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Scienza e Psicoanalisi
 OSSERVATORIO
Osservatorio di Psicoanalisi applicata
Articolo di Pier Luigi Bolmida  
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La Legge di Giobbe:
Clinica di una specie (il sistema preconscio).
Parte 2ª

16 aprile 2002

In questo mio studio mi baso essenzialmente su due testi, da cui ho ricavato le informazioni che mi hanno permesso di sviluppare alcune ipotesi relative ai traumatismi psichici e la loro relazione con l'angoscia di autodistruzione. Come ho già ampiamente illustrato in precedenza, il primo di questi riguarda un anonimo papiro egizio, datato 2.200 a.C. e composto di soli 25 versetti, intitolato: "Dialogo di un suicida con la sua anima" che ho riportato per esteso e accompagnato da un breve commento personale. Il secondo testo che prendo in considerazione è appunto “Il Libro di Giobbe”, da cui trae origine il titolo del mio lavoro: il Lettore interessato ne ha già trovato un ampio riassunto in appendice al mio scritto.
Nella prima parte ho cercato di dimostrare come i due testi sopra menzionati costituiscano in realtà una testimonianza diretta di un lunghissimo tentativo di conoscenza e di strutturazione di un pensiero logico-astratto, che nel corso dei millenni ha condotto l’Umanità a costruire la rappresentazione di un Principio Creatore che regola l’Universo secondo leggi svincolate dall’egocentrismo umano. In questo senso, l’ipotesi presentata è che “Il Libro di Giobbe”descriva un processo di elaborazione, sviluppo ed evoluzione dell’Intelligenza, basata essenzialmente sulla percezione dei dati di realtà, che riesce, sia pur in modo ciclico e alternato, a sovrapporsi agli elementi di fantasia e a prendere il controllo dell’attività mentale. Di fatto, nella prima parte del mio lavoro ho cercato di spiegare il processo tramite il quale l’evoluzione dell’intelligenza è riuscita a oggettivizzare il pensiero di dio, estrapolandolo dagli strati più profondi dello psichismo e confrontandolo con i dati percettivi provenienti dal mondo reale; si è in tal modo raggiunta l’idea di un dio non traumatico e di un principio creatore oggettivo, neutro e non finalizzato, svincolato dalle dinamiche emozionali umane. Questo nuovo pensiero religioso, basato su un dio oggettivo che, al contrario del dio totemico, non protegge né punisce, in realtà non ne elimina l'affetto soggiacente per cui la necessità di ripristinare la funzione del dio protettore e punitore ritorna per coazione a ripetere. Ho in ultima analisi tentato di ricollegare il “Libro di Giobbe” alle alterne vicende intercorse tra la religione di Atòn e quella di Amòn, così ben descritte da Freud nel suo celebre saggio su “L’Uomo Mosé e la religione monoteistica”. A questo proposito, desidero sottolineare come il passaggio dal politeismo al monoteismo implichi a mio avviso il passaggio dalla fase più antica, in cui le pulsioni parziali perseguono il loro piacere una indipendentemente dall’altra, e coesistono e si sovrappongono senza contraddirsi, a una fase più evoluta, in cui si forma un principio di organizzazione generale che subordina, regola e coordina le varie tendenze, sottomettendole al primato di una funzione superiore: il primato della funzione genitale appunto, che indirizza la libido verso la realtà esterna. In questo senso, così come la religione di Atòn viene distrutta dalla regressione a stadi di fissazione pregenitale, il tentativo di Giobbe è vanificato dal ripresentarsi delle esigenze affettive più arcaiche, cioé dalla ‘spinta ascensionale del rimosso.’
In definitiva, mi sono occupato della filogenesi della formazione dell’Io, esattamente nei termini in cui viene descritta da S. Freud: “...Il cosiddetto Io si è sviluppato dallo strato corticale dell’Es; tale strato, munito com’è dei dispositivi per la ricezione e l’allontana-mento degli stimoli, è in diretto contatto con il mondo esterno (la realtà). Partendo dalla percezione cosciente l’Io ha assoggettato al proprio influsso regioni sempre più vaste e strati sempre più profondi dell’Es, e rivela nella sua persistente dipendenza dal mondo esterno il sigillo indelebile della sua provenienza (più o meno come il Made in Germany). La sua prestazione psicologica consiste nell’elevare a un livello dinamico più alto i processi dell’Es (per esempio trasformando dell’energia liberamente mobile in energia legata, quale corrisponde allo stato preconscio); la sua prestazione costruttiva consiste nell’interpolare, fra la pretesa pulsionale e l’azione di soddisfacimento, l’attività di pensiero; quest’ultima, dopo essersi orientata nel presente e aver utilizzato le esperienze del passato, si sforza, procedendo per prove ed errori, di indovinare le conseguenze delle iniziative progettate. L’Io decide in questo modo se il tentativo di raggiungere il soddisfacimento debba essere compiuto o rinviato, oppure se la pretesa avanzata dalla pulsione debba essere repressa del tutto in quanto pericolosa (è questo il principio di realtà)...” 1.
