Una delle modalità tecniche che
permette il contatto e la comprensione della microdinamica dellImmagine
è lo studio delle registrazioni delle sedute. Succede spesso,
infatti, che le serie associative prodotte dallanalizzato sulla
spinta di un brano del suo materiale ascoltato, corrispondano, talvolta
in modo quasi totale, alle associazioni che aveva precedentemente prodotto,
magari uno o due anni addietro, nella seduta che si sta esaminando.
Quando il fenomeno si ripete più volte e si impone allevidenza,
avviene che lanalizzato prenda coscienza, non senza un certo stupore,
che in riferimento al reinvestimento dei nuclei conflittuali egli abbia
a disposizione, sul piano dellelaborazione psichica, un numero
ben determinato di risposte associative, che possono a loro volta nutrire
o accompagnarsi a scelte comportamentali o a risposte somatiche che
tendono a ripetersi. E la scoperta dellesistenza di moduli
psicobiologici di cui dispone lindividuo per manifestare la sua
esistenza: una specie di mazzo di carte o rosa di combinazioni in cui
pescare. Lanalisi, se condotta in profondità, disgrega
il conflitto e sempre di più il croupier cessa di essere la coazione
a ripetere a cui si sostituisce il caso creatore. Nondimeno, le carte,
per il gioco della vita, rimangono le stesse.
Perché, se si sposta lindagine sul piano della filogenesi,
sia con la ricerca genealogica che con la micropsicoanalisi familiare
si vedrà che i moduli somatopsichici della persona sono entro
certi limiti, ereditari, e se ne ritrovano le tracce nascoste o a volte
assolutamente evidenti nelle generazioni precedenti. Si può,
ad esempio, seguire landamento e le diramazioni di qualsiasi fenomeno,
sia esso un tentativo vitale, patologico (sintomi psichici o somatici)
o mortifero (modalità di morte).
Seguiamo ora il caso di un analizzato che chiameremo Sig. A che ha terminato
da anni la sua micropsicoanalisi, nel senso che, neutralizzati i propri
nuclei conflittuali riesce a realizzarsi sia sul piano esistenziale
che su quello professionale. Nondimeno però, continua ad essere
tormentato, certamente in modo meno drammatico, dal destino del suo
gruppo familiare, in cui si incrociano terreni permeati di masochismo
primario con soluzioni psicobiologiche spesso disastrose (morti premature
con alta incidenza di forme tumorali maligne o suicidi). Negli anni
che seguono la fine della micropsicoanalisi personale, ora che è
in grado di accogliere con maggiore facilità i messaggi che provengono
dal suo inconscio, percepisce lesistenza di una sorta di domanda
inconscia familiare finalizzata a sciogliere un trauma di cui non conosce
né la forma, né lorigine. Un giorno, mentre si trova
in visita presso un cimitero monumentale, avviene un evento straordinario.
Il cimitero ha una particolarità: è edificato su un terreno
di mezza montagna ricchissimo di fossili animali e vegetali, ed è
per questo una meta turistica importante.
Il Sig. A si siede al lato di una lapide in serena concentrazione; regna
un silenzio totale. Quasi senza rendersene conto raccoglie due o tre
sassi che hanno delle evidenti tracce fossili, li osserva e seguendo
lassociazione che questi si trovano numerosissimi, a stretto contatto
con le spoglie dei morti è finalmente in grado di accettare lilluminazione:
la presa di coscienza della mineralizzazione finale della materia vivente,
laccettazione della assoluta scomparsa della complessificazione
organica, che mette in contatto definitivo con il vuoto costitutivo.
Tra quei morti e quei fossili e le pietre non cè più
alcuna differenza. Un pianto liberatore lo invade seguito da una serenità
ed una sensazione di liberazione assolutamente inedite.
Lo spessore dellimpresa autoanalitica del Sig. A ci sfuggirebbe
se non considerassimo alcuni aspetti della sua micropsicoanalisi riguardanti
la sua famiglia e la filogenesi. Il genitore del Sig. A, che chiameremo
AA, aveva perso il proprio padre in tenera età, in pieno periodo
di attivazione edipica e non aveva potuto assistere alla sua sepoltura.
Manuela Tartari in uno scritto
del 1988 ha messo egregiamente in evidenza le eventuali conseguenze
patogene di una mancata partecipazione al rito della sepoltura: in assenza
della percezione di questo, emergono profonde spinte ambivalenti di
tipo allucinatorio: il morto non è morto! E tali spinte, integrandosi
con i processi difensivi, possono trasformarsi nella fantasia del persecutore:
il fantasma inquieto.
