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Scienza e Psicoanalisi
 OSSERVATORIO
Osservatorio di Psicoanalisi applicata
Articolo di Pier Luigi Bolmida  
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La Legge di Giobbe:
Immagini collettive e destini individuali (il sistema inconscio).
Parte 3ª

29 aprile 2002

“... Paragoniamo quindi il sistema dell’inconscio a una grande anticamera, in cui gli impulsi psichici giostrano come singole entità. Comunica con questa anticamera una seconda stanza più stretta, una specie di salotto, in cui risiede anche la coscienza. Ma sulla soglia tra i due vani svolge le proprie mansioni un guardiano, che esamina, censura i singoli impulsi psichici e non li ammette nel salotto se non gli vanno a genio. Comprenderete subito che non fa molta differenza se il guardiano respinge un impulso non appena esso compare sulla soglia, o se lo caccia via dopo che è entrato nel salotto. È solo questione del grado della sua vigilanza e della sua tempestività nel riconoscimento (omissis). Gli impulsi nell’anticamera dell’ inconscio sono sottratti allo sguardo della coscienza, che infatti si trova nell’altra stanza: inizialmente essi sono destinati a rimanere inconsci. Se si sono già spinti fino alla soglia e sono stati rimandati indietro dal guardiano, ciò significa che sono inammissibili alla coscienza. In tal caso li chiamiamo rimossi. Ma anche gli impulsi che il guardiano ha ammesso oltre la soglia non sono per questo diventati necessariamente coscienti. Lo possono fare solo se riescono ad attirare su di sé lo sguardo della coscienza. A buon diritto chiamiamo perciò questo secondo vano il sistema del preconscio. Incorrere nella rimozione invece, significa per ogni singolo impulso che il guardiano non gli consente di penetrare dal sistema dell’inconscio in quello preconscio (omissis.). Vorrei assicurarvi che queste rozze ipotesi dei due vani, del guardiano che giudica e sorveglia sulla soglia tra di essi e della coscienza come spettatrice all’estremità della seconda sala, hanno purtuttavia un significato, in quanto approssimazioni molto vicine al reale stato dei fatti...” 1
Ho voluto iniziare la terza e ultima parte della mia ricerca riportando questa citazione di S. Freud, che al contempo avvalora ed illustra l”ipotesi avanzata in precedenza, riguardo all’esistenza di "organizzatori psichici", che agirebbero in qualità di “contenitori/schermo” pronti ad attivarsi per proteggere il sistema psicobiologico dall’irruzione di elementi inconsci, incompatibili con l’organizzazione egoica e superegoica.
In effetti, anche il Maestro, per descrivere i processi che avvengono all’interno dello psichismo profondo, non può esimersi dall’utilizzare un’immagine di natura prettamente giudiziaria (la stessa che anima la scena del “Libro di Giobbe” e dei suoi antecessori storici, oltre che il “Manuale di Psichiatria” sopra citato): esiste un guardiano, che esamina, giudica e sancisce le possibilità di sopravvivenza di un’entità postulante (un impulso psichico), che richiede di essere ammessa e riconosciuta come paritaria all’interno della normale attività mentale dell’Io (il salotto buono dove risiede la Coscienza): se il giudizio sarà sfavorevole, l’entità postulante sarà eliminata, cioé cacciata in quelle zone intrapsichiche ove “lo sguardo della coscienza” potrà ignorarla. Vorrei anche mettere in evidenza l’esigenza di Freud di rassicurare il Lettore che non si tratta di “rozze ipotesi” fantastiche ma di “approssimazioni molto vicine al reale stato dei fatti”. Ma dove inizia esattamente la realtà di tale affermazione, se non si tratta semplicemente di un paragone immaginifico? Io sostengo che l’affermazione di Freud vada letta nel suo senso letterale, ossia nel fatto che la principale attività svolta dal sistema preconscio consista nel legare alcune eccitazioni intrapsichiche che si muovono liberamente nell’inconscio, trasformandole in immagini percepibili, cioé iperinvestendo proprio la funzione visiva. Ossia la mia ipotesi è che "la