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Io-fittizio ed Io-delirio
nella genesi del disturbo psicotico *
19 maggio 2003
Per addentrarci nel cuore dellargomento,
in considerazione della brevità del tempo a disposizione,
dovremmo munirci di alcuni strumenti di definizione che fungano
da punti di riferimento.
Il concetto di Io è il punto centrale. Come è noto
per Freud lIo è innanzitutto una forma di organizzazione
della materia psicobiologica tesa ad inserire tra la richiesta
istintiva propria delles e le azioni concrete di appagamento
di desiderio, lattività di pensiero che ha lo scopo
di progettare soluzioni di abbassamento dei livelli tensionali,
comparando i dati di esperienze memorizzate con percezioni, più
o meno congrue, del dato reale presente.1
Per avere unimmagine semplificata tratta dalla vita comune
della cosa potremmo dire che lABS, il famoso dispositivo
di regolazione dellimpianto frenante è una parte
dellIo meccanico di unautomobile. Il complesso software
che organizza in microsecondi lintegrazione intelligente
di percezione di movimento attraverso i sensori, anticipazione
delle traiettorie, analisi delle variabili ambientali, può
essere a ragione definito, da questo punto di vista, un pezzetto
dIo dellautomobile. UnIo statico ma individuale,
tra laltro, giacché un dispositivo ABS progettato
per una automobile avrebbe dei comportamenti aberranti per unaltra.
Abbandonando la metafora meccanica, diremo che alcune porzioni
dellIo possono divenire coscienti, mentre molti contenuti
possono restare inconsci. Che lIo comprenda vaste regioni
inconsce è attestato dallosservazione clinica, in
particolare dalle resistenze inconsce al trattamento analitico.
Propongo, nel quadro dellargomento odierno, di definire
lIo come un insieme di memorie di esperienze senso-motorie
che hanno determinato, nella storia individuale, un abbassamento
della tensione.
Secondo la concezione di N. Peluffo, lIo allinizio
è nel movimento: questo fin dalla protostoria uterina.
Nel corso delle sue indimenticabili lezioni allUniversità
di Torino, Peluffo faceva spesso riferimento alla definizione
freudiana di essere umano come vescicola deformabile ricordando
che tutto ciò che è in tensione deve andare incontro
ad una deformazione (movimento) pena la rottura dellentità
psicobiologica. Nel momento in cui certi movimenti diventano più
adatti di altri allo scopo di abbassare la tensione verranno ripetuti,
in un primo tempo in base ad una spinta istintiva e poi, quando
la maturazione delle operazioni mentali lo renderà possibile
, in base ad una decisione volontaria. Per Peluffo lo schema dellazione
specifica, attivato dalla dinamica automatica della tensione-distensione
(il tentativo di soddisfazione del bisogno-desiderio), è
il nucleo primario dellIo.
Quando il tessuto di memorie e di schemi senso-motori sarà
sufficientemente vasto prenderà forma lattività
pseudopodica dellIo che, sotto la spinta energetico-pulsionale
delles, attraverso il gioco delle proiezioni-identificazioni,
amplierà il software egoico.
Intendo dire che non vedo antinomie tra la prima concezione freudiana
di un Io derivato dalle percezioni corporee (una concezione che
può essere estesa alle protomemorie di movimento) e la
successiva concezione di un Io che si forma attraverso una serie
successiva di identificazioni con gli oggetti-chiave dellinfanzia.
Mi sembra semplicemente una successione di processi di organizzazione
caratterizzati da un incremento delle possibilità di mentalizzazione.
Per parlare dellargomento odierno, mi riferirò, in
modo particolare a questa seconda fase di strutturazione egoica
che coinvolge in modo privilegiato il binomio madre-figlio e le
dinamiche di proiezione-identificazione.
Ritengo cioè che molti casi definibili da un punto di vista
psichiatrico come casi-limite o borderline derivino da un guasto
dei meccanismi di individuazione di sé e da processi difensivi
catastrofici, primo tra tutti quelli di diniego e di scissione
dellIo.
LIo-fittizio e lIo-delirio sono appunto i risultati
di un processo di scissione nellIo attivato da un vissuto
altamente traumatico. LIo in formazione si divide in un
simulacro di Io socialmente adattato, ma non autentico, ed un
Io destrutturato, costituito da fantasie traumatiche (senza contatti
con la realtà, dunque delirante).