E’ specificatamente nella direzione illustrata qui sopra da Freud, cioé nella trasformazione di quantità di energia libera in energia vincolata operata dal sistema preconscio che si muove l’ipotesi che regge questa seconda parte della mia ricerca. In altri termini, cercherò di dimostrare che, se si considerano gli antecessori storici del “Libro di Giobbe”, e mi riferisco in particolar modo al celebre "Dialogo di un suicida con la sua anima", papiro egizio datato intorno al 2200 a.C. , si può ottenere un minuzioso elenco e una preziosa descrizione del malessere intrapsichico umano, un quadro estremamente preciso delle modalità di manifestazione della sofferenza che si estende su un arco temporale di almeno 4.000 anni ma in realtà ricopre l'intero processo di ominizzazione e affonda nel linguaggio non scritto della preistoria (cfr.:scritti di Anati).
Il secondo scopo della mia opera sarà dunque di mettere in luce degli elementi, che potremmo anche definire nosografici, senza interpretarli, giudicarli o diagnosticarli, per mettere in evidenza come tale sofferenza abbia delle forme, raffigurazioni ed espressioni che tendono a conservarsi ed a ripetersi al di fuori del tempo e dello spazio. In altri termini, il fenomeno che intendo dimostrare è che il contenitore ideativo-rappresentazionale della tensione interna è sempre il medesimo, trae la propria origine nell’incessante attività di elaborazione degli impulsi psichici che avviene ai confini tra il sistema inconscio e quello preconscio ed è indipendente dai fattori ambientali, razziali e religiosi, o da qualsiasi altra influenza esogena. In termini più chiari e riassuntivi, l’ipotesi che avanzo è che all'interno dello psichismo,profondo esistano degli "organizzatori psichici", di cui l'Evoluzione ha dotato l'essere umano, che tendono spontaneamente ad attivarsi e a manifestarsi sotto forma di contenuti rappresentazionali e ideativi, nei casi in cui l'entità psicobiologica venga seriamente compromessa dall' urto con fattori traumatici esterni. Tali organizzatori agirebbero da "contenitori/schermo" che entrano in funzione per impedire la totale disgregazione del sistema. Una sorta di processo di cicatrizzazione endopsichica, indipendente, appunto, dalle stimolazioni ambientali.
Tale ipotesi sarebbe sostenuta dalla stessa elaborazione freudiana: “...Sopravviene però una complicazione quando riflettiamo sulla probabilità che nella vita psichica dell’ individuo siano all’opera non solo esperienze personali ma anche contenuti congeniti fin dalla nascita, elementi di provenienza filogenetica, un’eredità arcaica. Sorgono allora le domande: in che cosa consiste questa eredità, che cosa contiene, quali ne sono le prove? La prima e più sicura risposta è questa: l’eredità arcaica consiste in determinate predisposizioni, proprie a tutti gli esseri viventi. Vale a dire nella capacità e inclinazione a imboccare determinate direzioni di sviluppo e a reagire in un modo particolare a certi eccitamenti, impressioni e stimoli...”2 .
All'interno di questa dimensione, non esistono né l'evoluzione né il progresso, i fatti culturali e socio-economici si dissolvono, l'esperienza e la conoscenza non possono agire, la relazione e la comunicazione interpersonali sono inoperanti: nella mia ipotesi, esisterebbero soltanto alcune arcaiche tracce mnestiche, trasmesse per eredità endopsichica, pronte a riattivarsi nei casi di ferite traumatiche, e a trasformarsi in pensieri azioni e fantasie consce, volte a proteggere il sistema dall’irruzione massiccia degli impulsi inconsci, intollerabili all’Io. L’insieme di questi pensieri, azioni e fantasie costituirebbe il quadro sindromico della cosiddetta “reazione depressiva”, che, come tenterò di dimostrare, è sempre la stessa e si ripete al di fuori dello Spazio/Tempo.
Utilizzerò a tal fine il metodo della lettura simultanea e parallela di due testi, uno appunto, il Libro di Giobbe 3 , l'altro ricavato dal "Manuale di Psichiatria" di S.Arieti 4 .
L' impressione che se ne potrà ottenere è che l'inquietudine di un essere umano vissuto in Mesopotamia nel 600 a.C. sia, nelle sue produzioni epifenomeniche, straordinariamente simile, se non identica, all'ansia che assale ogni individuo che vive nella Città contemporanea.
In definitiva, mi muovo lungo quella direttrice di pensiero che aveva fatto affermare a A.de Lamartine: "Giobbe non è un uomo, è l'umanità" 5 .
Avvertenza al Lettore: il lavoro che qui presento va letto da sinistra verso destra, nella classica tradizione tardo greco-latina e non, come nella scrittura gereoglifica, da destra verso sinistra. Questo significa che sono le informazioni contenute nel Libro di Giobbe a dare un senso e una spiegazione al Manuale di Psichiatria, e non viceversa. Anzi, in questo senso, si potrebbe anche considerare il testo biblico come un "proto-prontuario nosografico" della reazione depressiva, che sottende una lunga ricerca plurimillenaria di studio e di sistematizzazione delle manifestazioni psichiche considerate.