rappresentazione della cosa", composta da tracce mnestiche puramente sensoriali e motorie, per poter essere trasformata in "rappresentazione della parola", subisca una elaborazione intermediaria preconscia, durante la quale la traccia mnestica è tradotta in impulsi direttamente visualizzabili dalla percezione, interna o esterna, prima di poter essere trasformata in esperienza linguistica e quindi in contenuto ideativo. In altri termini, considero che la traccia mnestica venga trasformata in un’immagine visiva endopsichicamente percepibile: “...Processi consci alla periferia dell’Io, e tutto il resto che è nell’Io inconscio: sarebbe questa la situazione più semplice che dovremmo supporre. Può darsi che in effetti le cose stiano così per gli animali, ma per gli uomini si aggiunge una complicazione in virtù della quale anche alcuni processi interni all’Io possono acquistare la qualità della coscienza. Ciò è opera della funzione linguistica, la quale stabilisce uno stretto collegamento fra i contenuti dell’Io e i residui mnestici delle percezioni visive e anche con quelli delle percezioni auditive...”. 2
Questo è un punto fondamentale in tutto il mio discorso, che in questo contesto devo purtroppo ribadire in modo un po’ assiomatico e sbrigativo; la trattazione completa della mia ipotesi infatti prevederebbe da sola un lavoro molto più ampio del presente. Quello che desidero affermare, in ultima analisi, è riconducibile al fatto che la rappresentazione dei rapporti logici e dello stesso pensiero astratto necessiti per espletarsi di una raffigurabilità visiva che non si compie soltanto nell’attività onirica o nelle produzioni artistiche, pittoriche, scultoree o altro, ma all’interno della percezione stessa. Sostengo in altri termini che nel processo evolutivo sia l’incisione rupestre 3 a strutturare il linguaggio e non viceversa , ossia che le parole primordiali siano suoni che tentano di esprimere e trasmettere in modo astratto (cioé svincolato dalla permanenza del segno concreto) il significato contenuto nelle rappresentazioni visive raffigurate dai segni ideografici: “... É noto dall’Interpretazione dei sogni il modo in cui si effettua la regressione dei residui diurni preconsci nella formazione onirica. In tale processo i pensieri si trasformano in immagini prevalentemente visive, ossia le rappresentazioni di parole vengono ricondotte alle rappresentazioni di cose che ad esse corrispondono, come se in definitiva il processo fosse dominato da considerazioni relative alla raffigurabilità...”. 4
Considero pertanto la trasformazione dei pensieri in immagini visive evidenziata da Freud come una regressione ad un processo di raffigurabilità di origine essenzialmente filogenetica, che viene costantemente ripetuta e ricapitolata nell’ontogenesi.
D’altronde, l’importanza della funzione visiva era già stata ampiamente sottolineata da Freud in un precedente scritto: “...Questo cambiamento si connette soprattutto con la diminuzione degli stimoli olfattivi, per mezzo del quale il processo mestruale agiva sulla psiche maschile. Il loro posto fu preso dagli eccitamenti visivi, che, contrariamente agli intermittenti stimoli olfattivi, potevano mantenere un effetto permanente (omissis...). All’inizio del fatale processo di incivilimento, ci sarebbe dunque l’ergersi dell’uomo da terra. La catena degli eventi, dopo esser passata attraverso la svalutazione degli stimoli olfattivi, procedette di qui fino ad attribuire preponderanza agli stimoli visivi, alla visibilità dei genitali e, oltre, fino alla continuità dell’eccitamento sessuale, alla fondazione della famiglia primitiva (Freud chiama qui "famiglia primitiva" quel che altrimenti aveva perlopiù chiamato"‘orda primordiale") e in tal modo fino alla soglia della civiltà umana...”. 5
È proprio la concatenazione degli eventi messa in luce da Freud e da me evidenziata in grassetto che costituisce il punto di incontro fra le varie parti del mio discorso e le rende uniformi e armoniche tra loro. Mi soffermo a riassumerle brevemente..
