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La legge di Giobbe:
studio sull'angoscia di autodistruzione
nelle sue componenti costitutivo-ereditarie
(Parte prima)
10 aprile 2002
Preambolo
Quella di Giobbe è
una storia meravigliosa ed affascinante che si estende su un arco
di tempo di circa sedici secoli, e lascia il lettore attonito
e sgomento. Ê una storia che si sviluppa seguendo lalternanza
di unoscillazione che ne determina un duplice finale, a
volte drammatico, a volte eroico: tale oscillazione é la
stessa che percorre lo psichismo profondo e fu descritto da S.Freud
in termini di Diniego/Riconoscimento 1
- 2,
regolando i destini pulsionali di ogni essere umano. Ê una
vicenda in sé estremamente semplice e lineare, che narra
di un Uomo, un forte e un giusto, che viene all improvviso
colpito da una serie di sventure, a livello individuale paragonabili
a eventi catastrofici, che gli perturbano gravemente lesistenza,
sospingendolo verso il suicidio. In effetti, pare che la prima
versione della storia di Giobbe sia stata tracciata su un papiro,
2200 anni prima di Cristo, in occasione della caduta dellImpero
Egizio
3 . Questo testo,
che senza ombra di dubbio costituisce uno dei primi scritti della
Storia, racconta langoscia di una persona colta e socialmente
importante, forse uno scriba, che viene assalita da un attacco
di panico di fronte al disgregarsi della forza vitale che
aveva finora caratterizzato il proprio Impero e, di riflesso,
la propria esistenza. Da questa presa di coscienza, scaturisce
una profonda reazione depressiva, da cui cerca di fuoriuscire
interrogando la propria anima, nel tentativo di trovare in essa
il motivo sufficiente per continuare a vivere. Lanima si
impegna a fondo nel fornirgli valide e copiose risposte che possano
indurre lio sofferente a non abbandonare la vita, ma egli
non si lascia convincere e, in preda alla più devastante
disperazione, si uccide lanciandosi nelle fiamme.
Il celebre Papiro di Berlino 3024
4
, di cui il Lettore interessato troverà la trascrizione
completa e unampia illustrazione teorica in Iª appendice
a questo mio studio (visualizza),
rappresenta sicuramente una delle primissime testimonianze scritte
di elaborazione psichica del lutto. In un linguaggio moderno potremmo
definire la storia come un tentativo (fallito) di auto-analisi,
che risuona per ripetizione lungo le generazioni e le diversità
dei tempi e dei luoghi, assumendo svariate configurazioni letterarie,
fino ad assurgere in Mesopotamia, allincirca verso il 600
A.C., alla sua sistemazione definitiva nel testo biblico intitolato
appunto Il libro di Giobbe 5
. Questo celeberrimo testo biblico costituisce il fondamento
del mio presente lavoro e ne fornisco pertanto un riassunto ragionato
in IIª appendice, invitando il Lettore che ne ignorasse lo
svolgersi a prenderne visione prima di continuare la lettura di
questo scritto. (Visualizza
il riassunto)
Linteresse offerto dal Libro di Giobbe è, nella lettura
che ne opero, duplice, in quanto da una parte descrive unimmensa
e poderosa parabola nella costruzione del pensiero umano e, dallaltra,
definisce i criteri precursori necessari alla comprensione clinica
della Reazione Depressiva: desidero sviluppare il mio discorso
lungo queste due direttrici.
Parte
1ª: Filogenesi di un tentativo epistemologico
(il sistema conscio)
Come tutti sanno, lepistemologia
genetica è la disciplina scientifica introdotta da Jean
Piaget per osservare e spiegare la formazione e lo sviluppo dei
processi cognitivi relativi alla percezione, memoria e intelligenza
e, in particolar modo, rivolta allo studio delle fasi di acquisizione
dei concetti logico-astratti
6 . La tesi che sostengo
in questa prima parte del mio lavoro è che il libro di
Giobbe, inteso come processo evolutivo globale umano, che si estende
per decine di secoli di storia scritta, ma che sicuramente si
origina durante la Preistoria (cfr.i lavori di E.Anati), illustri,
descriva e definisca il passaggio da unimmagine interiorizzata
di un dio traumatico alla formazione del concetto di un Principio
creatore, basato fondamentalmente sulla percezione della
Realtà.
