abbassamento delle tensioni, sotto il dominio del principio
di realtà lindividuo acquisisce i fondamenti della
civiltà: la soddisfazione dei bisogni-desideri passa
per vie indirette e rinvia il suo risultato in funzione delle
condizioni imposte dal mondo esterno: è leterna
storia della cicala e della formica eternata da Jean de La Fontaine.
Ma mentre, anche nel mondo delle fiabe, si presume che la cicala,
priva di cibo, muoia al sopravvenire dellinverno, a meno
che la formica, sacrificando parte del suo raccolto, costato
duri sacrifici, non la sostenga in un anelito di solidarietà
civile, nelle fantasie pedagogiche derivate da Rousseau, il
prodigo è accolto con gioia e compiacimento.
Comunque già levangelista Luca ci da una versione
chiara della situazione:
Luca 15:11-32
Il figlio prodigo.
11 Disse
ancora: «Un uomo aveva due figli. 12 Il più
giovane di loro disse al padre: "Padre, dammi la parte
dei beni che mi spetta". Ed egli divise fra loro i beni.
13 Di lì a poco, il figlio più giovane,
messa insieme ogni cosa, partì per un paese lontano,
e vi sperperò i suoi beni, vivendo dissolutamente. 14
Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una gran carestia
ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15 Allora
si mise con uno degli abitanti di quel paese, il quale lo mandò
nei suoi campi a pascolare i maiali. 16 Ed egli avrebbe
voluto sfamarsi con i baccelli che i maiali mangiavano, ma nessuno
gliene dava. 17 Allora, rientrato in sé, disse:
"Quanti servi di mio padre hanno pane in abbondanza e io
qui muoio di fame! 18 Io mi alzerò e andrò
da mio padre, e gli dirò: padre, ho peccato contro il
cielo e contro di te: 19 non sono più degno di
essere chiamato tuo figlio; trattami come uno dei tuoi servi".
20 Egli dunque si alzò e tornò da suo padre;
ma mentre egli era ancora lontano, suo padre lo vide e ne ebbe
compassione: corse, gli si gettò al collo, lo baciò
e ribaciò. 21 E il figlio gli disse: "Padre,
ho peccato contro il cielo e contro di te; non sono più
degno di essere chiamato tuo figlio". 22 Ma il padre
disse ai suoi servi: "Presto, portate qui la veste più
bella, e rivestitelo, mettetegli un anello al dito e dei calzari
ai piedi; 23 portate fuori il vitello ingrassato, ammazzatelo,
mangiamo e facciamo festa, 24 perché questo mio
figlio era morto ed è tornato in vita; era perduto, ed
è stato ritrovato". E si misero a fare gran festa.
25 Or il figlio maggiore si trovava nei campi, e mentre
tornava, come fu vicino a casa, udì la musica e le danze.
26 Chiamò uno dei servi e gli domandò che
cosa succedesse. 27 Quello gli disse: " è
tornato tuo fratello e tuo padre ha ammazzato il vitello ingrassato,
perché lo ha riavuto sano e salvo". 28 Egli
si adirò e non volle entrare; allora suo padre uscì
e lo pregava di entrare. 29 Ma egli rispose al padre:
"Ecco, da tanti anni ti servo e non ho mai trasgredito
un tuo comando; a me però non hai mai dato neppure un
capretto per far festa con i miei amici; 30 ma quando
è venuto questo tuo figlio che ha sperperato i tuoi beni
con le prostitute, tu hai ammazzato per lui il vitello ingrassato".
31 Il padre gli disse: "Figliolo, tu sei sempre
con me e ogni cosa mia è tua; 32 ma bisognava
far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era
morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato
ritrovato"».
La vicenda è chiara;
peccato che nulla levangelista Luca ci dica della successiva
evoluzione degli avvenimenti.
Ma tutti coloro che si occupano di psicoanalisi come professionisti
ben conoscono il seguito della vicenda: linevitabile affermazione
della coazione a ripetere che riporterà il soggetto a
rimettersi un una situazione distruttiva, dolorosa e umiliante.
La storia del figliol prodigo è simile a quella di tanti
soggetti fissati al principio di piacere, spesso con sindromi
borderline che tentano di risolversi nella tossicodipendenza.