Nella prima parte del mio lavoro, ho sostenuto l’ipotesi di un tentativo filogenetico volto alla costruzione di un nuovo pensiero religioso, basato su un dio oggettivo che, al contrario del dio totemico, non protegge né punisce. In realtà, questo contenuto ideativo non elimina l'affetto soggiacente alimentato dal trauma, per cui la necessità di ripristinare la funzione del dio protettore e punitore si impone e ritorna per coazione a ripetere.
Successivamente ho cercato di dimostrare come, in occasioni traumatiche, all’interno dello psichismo preconscio si attivino delle immagini, idee e fantasie il cui scopo fondamentale è quello di mantenere coeso il sistema psicobiologico, che altrimenti risulterebbe invaso dagli impulsi inconsci rimossi e ne verrebbe distrutto. Ho voluto dimostrare come l’insieme di queste rappresentazioni preconsce-consce, che clinicamente viene definito come "reazione depressiva", sia in realtà di origine innata. Considero pertanto che la qualità del processo reattivo non sia in relazione diretta e causale con l’evento scatenante specifico, agente nel presente. In parole più semplici, penso che uno stimolo traumatico, situato nella realtà attuale, produca una risposta geneticamente programmata dall’ereditarietà psichica, a sua volta derivata da perturbazioni antecedenti.
La terza parte sarà tesa a elucidare quale sia il vero Trauma, inscritto nell’Inconscio e tramandato per eredità psichica, che la reazione difensiva preconscia sopra descritta tenta di arginare tramite la produzione delle suddette immagini e fantasie.
Se si segue l’elaborazione freudiana appena citata non si può fare altro che ritornare al Trauma Filogenetico Originario inerente all’orda primiordiale e all’uccisione del padre totemico: in questo senso, si verrebbe a chiudere un grande circuito associativo che ci riporterebbe al punto di origine di tutto il discorso: all’inizio della propria storia, la Umanità commette il crimine primigenio che viene a incidersi della memoria ancestrale della Specie sotto forma di un senso di colpa inconscio; sulle fondamenta di tale delitto riposa ogni tentativo umano di costruzione di una convivenza sociale, della regolamentazione etica o del senso religioso. Ogni individuo appartenente a tale Specie nascerà schiacciato tra l’incoercibile esigenza di ripetere tale uccisione rispetto al proprio genitore, per accedere alla conquista della femmina/Madre, e la necessità di rinunciare a tale impulso, al fine di evitarne la punizione, ossia la castrazione. L’intelligenza, ovvero il sistema legato alla Percezione/Coscienza, spinge l’essere umano verso soluzioni sempre più complesse e articolate, che possano allentare la morsa del conflitto genetico-ereditario di cui è inconsapevole “portatore sano”. Razionalmente egli si costruisce un pensiero oggettivo progressivamente sempre più logico-astratto e, ancora razionalmente, tenta di reagire alle avversità esistenziali elaborando strumenti che lo rinforzino nel corpo e nella mente. Ma la realtà affettiva (inconscia) del Complesso di Evirazione, immutabile ed eterna, perché al di fuori dello Spazio/Tempo e dell’ esperienza ontogenetica collettiva e individuale, continuamente torna a riproporsi sovrapponendosi e vanificando tutti i suoi sforzi. L’Uomo nasce predisposto a sviluppare, nei migliori dei casi, una reazione depressiva, dolorosa mescolanza di rinuncia, di automutilazione, di tabù, tesa a placare la traccia mnestica di un padre-dio-totem sempre pronto all’ evirazione. Ed è questa la Legge di Giobbe che ho voluto illustrare e che corrisponde perfettamente alla realtà messa in luce dall’investigazione operata da S. Freud.