Effettivamente, alla scomparsa del genitore, ad una iniziale sensazione
di liberazione era subentrata la difficoltà ad identificarsi
con limmagine del padre, che gli appariva terrifica, uniformandosi
sempre più allimmagine del padre ancestrale castratore,
mancando ormai la possibilità di un confronto con i dati reali
(la persona storica del padre). Seguendo tali dinamiche ci si rende
conto fino in fondo del ruolo di ammortizzatore che svolgono i parenti
viventi, soprattutto, secondo quanto afferma Silvio Fanti
, i nonni, nei confronti dellImmagine. Tale difficoltà
di identificazione impedì una fisiologica elaborazione del lutto.
I sogni del Sig. AA (il padre di A) cominciarono ad assomigliare ad
un incubo incessante: la contemplazione dellimmagine muta e sinistra
del genitore scomparso. Tale dinamica onirica, si attenuò quando,
a distanza di circa trenta anni dalla sepoltura, lanalizzato e
suo padre assistettero alla riesumazione del corpo del rispettivo nonno
e padre. Anche in quella occasione si appalesò una risposta patologica
di diniego della perdita nel sig. AA: il corpo del padre, evidentemente
quasi ridotto alla struttura ossea, gli appariva intatto. Questo fatto
diede modo al rimanifestarsi di una sorta di mito familiare che però
apparteneva al ramo materno della famiglia del Sig. A. Si tornò
a parlare di un avo dellanalizzato che riesumato a distanza di
circa 50 anni dalla sepoltura sarebbe stato effettivamente ritrovato
praticamente quasi indenne tanto che lIstituto di Medicina Legale
della capitale aveva richiesto un prelievo bioptico per eseguire degli
studi sperimentali. Quel fatto aveva rafforzato limpressione che
nella famiglia del sig. A i morti non morissero che apparentemente.
Daltra parte spiegava anche la frequenza con cui nel ramo materno
si trovassero dei soggetti che rivendicavano poteri medianici e parlavano
abitualmente, in sogno o in stato di veglia, con questi pseudo-morti
della famiglia. Anni dopo questi eventi la madre del sig. A che aveva
per tutta la vita manifestato una dipendenza quasi simbiotica dalla
propria madre la perse per un tumore maligno. In quella occasione si
appalesarono di nuovo le spinte al diniego della perdita presenti in
tutto il gruppo familiare che si concretizzarono nella difficoltà
di numerosi parenti del ramo materno, compresa la madre del Sig. A,
a prendere coscienza dellavvenuto decesso, tanto che le ripetute
illusioni che la salma aprisse gli occhi o respirasse dovettero richiedere
lintervento di due medici che confermassero la morte. La signora,
comunque, non fu in grado di elaborare la perdita e cercò di
negarla con quel disastroso tentativo di far rivivere lo scomparso attraverso
la riproduzione dei suoi sintomi ( identificazione patologica ), sviluppando
o comunque appalesando essa stessa una forma tumorale a decorso tumultuoso
che la portò a morte appena tre mesi dopo la perdita della madre.
Quello che è interessante è che nella fase finale della
malattia si manifestarono delle idee deliranti persecutorie che erano
incentrate sul fatto che era la madre appena scomparsa che si vendicava
su di lei mangiandole gli organi dallinterno.
Nel Sig. A, attraverso la via della micropsicoanalisi si erano cristallizzati
e finalmente realizzati tutti i tentativi non riusciti di trovare una
via di elaborazione del nucleo traumatico primario della perdita, il
cui insuccesso conduceva il gruppo familiare ad una risposta di diniego
con conseguente elaborazione patologica del lutto e linstaurarsi
di un carosello quasi diabolico di morte. Con la verifica della mineralizzazione,
il sig. A seppellisce i morti di tutta la famiglia, il suo pianto esprimeva
il pianto per tutti i morti di tutti i tempi, la sua liberazione la
liberazione dai fantasmi inquieti degli antenati di tutti i tempi. I
morti potevano finalmente riposare, i vivi vivere in pace.