Prologo : l'assalto del male


Quattro messaggeri annunciano quattro doppie disgrazie, numero classico per suggerire la totalità della sventura: ricchezza e persone legate a Giobbe sono implacabilmente colpite: bande di beduini saccheggiano le mandrie, ucccidono i guardiani, il fulmine serpeggia tra greggi e pastori, la furia dell'uragano lacera le tende e gli uccide figli e figlie.

“Come fattori scatenanti della reazione depressiva, abbiamo potuto isolare statisticamente due con- cause principali: la prima, di maggior entità e frequenza, riguarda perdite economiche più o meno rilevanti; la seconda, per ordine di importanza, è relativa a profonde ferite narcisistiche originatesi in occasione di lutti di persone care.... 6


“Il ritmo inesorabile delle disgrazie, regolare come l'avanzata di una inondazione, è spezzato dalle parole di Giobbe che, evocando i due grembi entro cui è sospesa l'esistenza umana: quello materno e quello sepolcrale, risponde con umiltà e fede al mistero dell’agire divino: "il Signore ha dato, il Signore ha strappato...”(v.21 e sgg)

 

“...Si assiste a una prima fase in cui il soggetto sembra apparentemente accettare la disgrazia, quasi la volesse sminuire, facendo leva sulle proprie capacità di recupero e, soprattutto, sul fatto che malgrado le disgrazie subìte, la propria integrità corporea e la propria vita sono rimaste intatte..." 7


La fiducia di Dio nell'uomo si è rivelata fondata: le quattro doti ideali di Giobbe sono integre nonostante la tempesta che ha sconvolto la sua vita. Il Satana allora gioca un’altra carta, ancora più rischiosa per l'uomo. Citando un proverbio popolare piuttosto oscuro ("Pelle per pelle", v.4) l'Avversario osserva acutamente che i beni in realtà sono una seconda pelle ma la salute e la vita fisica costituiscono la prima e più preziosa pelle alla quale l'uomo è attaccato con tutte le forze.
L'aggravamento della prova è condotto ai limiti della tollerabilità: Giobbe è percorso nella pelle da "una piaga maligna".

 

"...In soggetti psichicamente dotati che dimostrano una notevole coesione dell'Io, dopo una latenza di un periodo di circa sei mesi dalla perdita subìta, si riscontra con notevole frequenza statistica l' apparire dei cosiddetti "equivalenti somatici” della depressione, associati ad ulcerazioni più o meno vaste del sistema gastro-intestinale, cardio-vascolare ed epidermico..." 8


"Giobbe deve uscire dal suo villaggio, esporsi ai rischi del deserto, rifugiandosi sugli ammassi inceneriti di immondizie gettati alla periferia della cinta di mura del centro abitato: ricoperto da un'infezione maligna che lo avvolge dalla pianta dei piedi fino al cranio, afferra un coccio per grattarsi.
Davanti a lui si erge solo la presenza fastidiosa e indesiderata della moglie, che gli urla:"Continui a persistere nella tua integrità? Maledici Dio e crepa"(2,9)

 

“...Si assiste quindi a un progressivo ritiro dell'interesse verso il mondo esterno, il soggetto si allontana dalle proprie occupazioni lavorative, rifugge amici e parenti, dimostra ostilità improvvisa verso il coniuge, da cui si sente profondamente disamato e incompreso nel proprio dolore...” 9


La Battaglia di Giobbe con l'Insondabile


"La terra è abbandonata in mano agli scellerati, velato è il volto dei suoi magistrati: - chi se non Lui, può far questo? Dirò a Dio: non m'incriminare, fammi sapere le accuse che mi rivolgi.

"...Una volta che la reazione depressiva si è profondamente installata ed ha invaso il campo della coscienza del soggetto, è possibile osservare l'esistenza di immagini soggiacenti 10 - tipiche della depressione- che, nei casi più gravi, possono assumere il carattere di un vero e proprio delirio non sistematizzato. Classicamente, tali immagini simboleggiano il senso di vuotaggine e di solitudine che caratterizzano la vita interiore del soggetto. Tali immagini vengono accompagnate da impressioni visive ricorrenti, quali grandi volti velati, inquietanti figure che si erigono a giudici implacabili, occhi nemici che scrutano e spiano in continuazione (omissis)”. 11


Ti diverti forse ad opprimermi, a disprezzare la fatica delle tue mani, a far trionfare gli intrighi degli scellerati? Hai forse occhi di carne e vedi solo come vede l'uomo? Dato che tu indaghi la mia colpa e investighi il mio peccato pur sapendo che io non sono colpevole anche se mi immergessi nella neve anche se mi sbiancassi le mani .con la soda, tu mi tufferesti in una cloaca e i miei vestiti mi vomiterebbero fuori.

 

“...L'immagine può essere la proiezione di un senso di sudiciume, associato all’ idea di essere un rifiuto, fino ad assumere l'aspetto pseudodelirante di escrementi, umani o animali...” 12


"Ecco, vado a Oriente.Ma lui non c'è. Vado a Occidente. Non lo intravedo Forse agisce a Settentrione. Eppur non lo scorgo , Forse si nasconde al Sud. No, per me è invisibile. Sono ormai annientato, cosa posso rispondere? Mi chiudo la bocca con la mano .