Sotto linflusso di una potentissima angoscia di annientamento
lIo in formazione per così dire evapora ed il soggetto
inizia ad imitare in modo stereotipato, coatto e dereale, il comportamento
sociale di una delle figure-chiave della sua infanzia. Questa
recita, socialmente accettata, che possiamo definire Io-fittizio,
copre, come un mantello, lIo-delirio costituito dai fantasmi
interpretativi della situazione traumatica. Al riguardo risultano
interessanti e meritevoli di un approfondimento le speculazioni
di Jung sul carattere individuale ed il carattere
collettivo. 2 LAutore,
descrivendo casi di dissociazione della personalità (che
oggi rientrerebbero nella categoria delle patologie borderline)
arriva ad ipotizzare che queste persone non abbiano un carattere
individuale, bensì collettivo, ed assumano una personalità
in consonanza con le circostanze e le aspettative generali.
Si potrebbe ipotizzare che esista una sorta di Io genealogico
sovraindividuale, probabilmente etnico, che nel corso dellinterazione
iconica dei due donatori genetici prima, e delle vicende intrauterine
poi, acquisisca una sua specificità ed attualizzazione.
I soggetti borderline sarebbero soggetti con un difetto di attualizzazione
o individualizzazione dello psichismo che verrebbe costruito soprattutto
per imitazione di comportamenti socialmente accettati. Nel materiale
di tutti i soggetti borderline da me trattati viene il momento
in cui, effettivamente, si verifica la presa di coscienza che
il soggetto recitava quella o talaltra figura chiave dellinfanzia.
Quando la recita sociale diviene impossibile per la pressione
dellambiente, ecco che la persona non può che giocare
lunica seconda carta di cui è fatto: il delirio.
E sovente questo si innesca dopo un sogno non ab-onirizzato. Si
destruttura la maschera sociale, la mente del soggetto si pone
al servizio del materiale onirico, che viene agito, fino allesaurimento
della spinta energetica, nella vita di veglia.
Emblematico al riguardo il caso di un paziente borderline con
struttura paranoica della personalità. Il signore, che
chiameremo Hansel, è in verità, un giovane omone
fisicamente gigantesco, che negli ultimi dieci anni ha fatto la
spola tra i vari presidi psichiatrici della sua regione di residenza,
trattato con dosi massicce di psicofarmaci e con un nutrito ciclo
di elettroshock-terapia. E un caso che in astratto e a prima
vista non avrei preso in carico, poiché, nelle psicoterapie
micropsicoanalitiche di psicotici o borderline, imperniate su
sedute lunghe di tre ore, pressoché quotidiane, ed una
buona dose di rapporti sociali ove si pratica del maternage, limitatamente
ai soggetti non paranoidi, ho sempre privilegiato soggetti non
cronicizzati. Quello che mi ha fatto propendere per la presa in
carico del Sig. Hansel sono due fattori: il permanere di una genuina
spinta epistemofilica e levidente buona educazione del soggetto.
Avete compreso bene: buona educazione. Saremmo portati a credere
che gli psicotici siano tutti uguali: effettivamente al Sig. Hansel,
non mancavano i contenuti deliranti a carattere persecutorio,
le allucinazioni, soprattutto auditive, etc., eppure, nellespressione
dei suoi contenuti, il gigante non era mai minaccioso. Quella
che socialmente potremmo definire buona educazione
altri non era che, in parte un frammento egoico ancora integro,
conditio sine qua non per impegnarsi in un caso simile,
dallaltra una caratteristica saliente della fusione di maschere
che il giovane impersonava: una madre santa ed un fratello morto
prematuramente e già santificato.
Hansel, ho scelto il termine per richiamarmi al terrore assoluto
e primordiale che il soggetto incessantemente provava nelle situazioni
di confronto sociale e, particolarmente in quelle a sfondo sessuale,
era come un bambino di pochi mesi. Completamente dipendente da
una madre psichicamente assente, incarcerato in un vincolo di
persecuzione-protezione che lo distruggeva.
Aveva avuto esperienze sessuali solo con prostitute, limitatamente
alla masturbazione. Hansel aveva un vissuto di castrazione talmente
potente da asserire che aveva soltanto un pezzetto di pene, residuo
di un supposto, disastroso intervento di frenulectomia.