Ora che abbiamo introdotto il concetto di trasmissione di quel modulo
energetico che è lImmagine vorrei soffermarmi su una fase
di strutturazione dello psichismo umano che è a mio parere di
grande importanza nel campo della psicopatologia: quel processo di trasformazione
che definisco attualizzazione dello psichismo umano e che
Silvio Fanti mi sembra indicare
come specificazione nelles dellereditarietà
ideica. Come è facile immaginare si tratta di un processo
delicatissimo: larmonizzazione del genoma materno e paterno spesso
configura un vero e proprio scontro, una guerra prima ideica, poi genetica,
che si risolve per tutta la vita in un equilibrio precario. Nel crogiuolo
energetico costituito dallovulo fecondato interagente con lambiente
uterino si finisce, nellevoluzione normale, per armonizzare i
moduli energetici ideici e, in questa interazione incessante con lo
psichismo materno che funge da attivatore, per ottenere un certo grado
di attualizzazione ontogenetica.
In altri termini, come usa sottolineare Nicola Peluffo ,
la conflittualità interna è già prefigurata a livello
filogenetico e riattualizzata fin dal primo momento post-concezionale
dalla lotta tra il filum paterno e quello materno e solo alcune delle
sfaccettature iconiche dellImmagine vengono illuminate e fissate
dal conflitto intrauterino. In ognuno di noi cè sempre
un certo grado di conflitto tra le esigenze dellImmagine e quelle
del suo veicolo ontogenetico. Era già una feconda intuizione
di Jung che, nella maturità del suo lavoro, iniziò ad
interpretare il conflitto come la risultante dello scontro tra imago
ed archetipi, ma solo la micropsicoanalisi con lo studio sistematico
dellImmagine e dellereditarietà ideica e con la verifica
scientifica delle trasformazioni genealogiche, con lo studio comparato
del sogno e con la micropsicoanalisi familiare, ne mostra completamente
le grandi possibilità di intervento terapeutico analitico.
Per approfondire questo discorso e per illustrarne le implicazioni etiopatogenetiche
nello studio delle grandi sindromi psicotiche mi servirò del
materiale di un altro analizzato. Si tratta di un caso già illustrato
per altri aspetti nel mio scritto Microdinamica del transfert
.
Il giovane, portatore al momento della prima osservazione di una depressione
anaclitica secondo Spitz, susseguente alla precoce scomparsa della madre
e difesa parzialmente da una posizione psicotica di diniego della perdita,
attraverso un lungo lavoro di analisi era riuscito a prendere coscienza
della perdita della madre, ad elaborare il lutto e a poter stabilire
una relazione soddisfacente sul piano sessuo-affettivo con una giovane
donna. Il trattamento micropsicoanalitico aveva determinato lo svincolamento
dallimmagine persecutoria della madre-Zombie errante
che costituiva al tempo stesso una persecuzione intollerabile ma pur
sempre una difesa, e con un miglioramento spettacolare sul piano della
vita sociale aveva messo a nudo la struttura del conflitto che affondava,
come avviene in questi casi, nelle vicende filogenetiche della persona.
Permaneva una viva sofferenza esistenziale che spesso si esprimeva in
un sentimento di profondo rancore contro gli uomini e il mondo, a cui
lanalizzato non sapeva, né poteva attribuire ormai la benché
minima spiegazione in base alle vicende ontogenetiche, peraltro minuziosamente
scandagliate. Non rimaneva che spostare il lavoro nel campo della ricerca
genealogica e sullanalisi di sogni che eventualmente fossero stati
attivati da questa.
Nel corso della ricerca, condotta a tamburo battente, lanalizzato
riuscì ben presto a ricostruire una vicenda familiare che per
numerose sedute catturò la sua attenzione. In modo molto schematico
la storia è la seguente: una sua bisnonna, donna molto dignitosa
seppur di umili origini, ebbe una relazione con un personaggio molto
altolocato e facoltoso del suo paese, nel corso della quale rimase incinta.