 

“...Accade anche che i sogni assumano un carattere di monotonia assai tipico, spesso si verificano sogni ricorrenti di vagare per case o ambienti deserti passando da una stanza vuota all'altra, oppure di avere la bocca cucita, di sforzarsi di parlare, di udire voci ma non poter rispondere..." 13


"Dio scatena la sua collera, persino le legioni di Rahab si piegano sotto di lui. Quanto meno allora, potrò replicargli io, escogitando argomenti da opporgli! Dovrei implorare pietà al mio accusatore. Anche se avessi ragione, non riceverei risposta. Mi avvolgerebbe in una tormenta, moltiplicherebbe le mie piaghe senza motivo, non mi lascerebbe riprendere fiato, mi ingozzerebbe di fiele..."

 

“...Nella Depressione Agitata, l'ostilità verso l ’Universo costituisce un'esperienza vivida e fondamentale e ne rappresenta il tratto patognomonico tipico: il paziente ha la netta percezione (allucinosi) che Dio sia molto adirato con lui, un'entità punitiva molto potente che non gli lascia requie...”14


"Fu Giobbe ad aprire la bocca e a maledire il suo giorno urlando: Muoia il giorno in cui nacqui, la notte che annunciò: E 'stato concepito un maschio! Perché non mi serrò la porta del grembo materno e non nascose ai miei occhi tanta miseria? Perché non sono morto fin dal ventre di mia madre?Perché due ginocchia mi accolsero, perché due mammelle mi allattarono? Appena uscito dall'utero, spirare! Oh, sì, ora giacerei sereno, addormentato, riposerei in pace (3,1-13).

 

“..Durante la fase acuta, non di rado si assiste a crisi di ribellione in cui il paziente esprime aspre critiche nei confronti del proprio entourage familiare lanciando terribili maledizioni e attuando tentativi collerici di estorsione e di ricatto per ottenere porzioni di attenzione e di amore sempre più ampie. I pensieri relativi al suicidio diventano sempre più impellenti e frequent i" 15


Epilogo :Il Mistero di Giobbe


"Vennero allora a visitarlo i suoi fratelli, le sorelle e gli antichi conoscenti, banchettarono con lui a casa sua lo compassionarono e lo consolarono di tutto il dolore mandatogli da Jhwh e ciascuno gli regalò una somma di denaro e un anello d’oro. Benedisse Jhwh la nuova vita di Giobbe più dell'antica: ebbe 14.000 pecore e 6.000 cammelli, 1.000 paia di buoi e 1.000 asine, ebbe sette figli maschi e tre femmine. La prima la chiamò Jemimah, la seconda Cassia e la terza Qeren-happuk. In tutto il paese non c'erano donne più belle delle figlie di Giobbe. Il loro padre le fece eredi assieme ai loro fratelli. Poi Giobbe visse centoquaranta anni e vide figli e nipoti per quattro generazioni. E Giobbe morì vecchio e sazio di giorni.

‘...Nei soggetti non adeguatamente trattati, quasi sempre si assiste a una prognosi involutiva, nel senso di una progressiva degenerazione delle facoltà logico-adattative della persona. Nei casi più lievi, si osserva l’aggravamento e il proliferare degli equivalenti somatici della depressione, che invadono la vita normale del soggetto, ostacolandola pesantemente. Nei pazienti più giovani l'involuzione si compie tramite l'entrata in tossicodipendenza e/o alcolomania mentre, in quelli più anziani, assume forme ansiose di tipo demenziale.Nei casi più gravi l'involuzione si compie verso l'installarsi della Melanconia , con produzione più o meno importante di delirio e allucinazioni. Le condotte suicidarie, anche sotto forme mascherate di comportamenti auto-lesionistici, non sono rare 16