Chiaramente, io non potevo avere elementi per giudicare la veridicità
delle sue asserzioni, ma nutrivo un certo sospetto, da quando,
dal materiale di seduta avevo appreso che un suo fratello maggiore
di circa dieci anni, era morto in giovane età, questa volta
si per un disastroso intervento di appendicectomia esitato in
peritonite fulminante. Questo giovane fratello era stato legato
alla madre da un legame incestuoso talmente marcato che comportava
la condivisione del letto coniugale, non sappiamo se con consumazione
o meno dellatto, giustificata dalle assenze notturne del
padre (che spesso lavorava). Per farla breve era uno di quei drammatici
casi che solitamente esitano nella tossicodipendenza: un giovane,
fuso in un vincolo incestuoso con la madre, seda con leroina,
uno psicofarmaco tranquillante estremamente efficace, le sue inaccettabili
spinte sessuo-aggressive. I genitori, invece di allontanarsi salutarmente,
spinti dai loro inconsci sensi di colpa, stringono inconsapevolmente
nel cappio mortifero della simbiosi incestuosa la vittima a cui
non rimane che loverdose o il salto di carreggiata. Il fatto
è che il giovane scomparso era troppo bravo
per piegarsi alla tossicodipendenza: non gli rimaneva che lautodistruzione
somatica o lincidente, cosa che effettivamente avvenne.
Si ricoverò, allimprovviso, senza avvertire i genitori,
in un reparto di chirurgia da terzo mondo, da cui uscì
cadavere pochi giorni dopo.
Da quel giorno la madre perse definitivamente il senno: era una
presenza vuota, pietrificata nel ricordo del figlio santo (di
cui mi ritrovai addirittura una ciocca di capelli tra le mani,
mentre prendevamo visione delle fotografie di famiglia: un vero
e proprio feticcio rivelatore) che ora poteva dedicarsi alla sua
nuova croce: la malattia di Hansel.
Chiunque abbia una certa dimestichezza con la mente umana sa che
i santi non esistono: in effetti, alla maschera di bravo ragazzo
del fratello maggiore, una parte recitata con devozione assoluta
nel rapporto con la madre e nellambito sociale, corrispondeva
un comportamento luciferino con il fratello più piccolo,
il nostro Hansel, che veniva sistematicamente vessato, intimidito,
percosso, torturato. Hansel scoprì questa situazione osservando
il suo volto terrorizzato in tutte, sottolineo tutte, le foto
reperibili della sua infanzia ed il volto diabolico del fratello
maggiore ogni qualvolta i loro sguardi si incrociavano. Emblematica
una foto del suo quarto compleanno in cui è visibile il
fratello che, alle spalle dei genitori, brandisce il coltello
che era stato usato per il taglio della torta, guardando in modo
più che evidente lo spaurito fratellino.
Per farla breve linfanzia di Hansel era stata uninferno:
una vita spesa a sfuggire dalle grinfie del fratello più
grande e dei suoi amici che lo avevano eletto a vittima sacrificale.
Si può ben capire come in tale situazione possa essere
stata vissuto lintervento di frenulectomia, esperito in
un reparto di chirurgia per adulti.
E probabilmente in quelle notti impregnate di dolore, solitudine
e terrore che lIo di Hansel si è scisso definitivamente
sostituendo al dato reale il nucleo di un delirio di persecuzione
che poi si è andato ulteriormente strutturando nel corso
degli anni.
Hansel risiedeva in una città diversa dalla mia ed aveva
accettato, dopo aver viaggiato per mesi per seguire le sedute,
di stabilirsi, per un periodo di un mese, nel mio luogo di residenza.
Questa situazione produce di frequente i seguenti effetti: svincola
il malato dal contenitore familiare e lo enuclea dal ruolo sociale
che lo perseguita e protegge al tempo stesso. Il soggetto dunque
perde la possibilità di continuare ad indossare la sua
Maschera e sposta nella situazione transferale la persecuzione
paranoica, cosa che se da una parte acuisce la tensione allinterno
della situazione analitica, dallaltra può permettere
di osservare in statu nascendi la costruzione del delirio di riferimento
(il carattere inedito del rapporto con l’analista rende meno manipolabile la relazione).
Daltra parte la perdita dellIo-fittizio denuda il
delirio che può emergere in modo inequivocabile.