Ma a questo punto desidero tentare un’interpretazione del trauma originario un po’ diversa da quella proposta dall’ortodossia psicoanalitica, anche se penso, nel presentare la mia ipotesi, di muovermi lungo una direttrice ancora prettamente freudiana. La base teorica che sostiene tutto l’ulteriore sviluppo del ragionamento è fornita dalla ormai celebre definizione elaborata da N.Peluffo della: “psiche come rappresentazione dei processi somatici”. 6 Tale definizione, forgiata sul concetto freudiano della “pulsione come rappresentante psichico degli stimoli che traggono origine dall’interno del corpo”7 , possiede l’indubbio vantaggio di considerare le due entità osservate, appunto la psiche e il soma, senza introdurre tra di esse alcun elemento di separazione, divisione, ramificazione o contrapposizione; vengono pertanto descritte come manifestazioni epifenomeniche diverse di unico insieme di eventi energetici.
Introdotta tale definizione, riprendiamo la citazione freudiana da cui siamo partiti e più esattamente la frase che riguarda la relazione tra la preponderanza acquisita dagli stimoli visivi nel corso del processo di ominizzazione, in funzione dello sviluppo della famiglia e della civiltà: “All’inizio del fatale processo di incivilimento, ci sarebbe dunque l’ergersi dell’uomo da terra. La catena degli eventi, dopo esser passata attraverso la svalutazione degli stimoli olfattivi, procedette di qui fino ad attribuire preponderanza agli stimoli visivi, alla visibilità dei genitali e, oltre, fino alla continuità dell’eccitamento sessuale, alla fondazione della famiglia primitiva e in tal modo fino alla soglia della civiltà umana...”. Ciò che desidero mettere in evidenza è che questa affermazione contiene e conserva la stessa struttura associativa dell’ ”Edipo re’ di Sofocle, vale a dire esprime una condensazione che stabilisce un rapporto di contiguità e vicinanza tra due funzioni somatopsichiche, ossia 1°) l’acquisizione della statura eretta e della deambulazione bipede, che comporta la svalutazione dell’ olfatto, e 2°) il conseguente iperinvestimento delle capacità visive. Inoltre, le due funzioni fisiologiche vengono messe in relazione con l’attività sessuale, che da periodica si trasforma in funzione permanente e richiede pertanto la conquista e il possesso di una femmina. Ora soffermiamoci a considerare la definizione della parola "de-ambulazione"; che descrive "la capacità di alcuni Primati di spostarsi appoggiandosi unicamente sugli arti inferiori" e teniamo anche conto che il prefisso “dê” in latino indica sempre l’allontanamento, l’abbassamento, quindi la separazione o la privazione di una qualità o di un’azione che si trova così degradata. 8 Avremo a questo punto stabilito un contenuto associativo estremamente importante all’interno della frase di Freud: l’erigersi da terra comporta il degradarsi delle capacità motorie quadrumani, la perdita della sicurezza del mondo olfattivo (venuta a consolidarsi durante un periodo quantificabile in migliaia di millenni) e la coercizione a lottare per la conquista permanente di una femmina , non più legata alla periodicità dell’estro ma subordinata alla visibilità dei genitali. Come ho sottolineato in precedenza, due funzioni fisiologiche, il camminare e il vedere, vengono collegate tra loro e quindi messe in relazione con l’esercizio dell’attività sessuale. e questo insieme associativo esprime e contiene un legame intrinseco fortemente coordinato. Riassunta nei suoi minimi termini, ecco allora apparire la trama dell’Edipo re. Come ha magistralmente dimostrato Q. Zangrilli: ‘...Il particolare del piede (per altro presente in molti miti ed opere letterarie, si pensi solo al celeberrimo "tallone di Achille") tornerà ancora nel mito di Edipo. Non solo; il nome Edipo ("piede gonfio") esprime anche una certa caratteristica genealogico-familiare: Edipo è figlio di Laio, "il mancino", figlio minore di Labdaco, "lo zoppo", discendente di Efisto ,"lo zoppo"...”. 9
Edipo dunque, azzoppato alla nascita, figlio di zoppo e nipote di zoppo, per sopravvivere si ritrova a risolvere un quesito sulla deambulazione. Sciolto l'enigma, a un bivio viene di nuovo azzoppato dal padre. Dopo essersi congiunto carnalmente con la madre, si toglie la vista.
