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Psicosomatica e psicoanalisi
Articolo di Quirino Zangrilli  
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Delirio, Sogno, allucinazione: una interpretazione de "La Gradiva" di Jensen *

21 novembre 2006

Come è noto, nella Gradiva di Jensen, che tanto appassionò Freud 1 , il protagonista, l’archeologo Norbert Hanold, visitando un museo di Roma, scopre un bassorilievo che lo colpisce tanto da spingerlo a procurarsi un calco in gesso dell’opera, da portare a casa. Su tale bassorilievo è rappresentata una figura femminile nell'atto di camminare, con una grazia così naturale che sembra dar vita all'immagine di pietra. Norbert comincia a sentire progressivamente un’ossessionante attrazione per la figura di pietra, un interesse che egli stesso riconosce andare al di là della curiosità professionale e da alla figura il nome di “Gradiva”, l’avanzante.


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Gradiva di Jensen

Poco dopo, fa un sogno d’angoscia in cui si trova nell’antica città di Pompei proprio nel momento in cui il Vesuvio in eruzione sta per distruggere la città. Nel sogno scorge Gradiva davanti a lui e gli sorge l’idea, decisiva per la strutturazione del delirio, che Gradiva fosse pompeiana e che entrambi fossero vissuti, contemporaneamente, nell’antica Pompei. Prima che egli possa avvertirla, la Gradiva viene sepolta dall’eruzione. La coazione a ripetere è diabolicamente inarrestabile Non riuscendo ad ab-onirizzare tale sogno, il delirio si impossessa di lui. Un interesse occupa completamente la sua mente e cioè il problema “di quale essenza fosse l’apparenza corporea di un essere, come la Gradiva, contemporaneamente morto e vivo, anche se vivo solo durante l’ora meridiana degli spiriti”. E’ lei stessa che entra in un suo sogno per guarirlo, utilizzando, sottolinea Freud, dei procedimenti che molto somigliano a quelli della psicoanalisi. Alla fine Norbert riconosce in lei Zoe Bertgang, la graziosa vicina, un tempo compagna dei suoi giochi d’infanzia e i suoi sentimenti si spostano dalla donna di pietra alla donna di carne, rompendo il cerchio del delirio.
L’operazione di ab-onirizzazione è una funzione psichica postulata da Silvio Fanti e così descritta nel Dizionario di psicoanalisi e micropsicoanalisi: “Ab-onirizzazione: completa il lavoro del sogno metabolizzando psichicamente o somaticamente i resti notturni2
I resti notturni, come sappiamo, sono i residui inconsci rappresentazionali-affettivi della riattivazione dei desideri utero-infantili che avviene nello stato di sonno-sogno.
Credo vi appaia chiara l’attrazione per lo splendido scritto di Jensen: si parla di un grande trauma che affonda nel passato, rappresentato letterariamente dal cataclisma di Pompei, che si tenta inconsciamente di riattualizzare, per cambiare il corso degli eventi. La Gradiva è la Statua errante, la Sfinge, l’Immagine che cattura tutte le energie vitali di Norbert. La guarigione avviene nel momento in cui lo psichismo del protagonista riesce a svincolarsi dall’imperio della statua (cioè dal delirio) e ad attualizzarsi nel presente, ponendo fine al risucchio nel passato. Un passato che molto spesso ha le fattezze di uno spirito errante, di un’entità inquieta.