Prendiamo ora in considerazione una delle principali fantasie di cui i due testi che ho riportato nel mio lavoro ci forniscono ampia testimonianza. Per semplicità, possiamo definire tale fantasia "la richiesta di un processo", intesa proprio come l'impellente necessità di affrontate un dibattito giudiziario, da cui il protagonista anela di poter uscire vittorioso, cioé innocente, cioé vivo, essendo le componenti formali, ideativo-rappresentazionali, della fantasia proprio quelle di un uomo offeso che tenta di dialogare con un Giudice supremo, terrificante, imperscrutabile e "silente". Se osserviamo la struttura manifesta di tale fantasia, subito ci accorgiamo che essa funge da contenitore scenografico ripetitivo, sempre identico ed immutabile, che accumuna nomi diversi di innumerevoli eroi all’ interno dello stesso luogo narrativo : l'ignoto suicida Egizio, Giobbe, Edipo, Ulisse, Amleto, LadyMacbeth, Kafka si muovono dentro tribunali immaginifici, nel vano tentativo di udire, conoscere e risolvere il problema di un' accusa che, muta, risuona e si propaga nei millenni. Non solo: la stessa fantasia che alimenta con abbondanza la produzione letteraria abita anche i sogni di tutti gli esseri umani, assumendo i mille volti e i mille occhi del perfido giudice, che scruta ed ammonisce. Ogni tentativo di giustificazione è impossibile, in quanto i termini del crimine sono, per definizione, inesplicitabili. Si costruisce in tal modo l'idea compulsiva, legata alla paura di essere, da innocenti, citati in giudizio. Nei casi in cui l'impellenza di tale fantasia sfondi i confini dell’Io ed investa la psicomotricità organizzata, ecco allora apparire la ‘condotta di litigiosità legale” tipica del soggetto paranoide, che invade letteralmente le sedi giudiziarie reali, oppure il delirio sistematizzato del paranoico, perseguitato dalle accuse infamanti dell'ignaro vicinato. Non si dimentichi tuttavia che in tutte queste manifestazioni epifenomeniche, dal mito al sogno, dalla letteratura all’allucinazione, l'esito processuale verterà sempre e solo sul diritto alla sopravvivenza dell'accusato: l'individuo lotta e si difende per autoconservarsi.
Per semplificare, tutto il mio discorso si basa sulla seguente considerazione: quando nel normale fluire degli accadimenti psichici si ingenerano delle sovraccariche tensionali che, per natura qualitativa (rappresentazioni) o quantitativa (affetti) provocano un blocco momentaneo o un arresto funzionale del sistema psicobiologico, si attiva un "pacchetto" di informazioni ausiliarie, che, a seconda delle qualità del terreno, si trasformano in immagini oniriche, fantasie di veglia, comportamenti agiti o in pseudopercezioni, il cui scopo è quello di aiutare l'intera organizzazione psicofisica a liberarsi dall'eccesso di eccitazione, consumandone l'energia per estroflessione, sotto forma appunto di produzioni ideative fantastiche. Una forma di "essudato" intrapsichico che tenta di liberarsi dall'"invasore" tramite la formazione di anticorpi intrapsichici, che hanno come obbiettivo l’abbassamento del livello di tensione, altrimenti ingestibile. In ultima analisi, si tratta di un meccanismo di sicurezza basato su una sorta di auto-drenaggio elementare, insito nel sistema.
Le fantasie processuali, le visioni di volti velati, la percezione di occhi malevoli, di cui , come visto, possediamo un'accurata descrizione scritta, databile verso il 2.200 a.C., sono soltanto alcuni esempi del fenomeno che volevo illustrare. In alcuni casi, come quello di Giobbe, questa strenua battaglia, condotta fino ai limiti del tollerabile umano (santità), ha un esito favorevole e la ferita si rimargina nella pace acquisita; in altri, come per l'ignoto Egizio, per Edipo o per Amleto, la lacerazione si estende oltre le normali possibilità di cicatrizzazione, producendo la necrosi irriversibile del tessuto psichico, che ne compromette l'integrità e ne comporta l'arresto definitivo. I limiti di tale processo di rimarginamento, definibili anche in termini di destino individuale, sono iscritti nell'intensità del Trauma e nelle qualità del Terreno.
Soffermiamoci un attimo a considerare il fatto che uno dei pilastri portanti dell'architettura psicoanalitica è costituito dell' opera freudiana intitolata "Il conflitto tra l’Io e l’Es" 17 ed esaminiamone il contenuto semantico. In tedesco, la particella pronominale neutra "es" [così come quella latina "id" (usata in inglese, in spagnolo, in portoghese e in certe traduzioni anche in italiano) e quella francese "ça"] viene utilizzata da Freud per indicare tutto un universo di fenomeni, che sono al contempo psichici e biologici, descrivibili per loro intrinseca natura come "inconoscibili", "imperscrutabili", "insondabili", ecc. Ora, quello che voglio affermare è che, quando la Bibbia, con tutti i rimaneggiamenti subìti nel corso dei secoli, descrive la battaglia di Giobbe/l'Uomo con l'Insondabile, si pone gli stessi interrogativi di Freud quando tenta di definire il conflitto tra l'Io conscio e il mistero che lo abita. Certamente, gli osservabili considerati e i quadri di riferimento utilizzati sono diversi, così come totalmente diversi sono i modelli di spiegazione, le metodologie di ricerca, gli obiettivi epistemologici e le conclusioni tratte. Comunque sia, possiamo constatare l'identità del fenomeno, che consiste nel tentativo di instaurare un ‘dialogo’, più o meno aggressivo, tra due entità: la prima, l'Io/Giobbe/Uomo che riconosce la limitatezza insopportabile dei propri confini e delle proprie risorse; la seconda, definibile in termini di un'Entità sconfinata, creatrice ma al contempo distruttiva, percepibile unicamente attraverso manifestazioni non controllabili e misteriose. Per servirci di un linguaggio figurato, possiamo affermare che l'Evoluzione ha dotato l'essere umano di un sufficiente armamentario difensivo, paragonabile ad un reticolo di protezione, una specie di derma psichico, che fa sì che di norma, nell’accezione statistica del termine, le due entità convivano senza disturbarsi troppo l’un con l'altra; anzi, nei casi filogeneticamente più ’riusciti’, si ignorano totalmente, per cui ne risulta una coabitazione alquanto armoniosa. Tale coesistenza risulta invece molto più problematica allorquando all’orizzonte si affacciano le "bande di beduini armati" che, nelle loro scorrerie, lacerano e invadono le "tende e le corde" del villaggio, strappando in tal modo il tessuto connettivo-evolutivo che teneva insieme le due entità sopracitate.