La struttura associativa proposta nel "Disagio della civiltà" è la stessa dell' "Edipo re" di Sofocle. L’importanza attribuita ai due organi, cioè il piede - strettamente correlato all’ambulazione bipede - e l’occhio - forzatamente connesso al degradarsi degli stimoli olfattivi operato dalla visione - viene direttamente associata all’eliminazione del rivale (padre totemico), operazione necessaria al ricongiungimento con la femmina/Madre. Non solo, si viene a stabilire un’equazione che, nella mia ipotesi, assume secondo il principio di non-contraddizione che regola il sistema primario, un valore bi-direzionale, ossia può essere letta nei due sensi: > se si uccide il rivale si incorre nella perdita del piede e dell’occhio (castrazione) ma, considerata nel suo significato contrario, < il deterioramento o la perdita della visione e della deambulazione comportano ’ipso facto’ l’eliminazione della necessità stessa del padre totemico, quindi il disgregarsi dell’orda primordiale e il ritorno all’attività sessuale ciclica, estrale (regressione allo stato di fissazione precedente). 10
Soffermiamoci brevemente su questa lettura "rovesciata" dell’ Edipo, da cui risulterebbe che esiste effettivamente nello psichismo profondo un desiderio attivo e diretto di eliminazione delle due attività considerate (deambulazione e visione). Occorre a questo punto considerare il fatto che il percorso evolutivo non si è compiuto in modo armonico e progressivo ma è sempre e solo avvenuto in occasione di grandi mutazioni drammatiche, per lo più ambientali, e molto probabilmente l’acquisizione della statura eretta fu una conseguenza della pressione esercitata da una serie di perturbazioni catastrofiche (glaciazioni o altro), che obbligarono l’essere umano ad abbandonare in modo definitivo l’andatura quadrumane, di sicuro per muoversi più velocemente in rapporto al proprio peso e alla massa muscolare. Ossia una variazione endogena che ingenera una trasformazione interna, a sua volta tramandata ereditariamente alle generazioni future, che tuttavia conserva per inerzia le caratteristiche dello stato precedente (fissazione).
Avremmo qui definito l’ambivalenza primaria inscritta indelebilmente nello strato più arcaico e ancestrale dell’Es, concernente l’oscillazione tra il conservare e il distruggere le attività somatopsichiche di più recente acquisizione, rispetto al nucleo originario di più antica formazione, che tende costantemente a riproporsi. In definitiva, considero le due attività sopra descritte, l’andatura bipede e le ampliate capacità visive, nella loro reale natura di tentativi energetici, quindi pre-psichici e pre-somatici, la cui attivazione, avvenuta in epoche di molto posteriori, stabilisce un’interruzione, sia pur indispensabile per la sopravvivenza, che si inserisce all’interno di un continuum energetico di più antica durata, producendo una distorsione tensionale che richiede incessantemente di ritornare allo stato di quiete anteriore. Un conflitto insomma, tra il mantenere alcune funzioni vitali altamente articolate e specializzate, e che quindi richiedono un sovraccarico pulsionale molto elevato, e la regressione all’ equilibrio di uno stato antecedente, certamente più fragile ma molto meno complesso. In un linguaggio matematico, potremmo descrivere il processo come una incompatibilità tra serie diverse di funzioni continue e discontinue, mentre, utilizzando il modello di spiegazione psicoanalitico e micropsicoanalitico, avremmo definito i presupposti critici di squilibrio che attivano e mantengono la coazione a ripetere.
Ora prima di procedere è necessaria una digressione di natura prettamente anatomo-fisiologica. È fatto ormai noto e consolidato che l’acquisizione della statura eretta abbia avuto come primo effetto la possibilità di un progressivo ingrandimento della scatola cranica 11 e quindi un consequenziale ampliamento della massa cerebrale, accompagnato dallo sviluppo della corteccia esterna, elemento fondamentale per la acquisizione di ogni futura capacità logica e intellettiva. L’homo sapiens si trasforma in tale proprio in virtù di una mutazione posturale, che lo ha eretto da terra.