Tali soggetti, dotati di strutture di personalità perverse
e narcisistiche, diventano, loro malgrado, arbitri del destino
di interi gruppi familiari che vengono sottomessi alla strategia
auto ed eterodistruttiva del malato mentale. Fortune economiche
ed energie vitali vengono consumate in un inutile sacrificio,
messo al servizio dellespiazione dei sensi di colpa inconsci
dellintero insieme familiare e sociale.
E nulla ancora Luca ci dice delleffetto che quella manifestazione
di amore disinteressato sortirà sul figliol prodigo;
per non parlare poi del figlio assennato, che ha passato la
vita sui campi: sfido i lettori a stabilire se
ne ricordassero almeno lesistenza!
Le persone che si siano conformate al principio di realtà
nella civiltà occidentale, ancora così permeata
di animismo, hanno poco peso sociale: servono a trainare una
società fondata sulla tutela degli individui psicobiologicamente
più deboli e, quando osano manifestare le loro perplessità,
sono considerati elementi di disturbo, come avviene nella parabola
di Luca.
La nostra esistenza è un gioco giocato tra un debole
che spinge alla distruzione ed un potere costituito che si serve
di masse di sofferenti per mantenere lo status quo e tentare
di ripulirsi periodicamente la coscienza.
Per poter compiere questa operazione, meccanismi di difesa deliranti
(ideologie religiose e politiche) si sono saldate in un unico
sistema di falsificazione della realtà che S. Fanti definiva,
coniando un fortunato neologismo, relitica (religione+politica).
E quanto, per esempio, è accaduto nel campo delle
malattie mentali.
Sotto la spinta di una falsa interpretazione della realtà
alcuni sono arrivati a teorizzare che la malattia mentale non
esista in quanto tale, ma sia solo un prodotto del conflitto
tra individuo e società: cambiando (democratizzando ed
umanizzando) la società il disturbo mentale sarebbe stato
eliminato.
E ovvio che, coerentemente con queste premesse, il malato
di mente diviene, in quanto tale, una specie di perseguitato
politico, e negando che il conflitto possa essere insito nelle
stesse basi pulsionali (sessuo-aggressive) dellessere
umano, si è finiti per rappresentarsi listituto
manicomiale come lager.
E evidente che le strutture manicomiali in epoca pre Basagliana
costituissero delle realtà indifendibili, ma pare altrettanto
indifendibile un ordinamento che ha di fatto (in base alle sue
errate premesse teoriche) eliminato la malattia mentale come
realtà sociale abbandonando i malati e le loro famiglie
al loro destino.
La tolleranza, sostenuta da una complicità inconscia,
del più debole (lo ricordo ancora perché è
difficile separarsi dal pregiudizio, dato il grado di condizionamento
cui siamo stati sottoposti: per debole intendo colui
che è ancora sotto linflusso del principio di piacere
e non ha potuto accedere al dominio del principio di realtà)
inizia fin dalla più tenera età.
E retta da una catena di sensi di colpa inconsci che risalgono
a traumi filogenetici di abbandono.
Un genitore abbandonico, per colmare il proprio vuoto, nellimpossibilità
di elaborare un conflitto che viene diniegato, struttura un
rapporto simbiotico con un figlio, che incarna lImmagine
della perdita.
2
Si struttura un legame inscindibile (se non attraverso un duro
lavoro psicoanalitico da parte di uno degli elementi, a cui,
siatene matematicamente certi, laltro elemento si opporrà
con tutte le sue forze), a volte mascherato da un falso rivestimento
di indipendenza formale.
Cosa fa il padre tenero di cuore accogliendo di
nuovo in casa il figliol prodigo? Rafforza la sua onnipotenza
, rimettendolo nella condizione del lattante che vede arrivare
il seno ai primi vagiti.
Un tempo si era ben certi dellimportanza della frustrazione
nella costruzione egoica; ora, accogliendo contenuti pseudopsicologici
di tipo ideologico, si è arrivati al punto che un padre,
per poter dare una sculacciata al figlio deve fare domanda in
carta da bollo a congreghe denominate comitato etico per
la tutela...