Evidentemente, mi riferisco qui al ‘trauma’, che piombando sulla fragile organizzazione egoica, tanto più fragile quanto più la rete sinaptico-neuronale è immatura, ne scompiglia non solo il funzionamento del momento, ma ne incrina la possibilità stessa di sviluppo futuro. La ‘esah,’ magnifico termine ebraico che indica "progetto, programma", ne risulta geometricamente scompigliata, le informazioni contenute nel suo interno non sono più riconoscibili e la sopravvivenza dell'entità psicobiologica è improvvisamente messa a rischio: l”opera del "Creatore" è seriamente minacciata e, con essa, viene messo a repentaglio il naturale svolgersi dellle cose. Se lo sconvolgimento è troppo potente, cioé troppo precoce rispetto alla psicogenesi evolutiva dell’Io, la fissazione al trauma sarà totale, il programma non potrà più esprimersi e rimarrà in un certo senso ancorato al punto di rottura, che verrà così riprodotto incessantemente nelle sue quasi-infinite variazioni di tema. Mi riferisco ovviamente alla psicosi e alle sue produzioni allucinatorie e deliranti. Se invece la lacerazione consentirà al tessuto egoico di mantenere una relativa elasticità, e quindi un relativo superamento dell’ accadimento mortifero, ecco allora che le eco della rottura si propagheranno all'interno degli stadi successivi di sviluppo, connotandoli fortemente con la loro presenza, diventando tracce indelebili dell'urto avvenuto. Come ho cercato di mettere in luce tramite la comparazione con il Manuale di Psichiatria, subito dopo l'evento traumatico si può assistere all' insorgere di immagini, che sono per lo più produzioni fantastiche, il cui unico scopo è quello di mantenere coeso il sistema intrapsichico, ossia di impedire al processo di scissione tra le varie parti componenti l’apparato psichico di estendersi fino a provocarne il collasso. L'ipotesi che ho sostenuto è che tali fantasie siano connaturate in un certo qual modo con l'essere umano poiché da un lato sono un prodotto del processo evolutivo di ominizzazione e pertanto indipendenti dai fattori d esperienza e di acculturazione presenti all'interno del campo percettivo, coevo del trauma; d'altro canto, esse sono al contempo i residui di esperienze antecedenti, stratificatesi in tracce mnestiche inconsce. In parole più semplici, penso che uno stimolo traumatico produca una reazione intrapsichica programmata, che è a sua volta la risultante di perturbazioni antecedenti, che non sono in relazione diretta con l'evento scatenante del momento attuale.
In altri termini, l'ipotesi che qui avanzo è che l’intera organizzazione difensiva che protegge l'apparato psichico (definito da Freud in termini di Es-Io-Super-io nelle varie componenti inconsce-preconsce-consce), si possa descrivere usando l’esempio di un reticolo cristallino, all'interno del quale esiste una disposizione spaziale regolare di atomi, ioni e molecole. Naturalmente, le molecole che qui vengono considerate non sono composti chimici ma unità elementari di rappresentazioni e affetti. In parole molto semplici, proseguendo nell' esempio sopracitato, si può descrivere il processo traumatico come un’interruzione che viene a determinarsi all’ interno dello schema reticolare, che provoca delle lacune nella disposizione ordinata del reticolo stesso. I posti vuoti che vengono così a crearsi (detti anche ‘buche’ nel linguaggio dei semiconduttori), fungono da attrattori rispetto agli elettroni circostanti. Ne risulta una grande entropia che ingenera un processo di facilitazione nel passaggio della corrente: assistiamo cioé a una maggior mobilità delle cariche presenti nel campo. Tale è, a mio avviso, il primo e fondamentale degli effetti che si originano dal trauma: una accelerazione delle particelle elementari circostanti, che vengono attratte dalla lacuna con aumentata facilità. A seconda del modello di riferimento utilizzato, questa maggior mobilità potrà essere descritta in termini di irruzione del sistema primario dentro il sistema secondario; oppure, se i parametri di riferimento sono unicamente biologici, si assisterà a una variazione nella produzione e nella velocità di trasmissione dei mediatori chimici (neurotrasmettitori): a mio parere, la biunivocità del fenomeno, che coinvolge istantaneamente psiche e soma, è talmente simmetrica, che, qualsiasi angolo di visuale si adotti, l' osservazione conduce alle medesime conclusioni. L' effetto di questa maggiorata mobilità energetica comporta, secondo me, un altro fenomeno di particolare rilevanza. Ancora una volta ricorrerò ad un esempio mediato dalla fisica per tentare di descriverlo in modo appropriato. Prendiamo in esame la definizione che ci fornisce la fisica ottica: "Se l'immagine si vede in un certo punto, dal quale i raggi sembrano provenire rispetto all'osservatore, mentre in realtà provengono da un altro punto, l'immagine è detta immagine virtuale"18 : in un linguaggio prettamente psicologico voglio cioé affermare che lo scompiglio del trauma nello schema difensivo, che unisce/separa il sistema primario dal sistema secondario, ha come effetto immediato il fatto che la produzione fantastica si sovrapponga sistematicamente alla percezione. Ossia: la rappresentazione di un oggetto materiale esistente in un campo esterno all’occhio (immagine reale = percezione /coscienza) viene continuamente sostituita dalla rappresentazione prodotta per via endogena, che, collocata al posto di quella reale, diventa in tal modo visibile (immagine virtuale = fantasia/proiezione). In un linguaggio più figurato, possiamo desumere che il trauma interponga uno schermo sul piano dell’ immagine reale (per riagganciarmi a quanto illustrato prima: quasi la avviluppi in un velo) in modo tale che le informazioni sensoriali vengano sempre e solo analizzate ed interpretate da recettori ultraselettivi, che funzionano su un circuito ristretto, rivolto per lo più a captare eccitazioni interne, sovrapponendole agli stimoli esterni. Ricorrendo alla terminologia della psicologia genetica, si può parlare di un processo logico-percettivo fortemente sbilanciato in direzione dei meccanismi di accomodamento, a scapito dell'assimilazione dei dati oggettivi di realtà; in questo senso, il trauma dilata ed amplifica la risonanza della realtà psichica, depauperando in tal modo la realtà oggettiva.