Ma forse è meno nota una seconda conseguenza dell’acquisizione della statura bipede: mi riferisco in particolare all’accorciamento del periodo gravidico. In altri termini, il tempo di gestazione dell’Umano si restringe, rispetto a quello dei suoi omologhi genetici quadrumani, di alcune settimane:”...l’attitudine alla stazione eretta e alla deambulazione richiede una serie di adattamenti anatomo-funzionali, in stretta connessione tra loro. La testa deve articolarsi con la colonna vertebrale in modo da disporsi con il piano del foro occipitale orrizontalmente sopra la colonna. Il torace deve appiattirsi, la scapola si sposta medialmente e in basso, si formano le curvature della colonna vertebrale (cervicale, dorsale, lombare, sacrale) con convessità anteriore alternata a concavità in modo da realizzare le compensazioni necessarie per l’equilibrio del corpo. La trasmissione agli arti si compie attraverso l’articolazione coxo-femorale, in cui la testa e il collo del femore si dispongono obliquamente rispetto alla diafisi dell’osso con un angolo di circa 120º. Ma le modificazioni forse più importanti si realizzano nel piede e nel bacino. Nel piede si forma una duplice volta plantare (antero-posteriore e trasversale) che consente sia la stazione eretta su un piano di appoggio definito da almeno tre punti (I e V metatarsale e tallone) che la deambulazione. Tutta la pianta del piede è dunque deputata al sostegno del corpo (le Grandi Scimmie poggiano sui margini laterali); ciò è possibile per il maggiore sviluppo delle ossa mediali del tarso e in particolar modo dell’astragalo, che tende a disporsi secondo l’asse maggiore del piede, e per il particolare sviluppo dell’alluce, il quale si dispone parallelamente alle altre dita. Questa struttura funzionale rende possibile la dinamica del piede in ordine alla marcia (omissis...). Secondo Coppens il raddrizzamento del corpo sarebbe stato raggiunto tra 8 e 7 milioni di anni fa. Questa acquisizione non sarebbe tuttavia incominciata con la trasformazione del piede, come a volte si dice, ma con l’adattamento del bacino, come si deduce dallo studio dell’ Australopiteco arcaico. Il bacino si fa più largo che alto, con sacro concavo anteriormente, ileo svasato, pube corto. Esso può accogliere i visceri e trasmettere il peso del tronco agli arti inferiori. Naturalmente prendono un forte sviluppo anche alcuni muscoli, quali i glutei che si inseriscono nell’osso iliaco e i muscoli della gamba Si assiste a un raccorciamento del periodo di gestazione, che si attesta intorno alle 36-40 settimane (mentre nelle Grandi Scimmie si calcola intorno alle 42)...”. 12
La Specie Umana, nella sua totalità, diventa quindi, per necessità anatomo-funzionale derivata da pesi e pressioni associate alla forza di gravità, una specie nata prematura, deprivata anticipatamente del contatto placentare geneticamente programmato. L’Uomo nasce dunque incompleto per Volontà Gravitazionale, la vera Legge che lo separa dalla madre.
Desidero a questo punto operare una sintesi delle informazioni fino a qui esposte:
- 1° Seguendo l’intuizione freudiana, ho cercato di dimostrare come lo sviluppo del Sistema Preconscio sia essenzialmente riconducibile all’iperinvestimento della vista, primo indispensabile supporto e matrice che elabora le tracce sensoriali mnestiche in immagini visive che possono venire riprodotte e in seguito tradotte in parole, simboli, sogni, miti, e pensieri, seguendo lo sviluppo degli infiniti concatenamenti degli spostamenti intra-psichici.
- 2° Ho messo in evidenza come, filogeneticamente, la preponderanza degli stimoli visivi sia concomitante, o per lo meno in intima connessione, con l’acquisizione della statura eretta che comporta la necessità di adottare la deambulazione bipede.