Desidero esplicitare il mio pensiero in modo dettagliato, in quanto
tale affermazione costituisce il nucleo centrale delle argomentazioni
che illustro in questo scritto.
-1º Occorre dapprima evidenziare come la versione originale
del Libro di Giobbe termini con la presa di coscienza dellesistenza
del Creatore: Dio si rivela direttamente nella Sua vera natura.
Equesta percezione non mediata del Reale che ingenera il
processo di guarigione (trasformazione) di Giobbe.
-2º Durante la visione del Principio Creatore Giobbe sospende
ogni giudizio, dato che comprende che le Leggi del Creato esistono
indipendentemente da ogni desiderio umano: anche se per motivi
assolutamente incomprensibili alluomo, il Principio Vitale
ingenera il sole, gli astri, gli oceani insieme ai mostri Behemot
e Leviatan. che sono emanazioni indissociabili della stessa Legge.
Lo stesso Contenitore abbraccia aspetti diversi e contrapposti,
senza contraddizione alcuna. Giobbe si rende conto che non è
più possibile scindere il Creato nei suoi aspetti buoni
e cattivi, che non esiste in Dio una volontà diretta volta
alla protezione dellUomo e che le Sue Leggi non possono
essere commisurate alla volontà umana.
Scrive G.Ravasi...In questo mirabile discorso si celebra
una vera e propria rivoluzione copernicana nella cultura dell'antico
Oriente: l'uomo non è più al centro del creato,
come insegnava la sapienza tradizionale, ma ne è solo una
microscopica componente che non riesce a rendere conto dell'insieme
del cosmo. L' universo appare incomprensibile e ignoto nell' infinitamente
grande (le strutture planetarie) e nell' infinitamente piccolo
(il parto delle camosce). Eppure, l'Essere ha un progetto che
tiene insieme armonicamente aspetti tanto disparati...(omissis.).
P. Ricoeur così commenta le parole di Dio al balbettante
Giobbe:
"...Non è una risposta quella che Giobbe ha ricevuto
da Dio, ma il potere di sospendere la sua domanda, comprendendo
che c'è un ordine incomprensibile" ..."
7 .
-3º Tutta lintera vicenda in effetti rappresenta il
verbale di una rogatoria giudiziaria che si svolge allinterno
dello psichismo umano: seguendo le alterne vicissitudini dei processi
di identificazione/proiezione, si tenta (invano) di stabilire
chi sia il colpevole. Di fronte al Trauma, lessere umano
non può che farsi trascinare dalla propria logica sensorio-motoria
(centrata sullazione), che nello psichismo profondo assume
laspetto persecutorio della Legge del Taglione.
Schiacciato dalla pressione esercitata da tale Legge (costante),
egli non può che essudare colpa che, non avendo volto,
risulta impossibile da gestire: se la si attribuisce al dio, lo
si elimina, bestemmiandolo. Quindi, per esclusione, il colpevole
è lUomo, che deve aver commesso un peccato gravissimo
per meritarsi una simile punizione. Se non direttamente da lui,
allora il crimine è stato compiuto dai suoi figli che,
secondo la logica fantasmatica del rovesciamento delle generazioni,
basata sulla trasformazione nel contrario e nell inversione
dei rapporti
8 , corrispondono
ai propri antenati. Sono loro ad avere commesso il delitto originario.
La storia di Giobbe testimonia la possibilità di uscire
da tale primitiva dinamica. In ultima analisi, liberando Dio dagli
schemi umani, Giobbe si rende conto che il proprio peccato è
stato quello di chiedere a Dio di venirgli incontro, di abbassarsi
a livello umano. Ma la realtà del Principio risulta essere
infinitamente superiore al piacere immediato.
-4º Dal punto di vista logico-formale, Giobbe spezza
ogni legame immaginario, ogni possibile rapporto di tipo mistico,
animistico e magico, che collega se stesso/Uomo al Creato/Dio.