Dopo un periodo di alcuni giorni lanalizzato aveva iniziato
a costruire tutto un complicato delirio di riferimento in cui
unOrganizzazione Segreta, con a capo, guarda caso il sottoscritto,
manipolava la vita delle persone. Una notte fece un sogno in cui
si recava in un cimitero. Lindomani, appena sveglio, ed
ancora inconsapevole del sogno, il cui ricordo affiorò
alla coscienza solo nel tardo pomeriggio della giornata, prese
la macchina, imboccò lautostrada e percorse circa
seicento chilometri per visitare, al cimitero, il padre di una
sua ex che non vedeva né sentiva da circa dieci anni.
Dopo un paio di giorni, tornato in seduta, gli bastò raccontare
in dettaglio lintera vicenda e vederne gli evidenti collegamenti,
per prendere coscienza, per la prima volta nella vita, di come
nella sua mente si attivasse la difesa delirante. In seduta dirà:
Il motivo dei deliri è questo: se non riesco ad analizzare
i sogni e a smantellarli per bene, questi si impadroniscono della
mia mente e della mia vita.
Il legame evidente tra sogno non ab-onirizzato e delirio, magistralmente
descritto da Silvio Fanti era del resto già evidente nelle
ricerche di Freud.
Non solo nel celebre lavoro sulla Gradiva di Jensen 3 Freud
fa notare che il delirio del giovane Norbert Hanold si sviluppa
ulteriormente mediante un sogno, ma già nellInterpretazione
dei Sogni il Maestro puntualizza: ...al rapido volgersi
delle rappresentazioni nel sogno corrisponde la fuga delle idee
nella psicosi. In entrambi i casi manca qualsiasi misura del tempo.
La scissione onirica della personalità, che distribuisce
per esempio il proprio sapere su due persone diverse, delle quali
nel sogno una, quella estranea, corregge lIo, equivale veramente
alla nota scissione della paranoia allucinatoria; anche chi sogna
ode i propri pensieri esposti da voci estranee. Esiste unanalogia
perfino per le idee deliranti fisse: i sogni patologici che si
ripetono in modo stereotipato (rêve obsédant). Non
è raro che una volta guariti di un delirio, gli ammalati
dicano che tutto il periodo della malattia appare loro come un
sogno, spesso non sgradevole, e che anzi ci raccontino come qualche
volta, mentre ancora durava la malattia, abbiano avuto limpressione
di essere solamente prigionieri di un sogno, come spesso accade
nel sogno vero. 4
Se il tempo me lo consente vorrei terminare questo mio contributo
con alcune note tecniche.
In Micropsicoanalisi dei processi di trasformazione
del 1976 Peluffo aveva scandagliato in modo esaustivo la dinamica
dei fantasmi stimolo-risposta che intercorre nellunità
materno-fetale nel corso della gravidanza. Molto schematicamente
potremmo ricordare che lembrione umano viene trattenuto
in utero, pur recando materiale genetico non-self, dunque a dispetto
della regola di istocompatibilità, grazie allinvestimento
narcisistico materno sulla malattia-figlio-pene della madre-se
stesso. E qui che si forma la vera fusione madre-figlio.
Nellevoluzione normale si compie un faticoso percorso defusionale
che dovrebbe concludersi con lacquisizione di una individualità
psichica di entrambi i poli. Ora i soggetti borderline sono fissati
alla fase fusionale intrauterina del pene della madre-se stesso;
non vi è stata una rinuncia (elaborazione della perdita)
della madre a questo investimento ed entrambi gli elementi dellinsieme
fusionale lavorano contro il processo di individuazione-separazione.
Vorrei sottolineare che non cè mai solo una madre
che trattiene, ma anche sempre un feto che si fa trattenere:
è un incontro di rivissuti sul trattenere.
Per questo, secondo la mia esperienza, reputo importante, ai fini
del successo terapeutico, che il micropsicoanalista conduca una
tranche di almeno venti sedute lunghe con la madre del soggetto
psicotico. In questo modo lanalista diverrà il nuovo
terreno (schermo proiettivo) della ripetizione della vicenda intrauterina
potendo offrire possibilità inedite di elaborazione del
conflitto che aggirino la coazione a ripetere.