- 3° In seguito ho connesso l’elaborazione freudiana: “...La catena degli eventi, dopo esser passata attraverso la svalutazione degli stimoli olfattivi, procedette di qui fino ad attribuire preponderanza agli stimoli visivi, alla visibilità dei genitali e, oltre, fino alla continuità dell’eccitamento sessuale, alla fondazione della famiglia primitiva e in tal modo fino alla soglia della civiltà umana...” con la struttura letteraria dell’Edipo Re, evidenziando come, sia in Sofocle che in Freud, gli organi piede/occhio e le rispettive funzioni psicofisiologiche camminare/vedere siano messe in stretta relazione con l’esigenza ambivalente di eliminare un fattore di perturbazione profonda, che può essere individuata all’esterno nel padre totemico o all’interno come desiderio inconscio di sopprimere il sovraccarico energetico-pulsionale causato dalle neofunzioni acquisite.
- Ho infine correlato tutto il processo con il fenomeno gravidico sopra menzionato, cioè l’accorciamento del tempo di gestazione derivato dalla statura eretta. Tale evento verrebbe a inserirsi come elemento di rinforzo e di aggravamento nella dinamica considerata, accrescendo in misura esponenziale i vissuti di perdita, accentuando i fattori di perturbazione esogena e amplificando le eco delle situazioni catastrofiche ambientali che sicuramente agirono come elemento scatenante nel processo di ominizzazione. 13
Ecco quindi esplicitarsi l’ipotesi che tento di dimostrare nel mio lavoro:
Esiste una spinta originaria che è al contempo somatica e psichica - ed è a questo livello che si ingenera la necessità di inserire la definizione di N.Peluffo sopra citata - che protende l’Uomo verso il continuo tentativo di eliminare il fattore di mutazione traumatica che lo ha insieme deprivato dei propri riferimenti filogenetici e disgiunto anticipatamente dal contatto placentare, interrompendo il processo prima che tale contatto giungesse al compimento del suo programma geneticamente definito. Il desiderio di incesto, così pressante, incoercibile e impossibile da attuarsi, che caratterizza la specie umana sarebbe in questa ottica riconducibile all’ esigenza di ritorno all’utero per esaurire la propulsione di una spinta di cui l’Evoluzione ha abbreviato la traiettoria ma non esaurito la forza, che prosegue per inerzia. Tale interruzione comporta una irrisolvibile contrapposizione tra pulsione di morte (ritorno all’utero-inorganico-indifferenziato-vuoto) e pulsione di vita (costruzione di entità psico-materiali, psicobiologiche e psichiche differenziate e stabili).
Questa oscillazione fondamentale viene espulsa per proiezione sull’ambiente esterno e si manifesta assumendo la forma del conflitto originario, basato sul bisogno-desiderio di conservare la complessità delle nuove funzioni acquisite durante l’Evoluzione e legate alla conservazione di sé e della Specie, oppure recuperare l’istintualità perduta annullando il processo di ominizzazione.
La conflittualità basale viene quindi ad assumere il suo aspetto definitivo attuandosi nell’esperienza realmente agita dell’uccisione del padre totemico e del susseguente senso di colpa inconscio che viene ad incidersi negli strati primigeni dello psichismo in formazione (l’Es filogenetico).
Da questo punto in poi, la scelta inconscia si potrà indirizzare unicamente verso le due direzioni illustrate: o progredire verso la colpa edipica (nevrosi da difesa) o regredire verso l’eliminazione delle funzioni dell’Io (nevrosi narcisistiche).
In questo senso, il Complesso di Evirazione, così come è stato descritto da S.Freud in “Totem e Tabù”e in seguito ripreso in “L’Uomo Mosé e la religione monoteistica’ e nel “Disagio della civiltà’ costituisce al contempo una traccia mnestica di un evento accaduto nella realtà preistorica, ma agisce anche come un contenitore/schermo, un organizzatore di tutti gli impulsi (inorganici, organici, biologici e psichici) la cui attivazione diretta comporterebbe la disgregazione del sistema somato-psichico.
E si può a questo punto concludere nel dire che la pressione esercitata dallo“sguardo della coscienza”continua da millenni a conservare l’equilibrio instabile del sistema, opponendosi come barriera difensiva all’aumento di entropia indotto dalle remote mutazioni traumatiche e dalle recenti trasformazioni evolutive.