Interrompe così la circolarità della logica operatoria
concreta, caratteristica del pensiero egocentrico, che stabilisce
ininterrotte relazioni di similitudine e identità tra il
soggetto e lambiente circostante
9 , per cui, in una
dinamica speculare, la reazione esterna è forzatamente
ingenerata da unazione interna interiorizzata (desiderio).
In tal modo, Giobbe può accedere alla formulazione di un
nuovo concetto, costruendo lidea di un Principio Creatore
autonomo, mosso da una logica indipendente dalla realizzazione
immediata dei desideri e dal soddisfacimento dei bisogni umani:
Dio non è più costruito ad immagine e somiglianza
delle necessità umane.
-5º Lintroduzione di tale diversità sostanziale,
che in definitiva corrisponde al processo di maturazione dellio,
risolve il dibattito processuale apertosi secoli prima, con laccusa
lanciata dallignoto egizio: Giobbe guarisce (si trasforma)
perché, sospendendo il giudizio, interrompe la relazione
di colpa che circola allinterno della relazione tra
lIo e il suo oggetto.
In effetti, al termine della sua dolorosa e difficile ricerca,
Giobbe giunge a comprendere che la legge divina, che origina e
regola tutto il creato, si caratterizza per le proprietà
di neutralità, non finalità e casualità (imperscrutabilità);
ogni elemento del Creato, dal firmamento alla più piccole
delle cose, è animato da questa volontà universale.
La prima, poderosa scoperta di Giobbe, che lascia stupìti
e attoniti, è che il cielo stellato sopra di lui non contiene
nessuna Legge morale, nessun imperativo etico, né regola
o divieto che riguardino il bene e il male. Il Principio creatore
non ama e non odia, non protegge e non castra: Esso
Ê, nel Suo dinamismo infinito, retto
da leggi imperscrutabili, talmente complesse da sembrare allumano
assolutamente arbitrarie. E lUomo chiama caso tutto ciò
che la sua osservazione non può ricollegare alla propria
onnipotenza e al senso di colpa che ne deriva. Questo è
il punto cardine di tutto il mio discorso: colpito dalle più
gravi sventure, Giobbe non interiorizza il senso di colpa
né lo espelle per proiezione Malgrado gli sforzi
congiunti della moglie e degli amici più cari, che tentano
in tutti i modi di fargli confessare la colpa, propria o dei suoi
figli, Giobbe si vive come totalmente innocente, non stabilisce
un nesso di causalità fra il Trauma e una presunta volontà
castratrice del Padre/Creatore. Non tenta di eliminarlo o di sottometterglisi
passivamente. Lo Jhwh che cerca di raggiungere è
un Dio epistemologico, che lo sospinge verso uno sforzo di percezione
del Reale piuttosto che verso uninterpretazione proiettiva:"
Io ti conoscevo solo per sentito dire, ora i miei occhi t'hanno
veduto": così termina la sua ricerca (in
questa frase degli occhi che vedono cè tuttavia ancora
un riferimento alla percezione).
Potremmo dire che la Legge di Giobbe nasce ex novo, dalla
creazione di sinapsi w inscritte
nelleccitazione di neuroni j
che riescono a imporsi e sovrastare lancestrale ed ereditaria
attivazione dei circuiti y,
tracciati nellEs
10 . In questo
senso, Giobbe si muove in una dimensione extra-Edipica, nella
quale non viene più riprodotta la dinamica inscritta nella
coppia degli opposti Vendetta/Punizione, Ribellione/Sottomissione,
Diniego/Riconoscimento: lunico dio risulta il Principio
di Realtà, nel suo infinito dispiegarsi di costanti universali
che regolano lUniverso. Al contrario di Edipo, una volta
percepita la Realtà, Giobbe ne trae un profondo beneficio
e un giovamento somatopsichico, non ha bisogno di negarla, bucandosi
gli occhi. Non interiorizzando la colpa del Trauma, Giobbe non
totemizza il Creato
11 .