fantasma


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E proprio da un fantasma errante, quello della madre, era perseguitato un giovane uomo, portatore al momento della prima osservazione di un grave delirio di persecuzione. Il giovane soffriva di una tormentosa allucinazione: la percezione del fantasma della madre, scomparsa quando egli aveva due anni, che lo spiava e gli appariva nelle situazioni più varie: un tormento che lo aveva spinto sull’orlo del suicidio. In realtà, la profonda analisi del caso, aveva mostrato che il giovane aveva manifestato nella prima infanzia una gravissima forma di depressione anaclitica secondo Spitz, provocata dalla precoce scomparsa della madre e protetta parzialmente da una posizione psicotica di diniego della perdita: la posizione paranoica, come spesso accade, era una difesa contro lo scivolamento in una posizione depressiva mortifera. Attraverso un lungo lavoro di analisi era riuscito a prendere coscienza della perdita della madre, ad elaborare il lutto e a poter stabilire una relazione soddisfacente sul piano sessuo-affettivo con una giovane donna. Il trattamento micropsicoanalitico aveva determinato lo svincolamento dall’immagine persecutoria della “madre-Zombie” errante che costituiva al tempo stesso una persecuzione intollerabile ma pur sempre una difesa, e con un miglioramento spettacolare sul piano della vita sociale aveva messo a nudo la struttura del conflitto che affondava, come avviene in questi casi, nelle vicende filogenetiche della persona. La descrizione minuziosa del quadro di riferimento genealogico del caso l’ho già esposta nel mio scritto “Trasmissione transgenerazionale dell'Immagine con particolare riferimento alla determinante filogenetica della paranoia” e colà rimando l’uditorio; quello che mi preme oggi mettere in risalto è che la svolta liberatoria del caso, che consente al giovane di uscire dalla psicosi e porre fine ai fenomeni allucinatori, proprio come accade ne “La Gradiva”, arriva con l’analisi di un sogno che il giovane porta in seduta insieme ad una cornice contenente la foto della madre (una versione moderna di un bassorilievo!) che per tanti anni aveva conservato gelosamente sul comodino. Il contenuto manifesto del sogno in sintesi è il seguente:

- Sono nel mio letto; arriva mio nonno che rivuole il suo posto. Io devo andare alla radio e lui rioccupa il suo posto. Sono a letto, lei mi sta facendo una seduta ed era al posto della foto di mia madre nella cornice che le ho portato (questo è quello che si dice il transfert!). Mi trovo a chiedere l’informazione di un luogo a qualcuno pensando che è molto strano che io mi sia perso. Finalmente arrivo alla stazione. Poi vedo un branco di cani bianchi ma io devo andare per la mia strada” (Cioè deve uscire dal branco).

Ecco una minima parte del materiale associativo che viene spontaneamente prodotto nel corso di una seduta di quattro ore su questo sogno: ”E’ come se ognuno debba riprendere il posto che gli spetta...ogni pedina ritorna al suo posto. E’ come se nella mia vita si riproduca l’agonia di mia madre, quella di suo padre, l’odio di mia nonna abbandonata. Parlavo dell’immagine: questa immagine mi tormenta ed è come dovessi mettere tutte le mie forze al servizio di questa immagine. Io faccio di tutto per entrare in quella foto...”. Gliela ingrandisco al massimo delle possibilità proiettandola con un episcopio. Piange: ”Da quando non si muove più si muove in me...io occupavo il posto sbagliato...mio nonno rivoleva il suo posto, che ero andato ad occupare io...avevo creato ciò che aveva creato me...io cerco di prendere il mio posto alla radio...poi arrivo ad una stazione - (urla) - io sono una stazione!...E’ stato bellissimo! Sono una stazione, sono un punto fermo, non una meteora che vaga nello spazio! Non posso più tornare indietro: ho superato un muro; rimango piantato!”.