Riassumo per chiarezza quanto ho esposto fino ad ora. Essenzialmente ho presentato questi tre concetti fondamentali: I°) Il trauma consiste in un'interruzione della barriera energetica che unisce/separa il sistema secondario da quello primario; II°) durante tale interruzione, si assiste all'irruzione massiccia di energia libera, non vincolata, che invade l'organizzazione psicobiologica intera, sottoponendola ad un sovraccarico tensionale estremamente nocivo; III°) si attiva quindi un insieme di meccanismi difensivi supplettivi, ausiliari, che tentano di controllare il flusso di particelle elementari libere, quasi ‘agglutinando’ l’energia di eccitazione libera in sottoinsiemi affettivi e rappresentazionali, che vengono dapprima resi compatibili con i gruppi di elementi già presenti nel sistema e in un certo senso resi innocui (in quanto si instaura una forza di attrazione, cioè un legame), per poi essere estroflessi sotto forma di fantasie (preconsce), preorganizzate dalla memoria filogenetica inconscia. A mio parere, è facile ricavare da questa descrizione il funzionamento dei tre processi difensivi fondamentali, vale a dire la condensazione (agglutinazione), l’ identificazione (compatibilità con l’insieme del sistema) e la proiezione (estroflessione del prodotto/fantasia).
Decenni di osservazioni scientifiche ripetute e sistematiche hanno ormai dimostrato come, di norma, il luogo deputato dalla filogenesi al manifestarsi di tali fantasie inconsce sia il sogno-sonno, ossia una situazione psicosomatica in cui il flusso di eccitazioni in eccesso viene smaltito e il livello tensionale è ricondotto vicino ai valori di funzione ottimale. Tuttavia, in molti casi, tali fantasie appaiono al di fuori della sopracitata ‘attività cardinale del sonno-sogno’ 19 , presentandosi sotto forma di fantasticherie di veglia. L’elaborazione di queste fantasie può compiersi in direzione della produzione artistica, della formazione di una conflittualità nevrotica oppure nella sovrapposizione totale di tali immagini fantasiose e irreali sull'attività percettiva (allucinazione). È ormai noto infatti come il delirio percettivo risponda fondamentalmente alle stesse leggi che regolano l’attività onirica: in entrambi i casi, si tratta di un contenuto inconscio che riesce a superare la barriera delle censure e a trasporre, sia pur in modo analogico e secondo un moto retto dallo spostamento/condensazione, il proprio messaggio all'interno della coscienza.
La distribuzione di tali possibilità, fantastiche, artistiche, oniriche o psicotiche, che all'origine godono di eguali probabilità indifferenziate di apparizione, viene operata dalle potenzialità del terreno, che allinea le variazioni discontinue del fenomeno all’interno di insiemi a caratteristiche omogenee. In sintesi, ciò che desidero affermare è che l’effetto principale dell’ interruzione traumatica operata sullo schermo energetico difensivo è quello di costringere l’intera organizzazione psicobiologica a ricercare una situazione già sperimentata, di analoga intensità a quella che si viene a produrre durante l'impatto traumatico (secondo il principio di azione-reazione), in modo tale che la disorganizzazione possa essere ricondotta all'interno di una struttura ordinata, compatta e riconoscibile, che limiti la forza di dispersione dell’onda deviante e ne smorzi l’effetto disgregante sulle componenti principali del sistema stesso, mantenendone l’integrità e l’identità. In ultima analisi, il trauma sottomette l’ organizzazione psicobiologica allo sforzo di ricondurre all’interno di una eguaglianza preesistente i valori di una incognita che destabilizza il sistema.
Tentare di rendere riconoscibile l’incognito, ecco, a mio avviso, il vero messaggio che ci tramanda Giobbe. A distanza di duemilacinquecento anni, il “Libro di Giobbe” mantiene inalterato tutto il fascino del suo mistero: il vero motivo per il quale Egli seppe resistere alla sofferenza e non sprofondò nella maledizione e nel rinnegamento di Dio (pazzia), allontanando da sé la tentazione della bestemmia (suicidio), non ha ancora ottenuto quella risposta chiara e definitiva da cui l’Umanità intera trarrebbe immensi vantaggi .Certamente un mistero di Fede, verso il quale gli stessi teologi tuttavia si dimostrano divisi: chi ne esalta le virtù di pazienza e sopportazione, chi le doti di perseveranza , di sapienza e di onestà. .L’Islamita evidenzia soprattutto il coraggio e l'obbedienza. Interrogati a proposito, il Genetista pronuncerebbe ipotesi cromosomico-ereditarie, mentre il Biologo propenderebbe verso la quantificazione dei livelli dopaminergici. Nel suo celebre saggio: "Risposta a Giobbe" 20 , C.G.Jung affronta il tema dell' imperfezione e della dicotomia tra bene e male, sostenendo che soltanto nell'unificazione tra l'uomo e il proprio inconscio è possibile trovare una via di salvezza. Chiaramente, lo scopo del presente lavoro non era quello di fornire una risposta a tale mistero; l’intenzione enunciata all'inizio è semplicemente quella di evidenziare la grande similarità, impermeabile allo Spazio/Tempo, che accomuna le forme della sofferenza degli esseri umani e mi sembra di aver dimostrato l'ipotesi. A tal fine, avrei potuto con egual risultato appoggiarmi alle Geremiadi o alle Lamentazioni di Ezechiele, ma non avrei avuto a disposizione un materiale espositivo così copioso e preciso.
Termina dunque qui il mio discorso su Giobbe e, con esso, abbandono anche la terminologia e la dimensione epistemologica della Psicologia Clinica che ho utilizzato per stabilire il parallelismo ricercato; a questo proposito, mi sento profondamente in sintonia con Freud nel riportarne la seguente dichiarazione: "La psicoanalisi sta alla psichiatria all’incirca come l'istologia all' anatomia: quest’ultima studia la forma esterna degli organi, l’altra la loro configurazione a partire dai tessuti e dalle particelle elementari" 21 .
Ho sempre trovato questa affermazione estremamente equilibrata, unificante ed esente da qualsiasi conflittualità o sterile rivalità.