Accade allora quanto sto per dirvi.
Il bambino normale è animato da spinte sessuo-aggressive
che gli procurano profondi sensi di colpa (di qui vengono le
frequenti domande del tipo: Papà, stai bene?,
Mamma, mi vuoi ancora bene? , etc.). Se i bambini
avessero lo sviluppo fisico delladulto e potessero dunque
realizzare le loro spinte, credo che il genere umano sarebbe
estinto da un pezzo: ben lo sanno i cambogiani che hanno vissuto
sotto il regime dei bambini di Pol Pot.
I sensi di colpa spingono alla costruzione inconscia di situazioni
che producano modalità di espiazione: i bambini provocano
i genitori per poter essere puniti.
Non cè comportamento più sadico di quello
di un genitore che non punisca un bambino (e la punizione a
volte deve essere necessariamente materiale): lo spingono ad
unestenuante escalation di provocazione nel tentativo,
purtroppo vano, di raggiungere la punizione che azzererà
i sensi di colpa.
Assistiamo dunque a quei classici comportamenti nevrotici di
genitori isterici che urlano minacce terribili, senza avere
alcuna credibilità .
I bambini hanno bisogno di limiti ed indirizzi: il comportamento
falsamente progressista della nostra epoca, maschera la rivalità
inconscia dei genitori e denuncia la loro falsa presenza.
II
La colpa
Se volessimo sviluppare
ulteriormente le nostre riflessioni dovremmo, però, concludere
che tale perversa catena di sensi di colpa inconsci e tentativi
di neutralizzazione degli stessi, affonda nella stessa filogenesi
delluomo. Se ammettiamo con Freud lesistenza del
processo primario, per definizione al di fuori dello spazio-tempo,
potremmo dire che i grandi traumi dellumanità continuano
a sussistere nellinconscio fintantoché le loro
tracce mnesiche non trovino una raffigurabilità nel processo
secondario e li, vincolandosi, si neutralizzino.
Consideriamo, ad esempio, le situazioni di lutto. Le situazioni
di lutto sono situazioni traumatiche. Abbiamo situazioni di
lutto fisiologico in cui l'elaborazione del lutto giunge a compimento
entro qualche mese: l'investimento libidico viene lentamente
ritirato dall'immagine del morto e viene vincolato su un altro
oggetto o un'altra situazione. Esistono invece situazioni di
lutto patologico in cui levento si fissa come ripetizione
e rinforzo di trauma. Freud si è occupato sistematicamente
di questo discorso in Totem e Tabù in cui ipotizza luccisione
del padre primigenio da parte dei figli coalizzati nella loro
unione omosessuale. La rimemorizzazione dellatto criminoso
(ritorno del rimosso) strutturerebbe il trauma filogenetico
da cui originerebbe il modulo antropomorfico del conflitto:
l'Edipo-castrazione, che altro non è se non la spinta
ineliminabile, retta dalla coazione a ripetere, di ricostruire
la situazione traumatica, nel tentativo di accedere al momento
pre-traumatico. Lesistenza dellEdipo è retta
da uno stato perenne di lutto traumatico nell'umanità
che non è mai stato eliminato.
Tutte le religioni monoteistiche si fondano sulla rappresentazione
della colpa del parricidio. Il Cristianesimo vi ha aggiunto
la ripetizione rovesciata (uccisione del figlio da parte del
padre) nel sacrificio di Cristo. Se lAntico Testamento
è la religione della Legge del Padre, il Nuovo Testamento
è la religione del tentativo di espiazione-riparazione
del Figlio.
La crocifissione di Cristo è un rinforzo traumatico dal
quale l'umanità non si riprende.
La proliferazione di ordini religiosi, riconosciuti dalla stessa
chiesa cattolica (Adoratrici del sangue di Gesù, Suore
del Calvario, etc.) testimonia questa spinta allimitatio
Christi: una forma di coazione a ripetere. Il tentativo inconscio
è quello di ricostituire la situazione traumatica, la
crocifissione di Cristo, in modo da portarsi al momento antecedente,
al momento che precedeva il trauma.