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Attualizzazione

Attraverso l’analisi di questo sogno l’analizzato riesce ad attualizzarsi, a trovare finalmente il posto che gli compete nell’esistenza, mentre le immagini degli avi si placano e ritornano nei loro sacelli. Ne “La Gradiva” è un sogno a destrutturare l’equilibrio psichico del protagonista (difetto di ab-onirizzazione) ed è sempre il metabolismo onirico a ristabilire l’omeostasi.
Come ne “La Gradiva” di Jensen il cataclisma eruttivo rappresenta una rimozione catastrofica che tutto seppellisce e riduce all’oblio, l’analizzato aveva seppellito la madre non nel mondo dei vivi ma nel mondo delle ombre, da dove ciclicamente riprendeva vita nel corso del periplo onirico. Va anche detto che la perdita dell’oggetto nel periodo della madre fuusionale viene vissuto di fatto come la scomparsa del mondo e determina spesso una sostanziale rinuncia alla vita che si esprime nella sindrome di depressione anaclitica secondo Spitz.
Seguendo queste dinamiche, verificandole di continuo nel corso del lavoro genealogico sono progressivamente giunto ad una visione della sindrome paranoica che mi induce ad interpretarla come un difetto di attualizzazione dello psichismo umano che continua ad essere rapportato all’arbitrio dell’Immagine che detta in modo anacronistico e ripetitivo le modalità ontogenetiche dell’esistenza. In soggetti portatori di una struttura semi-autistica quale era il caso del giovane in oggetto, permangono nello psichismo isole inaccesibili governate da una modalità narcisitica e fusionale di esistenza, isole dove il tutto è possibile, dove regna l’animismo degli avi primigeni e dove i morti parlano con i vivi, cioè debordano dai sogni ove abitano immagini senza tempo, gli Eternauti, come efficacemente Nicola Peluffo li definisce, e danno luogo a fenomeni pseudo-allucinatori o francamente allucinatori.

virosi


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Da anni considero la paranoia alla stregua di una virosi in cui l’agente infettante è l’Immagine intesa in senso micropsicoanalitico come software transgenerazionale rappresentazionale-affettivo, che si serve dell’ospite ontogenetico per ricreare le condizioni di un trauma che affonda nella filogenesi e che richiede più repliche per essere abreagito. Questo spiega, tra l’altro, la frequenza dei vissuti di impossessamento o del delirio di influenzamento nelle psicosi paranoiche: il paranoico è effettivamente un posseduto dai messaggi dell’immagine che si trasmettono attraverso un’attività onirica non sufficientemente ab-onirizzata; è un altoparlante che tenta disperatamente, senza riuscirvi, di diventare centro trasmittente.
Il legame evidente tra sogno non ab-onirizzato e delirio, era del resto già evidente nelle ricerche di Freud.
Già nell’”Interpretazione dei Sogni” il Maestro puntualizza: ...al rapido volgersi delle rappresentazioni nel sogno corrisponde la fuga delle idee nella psicosi. In entrambi i casi manca qualsiasi misura del tempo. La scissione onirica della personalità, che distribuisce per esempio il proprio sapere su due persone diverse, delle quali nel sogno una, quella estranea, corregge l’Io, equivale veramente alla nota scissione della paranoia allucinatoria; anche chi sogna ode i propri pensieri esposti da voci estranee. Esiste un’analogia perfino per le idee deliranti fisse: i sogni patologici che si ripetono in modo stereotipato (rêve obsédant). Non è raro che una volta guariti di un delirio, gli ammalati dicano che tutto il periodo della malattia appare loro come un sogno, spesso non sgradevole, e che anzi ci raccontino come qualche volta, mentre ancora durava la malattia, abbiano avuto l’impressione di essere solamente prigionieri di un sogno, come spesso accade nel sogno vero”. 3

Written by: Quirino Zangrilli © Copyright

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Note:

* - Estratto della Relazione presentata al Convegno "Delirio e allucinazione" tenutosi a Capo d'Orlando nei giorni 10 e 11 novembre 2006.
1 - S. Freud, Il delirio e i sogni della Gradiva di Wilhelm Jensen, Opere, Vol. 5, Boringhieri, Torino, 1975.
2 - Silvio Fanti, Dizionario di psicoanalisi e micropsicoanalisi, def. n° 310, Borla, Roma, 1984.
3 - S. Freud, L’interpretazione dei sogni, Opere, Vol. 3, 1899.

     
 

 
     
 
     
   
     
   
     
 

 
     
 

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