Durante questo contatto con limmagine filogenetica Giobbe
raggiunge una poderosa presa di coscienza che vale anche per il
suo ignoto antecessore egizio, il proprio antenato storico vissuto
millenni prima, e può così fornirgli lunica
risposta che possa evitare ad entrambi il suicidio: non esiste
alcun imperativo morale né colpa da espiare che obblighi
a vivere. Inutile e sterile è quindi il ribellarsi.
La porzione di Umanità che ha scritto per (almeno) sedici
secoli il Libro di Giobbe e che in seguito ne ha seguito la Legge,
si è progressivamente impadronita delle Costanti che regolano
il Creato (assimilazione), riuscendo a modificare parzialmente
il Reale al proprio servizio (accomodamento); ha scoperto il movimento
degli astri e degli atomi nel vuoto, il funzionamento delle cellule,
ha tracciato la mappa del D.N.A., ha formulato il Principio di
Indeterminazione, la costante di Planck, la Relatività
ristretta e generale. Contemporaneamente ha elaborato i principi
fondamentali che reggono lo psichismo profondo. Lo Jhwh epistemologico
è stato introflesso e, in un immenso sforzo di interiorizzazione,
sovrapposto al dio traumatico. Parzialmente e solo in proporzioni
variabili a seconda del mutare di uno Spazio/Tempo relativo, dato
che lo stesso principio organizzatore che regola tutte le cose
determina che non possa esistere una struttura psicobiologica
umana totalmente stabilizzata nellaccettazione costante
del principio di Realtà. Probabilmente si tratta di una
caratteristica strutturale dell apparato psichico che, periodicamente,
necessita di collassareallinterno del principio
del Piacere
12 , ripristinando
la sfida edipica e il suo consequenziale corollario di diniego
della castrazione. Ecco allora che lo Jhwh epistemologico si
ritrasforma in dio traumatico. Periodicamente, sotto la pressione
congiunta di una moltitudine di Figlioli Prodighi
13 , sorelle e fratelli
(impotenti), la legge di Giobbe viene stravolta e depauperata
degli attributi peculiari legati al Reale. Ricondotto nel marasma
originario degli affetti fluttuanti e delle rappresentazioni degradate,
tipiche delle fasi di sviluppo pre-oggettuale, la percezione si
degrada al livello della semplice interpretazione proiettiva,
che ricolloca il Dio/Padre entro i valori del caos edipico e pre-edipico,
restituendogli la funzione di Feticcio, ossia di protezione allucinatoria
asservita al principio del Piacere. Si spiega in tal modo lincoercibile
necessità coatta, da parte degli stessi che lo costruirono
e venerarono, di abbattere lapice del pensiero così
faticosamente e lungamente edificato: ...Ma il poeta
biblico non può fermarsi alla logica di questa soluzione
e deve operare alcuni ritocchi: secondo i canoni tradizionali
delle benedizioni patriarcali, viene accettata in pieno la teoria
della retribuzione divina, tanto duramente contestata dallopera
poetica centrale. Riappare la felicità nella vita di Giobbe,
con il suo apparato di prosperità, longevità e vecchiaia
opulenta, appunto come il riconoscimento ufficiale della giustizia
di Giobbe, della sua obbedienza non offuscata dalla prova...14
.
Tramite questa semplice aggiunta postuma, così felice
e rasserenante, ludica potremmo dire, loscillazione edipica
si riattiva, reinvadendo la costante epistemologica appena formulata.
Al culmine del suo sforzo, nel preciso momento in cui la tensione
della ricerca si è acquietata nel Riconoscimento,
producendo ristoro nel corpo e sollievo dellanima, Giobbe
viene di colpo risucchiato allinterno del Diniego,
la sua esperienza edipicizzata e la sua Legge totemizzata: Dio
lo premia, perché Dio è Buono, infinitamente amoroso,
più che materno, dispensatore di ricchi premi, in cambio
di unassoluta e cieca obbedienza. Ê il satana cattivo,
che lo ha corrotto (scissione dellOggetto); Giobbe è
un giusto, perché non ha commesso la colpa della disobbedienza
(scissione dellIo); ma allora perché il dio lo ha
provocato? Forse perché Egli è Malevolo? (Ribellione);
il solo pensiero è blasfemo e va allontanato dalla coscienza
(Sottomissione). Degradando il principio di Realtà, il
circuito ossessivo si riattiva immediatamente nella sua originaria
ferocia: lo Jhwh epistemologico è stato decapitato,
castrato dei suoi attributi principali e la sua testa innalzata
su un palo; lo si adori, alfine di ricavarne protezione in cambio
del sacrificio di se stessi e della rinuncia sistematizzata. Solo
il Totem possiede il potere di allontanare il Trauma, che sta
per riabbattersi con tutta la sua furia.