Il trauma è quello del padre che uccide il figlio: l'applicazione
della legge del taglione. Cristo chiede al Padre di essere risparmiato
(Padre, se puoi, allontana da me questo calice amaro)
ma è lo stesso padre che ha voluto la missione di redenzione
di Cristo, che di fatti, prima di morire afferma: Padre,
sia fatta la tua volontà.
L'orda primigenia dei figli ha consumato lassassinio del
padre ed il figlio si fa mettere sulla croce perché il
padre lo vuole: sconta il misfatto. Si costituisce unEdipo
circolare, Edipo I ed Edipo II
3
, con tentativo di ripetizione della situazione traumatica al
fine di portarsi allo stato antecedente. Purtroppo sembra che
quel trauma primario non sia stato ancora sufficientemente abreagito,
anche perché i figli continuano a uccidere i padri e
i padri continuano a uccidere i figli. Lo vediamo in tutta la
storia dell'umanità, nelle guerre, e nei fenomeni sociali
attuali (si pensi al caso di Novi Ligure)
III
Il perdono
Mai come in questa epoca
storica in Occidente viene agitato il tema del perdono. I giornalisti
televisivi sembrano aver ricevuto una circolare che li esorta
a chiedere sistematicamente ai parenti delle vittime di turno:
Lei perdona gli assassini del suo caro?.
Sorvolando sul cinismo di tali atti non possiamo tacere che
tali manifestazioni siano lestensione del precetto del
Nuovo Testamento Porgi laltra guancia.
Le nostre serate sono spesso allietate da pacate interviste
con feroci assassini che invece di espiare in carcere le loro
colpe, lontani dal mondo civile, diventano delle stars mediatiche:
a quando una gara a quiz tra assassini e stupratori? Cè
persino unAssociazione ispirata al precetto: Dio
salvi Caino.
Perché?
Il perdono è una forma di diniego, e, contemporaneamente
, unammissione inconscia dellesistenza nel profondo
di ognuno di noi delle stesse spinte omicide che osserviamo
in coloro che passano allatto: la differenza è
ovviamente costituita dall integrità egoica, che
trova vie di deflusso consentite (sublimazione) allaggressività.
Perdoniamo per perdonarci: lo stesso Cristo si rivolge al Padre
con la famosa frase: Padre, perdona loro perché
non sanno quel che fanno!, eppure i Romani erano soltanto
gli inconsapevoli artefici della imperscrutabile volontà
di Dio, come Cristo stesso ammette prima di spirare.
Il perdono è lattenuante del parricidio. Non possiamo
ammettere levidenza: che nellessere umano esista
una spinta istintuale, retta da una legislazione filogenetica,
denominata Edipo, al parricidio- matricidio. E leterno
dramma della mancata presa di coscienza: Edipo, dopo aver consumato
il parricidio e lincesto , si acceca e vaga per il mondo,
sino alla morte, cieco ma consapevole, assieme alla figlia Antigone.
In definitiva, non si rivolge ai comitati di tutela di Caino,
e sconta la sua pena.
© Quirino Zangrilli
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Note:
1
S. Freud, Precisazioni sui due principi dellaccadere psichico,
1911, OPERE, Vol. 6 back
2
N. Peluffo: Immagine e fotografia, Borla , Roma, 1984.
back
3
Edipo: legislazione filo-ontogenetica
che stabilisce psicobiologicamente lesigenza aggressiva-sessuale
di possesso-distruzione (S. Fanti, Def. n° 379 del Dizionario
di Psicoanalisi e micropsicoanalisi, Borla, Roma, 1984).
Edipo positivo: il bambino dai tre
ai cinque anni vuole possedere sessualmente il genitore del
sesso opposto e uccidere il genitore dello stesso sesso (S.
Fanti, Def. n° 374 del Dizionario di Psicoanalisi e micropsicoanalisi,
Borla, Roma, 1984).
Edipo II: nella riattivazione di Edipo
utero-infantile, la madre e/o il padre desidera possedere fino
allincesto e distruggere fino alla morte il bambino e/o
la bambina (S. Fanti , Def. n° 380 del Dizionario di Psicoanalisi
e micropsicoanalisi, Borla, Roma, 1984).back