I contenuti stessi del delirio nel trattamento di soggetti psicotici
vanno sempre tenuti nella massima considerazione. In una fase
avanzata del lavoro, in una fase di transfert positivo, possono
essere analizzati alla stregua di sogni. Si vedrà allora
che la loro apparente assurdità corrisponda ad elementi
ben precisi del materiale vitale. Un accorgimento tecnico che
trovo utile è quello di dire allanalizzato di localizzare
nel materiale delle ventiquattro ore i resti diurni
del delirio. Lo si inviterà, cioè, a parlare della
situazione reale in cui, a suo sentire, le sue sensazioni deliranti
abbiano trovato una conferma. Spesso ho verificato che tali frammenti
entrino nel sogno come resti diurni per essere ulteriormente elaborati.
Per tornare al Sig. Hansel posso dirvi che non prende più
psicofarmaci, non è stato più ricoverato in strutture
psichiatriche, ha un lavoro, una fidanzata: direi che Hansel è
uscito dalla gabbia della Strega ed ora passeggia tranquillo per
il mondo
Written by: Quirino
Zangrilli © Copyright
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Note:
1
S. Freud, Compendio di psicoanalisi, 1938, Opere, Vol. 11.
2
C.G. Jung, Dizionario di Psicologia Analitica, Boringhieri, Torino.
3
S. Freud, Il delirio e i sogni nella Gradiva di Wilhelm
Jensen, Opere, Vol. 5, 1914.
4
S. Freud, Linterpretazione dei sogni, Opere, Vol. 3, 1899.
Il presente lavoro
costituiva Relazione ufficiale nel Convegno interdisciplinare
"Le incognite dello sviluppo" tenutosi ad Aosta il
12 - 13 ottobre 2001.
Già pubblicato in "Le icognite dello sviluppo",
Bollettino dell' Istituto Italiano di Micropsicoanalisi n°
31/32, Tirrenia Stampatori, Torino, 2003.
Chi volesse acquistare una copia del volume può richiederlo
via mail alla Casa Editrice
Tirrenia Stampatori.
I contenuti del Volume:
Parte I. Aspetti teorici micropsicoanalitici
Vestigia di teorie
infantili nel pensiero dell'adolescente.
Di NICOLA PELUFFO
L'identification pendant l'adolescence: une course d'obstacles
Di DANIEL LYSEK
Les phases de l'adolescence
Di PIERRE EVARD
Entre parents et adolescent
Di VERONIQUE CAILLAT
Ordalie et adolescence: questionnement
Di FRANQOIS JEANPARIS
Il senso della religiosità in adolescenza
Di DOMENICO DEVOTI
La solitudine in adolescenza
Di AMBROGIO ZAIA
L'immagine del corpo in adolescenza
Di MANUELA TARTARI
Io-fittizio e Io-delirio nella genesi del disturbo psicotico
Di QUIRINO ZANGRILLI
Anoressia e bulimia: espressioni adolescenziali di una strutturazione
patologica dell'identità
Di PIERRE CODONI
Parte II. Contributi interdisciplinari
Adolescenza:
quali appelli per la generazione degli adulti
Di GIUSEPPE ANFOSSI
La depressione in preadolescenza
Di GIANNA DAVI
Sviluppo di un'identità: le incognite di una conquista
Di SANDRO RODIGHIERO
Abbandono scolastico e lavoro di rete
Di ALBERTO DOVANA
Adolescenti a scuola: la relazione educativa
Di TERESA GRANGE SERGI
L'intervento psicologico territoriale per gli adolescenti
Di RAFFAELLA SANGUINETI
L'intervento psicologico presso il Consultorio adolescenti
Di PAOLA SALINO
Parte III. Elementi di clinica
micropsicoanalitica
Manifestazioni
schizofreniche in adolescenza
Di DANIELA VIGNA
L'uso delle fotografie nel lavoro analitico con adolescenti
anoressiche
Di DANIELA MARENCO
Il trattamento di madri e figli adolescenti
Di GIOIA MARZI
Esperienze incestuose e rivissuti adolescenziali
Di BRUNA MARZI
L'esclusa
Di LUIGI BALDARI
Lo sport nello sviluppo dell'identificazione adolescenziale
Di LILIANA BAL FILORAMO
Il tatuaggio come difesa dall'angoscia schizoide
Di PIER LUIGI BOLMIDA
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