Ecco, il diniego ha ripreso il sopravvento e la Legge di Giobbe
può essere ridimensionata, riportata a livello umano, ricondotta
allinterno delle reazioni circolari primarie, ove non esiste
alcuna differenza tra sé e lAltro, e lo si può
benevolmente raffigurare come un innocuo miserabile, lacero, sporco
e contuso, che seduto su un cumulo di sterco, offre al suo dio
sadico i ridicoli brividi del proprio orgasmo perverso. Specchio
perfetto di chi così se lo raffigura.
Strano destino quello di Giobbe, molto simile a quello di un altro
ebreo con profonde radici egizie, che, salito in cima allIgnoto
per scrivere la Legge su tavole di pietra, si ritrova fuso e confuso
con idoli doro che riproducono una moltitudine di animali
totemici...Forse si tratta della stessa storia, che è obbligata
a ripetersi sotto innumerevoli volti. Infatti sta scritto:
Tuttavia, la traduzione greca dei Settanta non si accontenta del
trionfo fisico di Giobbe ed aggiunge questa glossa finale:
Sta scritto che Giobbe risorgerà di nuovo, insieme a coloro
che il Signore risusciterà"
15
.
Fine prima parte
Seconda
Parte
© Pier Luigi Bolmida
Prima Appendice (vai-->)
Seconda Appendice (vai-->)
Note:
1
S.Freud, La scissione dellIo nel processo di difesa,
pp. 552, 557, 630, in: O.S.F.,vol.XI, Boringhieri, Torino ,1979.
back
2 P.Bolmida.
Il dinamismo energetico del feticcio, pp. 2-4, in
Bollettino dellIstituto Italiano di Micropsicoanalisi, nº
4, Tirrenia Stampatori, Torino, 1987. back
3 G.Ravasi,
Gli antecessori di Giobbe, pp. 22 e sgg. in
Il Libro di Giobbe, Rizzoli, Milano, 1989. back
4 S.Donadoni,
Dal dialogo di un disperato con la sua anima, pp.
190 e sgg., in: Testi religiosi egizi,U.T.E.T, Torino,
1970. back
5 G.Ravasi,
Giobbe, p.44, Borla, Roma, 1984. back
6 J.Piaget,
Le développement des perceptions en fonction de lâge,
pp.31 e sgg., in: Traité de psychologie expèrimentale,
P.U.F, Paris, 1963. back
7 G. Ravasi,
Il Libro di Giobbe, op.cit., pag.200. back
8 S. Freud, Lacquisizione
del fuoco, pp.104 e sgg., in: O.S.F.,vol.XI, Boringhieri,
Torino, 1979. back
9 J. Piaget, La
génèse de la pensée, pp. 29 e sgg.
in: La psychologie de lintelligence, Colin,
Paris, 1947. back
10 S. Freud, Lettera
a W.Fliess, 1 gennaio 1896, in:Le Origini della psicoanalisi,
pp121-122, Boringhieri, Torino, 1961. back
11 S. Freud, Animismo,
magia e onnipotenza dei pensieri, in:Totem e Tabù,
pp.181 e sgg. , O.S.F. ,vol.VII, Boringhieri, Torino, 1975. back
12 S. Freud, La
perdita di realtà nella nevrosi e nella psicosi,
pp.141-143, in: O.S.F., vol.X, Boringhieri, Torino, 1978. back
13 Q. Zangrilli: Il
Figliol Prodigo, in Osservatorio di Psicoanalisi
applicata, Scienza&Psicoanalisi, 2002. back
14 G.Ravasi, op.cit.,
pp. 210-216. back
15 G.Ravasi, op.cit.,
p. 217. back
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