© Pier Luigi Bolmida

Fine seconda parte.
Prima parte
Terza parte

Note:

1 S. Freud: “Apparato psichico e mondo esterno” in: “Compendio di Psicoanalisi”, pp.625 e sgg.; O.S.F. vol.XI, Boringhieri, Torino, 1979.
2 S. Freud: “L’Uomo Mosé - terzo saggio” in :”L’Uomo Mosé e la religione monoteistica”, p. 418, O.S.F., vol.XI, Boringhieri, Torino, 1979.
3 G. Ravasi:“Il Libro di Giobbe”, Rizzoli, Milano, 1989.
4 C. G.Jung: “Risposta a Giobbe”, Rizzoli, Milano, 1964.
5 S. Arieti ”Manuale di Psichiatria”, Boringhieri, Torino, 1977 2ª.
6 S. Arieti, cfr: “L’esperienza percettiva nella depressione” pp.2138-40, vol.III, op.cit.
7 S. Arieti, cfr: “L’esperienza percettiva nella depressione” pp.2138-40, vol.III, op.cit.
8 S. Arieti, cfr: “L’esperienza percettiva nella depressione” pp.2138-40, vol.III, op.cit.
9 S. Arieti, cfr: “L’esperienza percettiva nella depressione” pp.2138-40, vol.III, op.cit.
10 In realtà si tratta di immagini “ipnopompiche”, che si originano durante la vita onirica e continuano ad agire durante la vita di veglia.
11 S. Arieti, “ Simboli e immaginazioni nella depressione”, pp.2140-42, vol.III, op.cit.
12 S. Arieti, “Simboli e immaginazioni nella depressione”, pp.2140-42, vol.III, op.cit.
13 S. Arieti, “Relazione col SÊ e l’esperienza soggettiva in Depressione”, pp. 2136-40.
14 S. Arieti, “Relazione col SÊ e l’esperienza soggettiva in Depressione”, pp. 2136-40.
15 S. Arieti, “I contenuti del sogno in depressione”, p. 2141,vol.III, op.cit.
S. Arieti, “I contenuti ideativi della depressione”,pp;214” sgg.vol.III;op.cit.
16 S. Arieti, “Il suicidio come sbocco finale dell’autodistruzione”, p.1554,vol.II,op.cit.
17 S. Freud: “L’Io e l’Es”, in O.S.F., vol. IX, Boringhieri, Torino, 1979.
18 AA.VV.: “Dizionario Enciclopedico dei termini scientifici” della Oxford University Press,, Rizzoli, Milano, 1990.
19 S. Fanti: “La Micropsicoanalisi”, Borla, Roma, 1983.
20 P. Dhorme: “Le livre de Job’, Gabalda, Paris, 1970.
21 S. Freud: “Psicoanalisi e Psichiatria”, p.418, in:”Introduzione alla Psicoanalisi”, O.S.F., vol.VIII, Boringhieri, Torino, 1978.

     
 

 
 
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