© Pier Luigi Bolmida

Prima parte
Seconda Parte

Note:

1 S. Freud: “Resistenza e Rimozione”, pp. 4455-457, in: “Introduzione alla Psicoanalisi”, O.S.F., vol.VIII, Boringhieri, Torino, 1977 (il corsivo è mio).
2 S.Freud, “Qualità Psichiche”, p.489, in: “Compendio di Psicoanalisi,, O.S.F., vol.XI, Boringhieri, Torino, 1979 (il corsivo è mio).
3 E. Anati: “Gli elementi fondamentali della cultura”, Jaca Book, Milano,1983.
4 S. Freud: “Supplemento metapsicologico alla teoria del sogno” in “Metapsicologia”, p. 95, O.S.F.;vol.VIII, Boringhieri, Torino, 1976.
5 S.Freud, “Il disagio della civiltà”, pp. 489-91, O.S.F., vol.X, Boringhieri, Torino, 1978.
6 N. Peluffo: “Micropsicoanalisi dei processi di trasformazione”, Book’Store, Torino, 1976.
7 S. Freud: “Pulsioni e loro destini”, , p.17, in: “Metapsicologia”, O.S.F.vol.VIII, Boringhieri, Torino, 1976.
8 AA.VV. : “Il grande Dizionario dellla Lingua Italiana”, Garzanti, Milano, 1988.
9 Q. Zangrilli: “Edipo: rappresentazione antropomorfica del conflitto vitale” in: Bollettino dell'Istituto Italiano di Micropsicoanalisi n° 22 , Stampatori, Torino, 1997.
10 Il ciclo estrale comprende tre fasi: 1) anestro: nessuna attività sessuale, la femmina non è ricettiva e non attrae il maschio, gli organi della riproduzione sono inattivi; 2) proestro: gli organi della riproduzione diventano attivi; 3) estro (o calore): avviene l’ovulazione e la femmina diventa sessualmente attraente per il maschio” Da: “Dizionario Enciclopedico dei termini scientifici” della Oxford University Press, Rizzoli, Milano, 1990
Al di là dell’aspetto biologico, desidero sottolineare come il periodo di anestro, il più lungo rispetto agli altri due, implichi il ritiro della libido dall’oggetto esterno e quindi dalla realtà, a favore di un investimento totale dell’interesse verso l’Io. In questo senso, il periodo anestrale corrisponderebbe a un periodo di totale nevrosi narcisistica. Si confronti a tale proposito il lavoro di N.Peluffo: “L’interiorizzazione delle perturbazioni catastrofiche”
11 Ecco, riassunta schematicamente, l’evoluzione dell’albero genealogico umano:
Australopiteco (quatttro milioni a un milione di anni fa): aveva un cervello molto piccolo ma sapeva spostarsi con andatura bipede; attività precipue: scorgere animali predatori, cercare rifugio, trasportare cibo e bambini, afferrare pietre e bastoni.
Homo Habilis (due miloni e mezzo di anni fa) : possiede un cervello di 600/800 centimetri cubici, è il primo antenato fossile che si possa definire Uomo;fabbrica rozzi strumenti di pietra.
Homo Erectus (un milione e mezzo di anni fa): il suo cervello è di 800/1250 centimetri cubici. È di poche dimensioni inferiori al corpo attuale, mantiene la schiena eretta e possiede la capacità di dominare il fuoco.
Homo Sapiens (Neanderthal: centomila anni fa): il suo cervello è di 1500 centimetri cubici, seppellisce i compagni morti, elabora forme di linguaggio. Scompare all’improvviso.
Homo Sapiens Sapiens: attuale: nasce il neolitico . Tratto da:
Y.Coppens: “Ominoidi, ominidi e uomini”, p.67, Jaca Book, Milano, 1988
12 F.Facchini: “Il cammino dell’evoluzione umana”,pp.67 sgg., Jaca Book, Milano ,1994.
13 N. Peluffo: “L’interiorizzazione delle perturbazione catastrofiche”, in: Bollettino dell'Istituto Italiano di Micropsicoanalisi n° 3 , Stampatori, Torino,1986.

     
 

 
 
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