Rassicurata dalluomo, la bisnonna portò a termine la gravidanza
ma il giorno stesso della nascita della bambina (la nonna dellanalizzato
di cui parlo) il novello padre fuggì abbandonando figlia e compagna,
facendo perdere per sempre le sue tracce. La bisnonna dellanalizzato,
accecata dallodio e dal dolore dopo poco tempo abbandonò
la figlia in un brefotrofio. Questultima, dopo una vita comprensibilmente
difficile, sposò un uomo dal quale ebbe una figlia (la madre
dellanalizzato). Lo sposo morì a distanza di soli tre anni
dalla nascita della figlia, come poi del resto accadrà alla stessa
madre dellanalizzato che morì anchessa quando questi
aveva tre anni. Il giovane dopo aver preso coscienza che molti dei suoi
tentativi ripetitivi convergono verso la ricostruzione inconscia del
trauma genealogico dellabbandono (lanalizzato spesso ripeteva:
Mi devo per forza creare una storia damore che finisca in
modo drammatico), riesce a dare una spiegazione ed un corpo allodio
infinito e fino a quel momento assolutamente incomprensibile che prova
per il mondo prendendo coscienza di essere entrato nel ruolo del vendicatore
del filum materno. Daltra parte anche la madre doveva aver subito
la stessa tremenda consegna inconscia e probabilmente proprio a causa
di un massiccio rivolgimento allinterno dellaggressività
ideica si era ammalata e morta prematuramente. Ecco alcune associazioni
dellanalizzato: La realizzazione di questo desiderio di
darmi alla vita mi è impedita da unimmagine di morte e
di vendetta: ricreare le stesse persone che mi hanno creato e quelle
che le hanno create per fare loro tutto ciò che hanno fatto perché
paghino per la mia sofferenza...ma la mia sofferenza, o quella di mia
nonna?. La svolta liberatoria del caso arriva con lanalisi
di un sogno che il giovane porta in seduta insieme ad una cornice contenente
la foto della madre che per tanti anni aveva conservato gelosamente
sul comodino. Il contenuto manifesto del sogno in sintesi è il
seguente:
- Sono nel mio letto; arriva mio nonno che rivuole il suo posto. Io
devo andare alla radio e lui rioccupa il suo posto. Sono a letto, lei
mi sta facendo una seduta ed aveva il posto della cornice che le ho
portato. Mi trovo a chiedere linformazione di un luogo a qualcuno
pensando che è molto strano che io mi sia perso. Finalmente arrivo
alla stazione. Poi vedo un branco di cani bianchi ma io devo andare
per la mia strada (Cioè deve uscire dal branco).
Ecco una minima parte del materiale associativo che viene spontaneamente
prodotto nel corso di una seduta di quattro ore su questo sogno: E
come se ognuno debba riprendere il posto che gli spetta...ogni pedina
ritorna al suo posto. E come se nella mia vita si riproduca lagonia
di mia madre, quella di suo padre, lodio di mia nonna abbandonata.
Parlavo dellimmagine: questa immagine mi tormenta ed è
come dovessi mettere tutte le mie forze al servizio di questa immagine.
Io faccio di tutto per entrare in quella foto.... Gliela ingrandisco
al massimo delle possibilità proiettandola con un episcopio.
Piange: Da quando non si muove più si muove in me...io
occupavo il posto sbagliato...mio nonno rivoleva il suo posto, che ero
andato ad occupare io...avevo creato ciò che aveva creato me...io
cerco di prendere il mio posto alla radio...poi arrivo ad una stazione
- (urla) - io sono una stazione!...E stato bellissimo! Sono una
stazione, sono un punto fermo, non una meteora che vaga nello spazio!
Non posso più tornare indietro: ho superato un muro; rimango
piantato!.
Ecco la trasformazione che si compie. La ricostruzione della vicenda
traumatica filogenetica, labreazione dellaffetto ad essa
connesso, la verbalizzazione dei propositi di vendetta, di un odio inespresso,
che non competeva la sua esistenza, eppure viveva in lui, come affetto
di accompagnamento ad una serie di immagini che replicavano il dramma
genealogico, disinnescano il gorgo succhiante della ripetizione, questo
incessante risucchio allindietro che si serve della pulsionalità
di morte come forza motrice e che mobilita unenorme angoscia.
Lanalizzato riesce ad attualizzarsi, a trovare finalmente il posto
che gli compete nellesistenza, mentre le immagini degli avi si
placano e ritornano nei loro sacelli.
Seguendo queste dinamiche, verificandole di continuo nel corso del lavoro
genealogico sono progressivamente giunto ad una visione della sindrome
paranoica che mi induce ad interpretarla come un difetto di attualizzazione
dello psichismo umano che continua ad essere rapportato allarbitrio
dellimmagine che detta in modo anacronistico e ripetitivo le modalità
ontogenetiche dellesistenza. Considero la paranoia alla stregua
di una virosi in cui lagente infettante è lImmagine
che si serve dellospite ontogenetico per ricreare le condizioni
di un trauma che affonda nella filogenesi e che richiede più
repliche per essere abreagito. Questo spiega, tra laltro, la frequenza
dei vissuti di impossessamento o del delirio di influenzamento nelle
psicosi paranoiche: il paranoico è effettivamente un posseduto
dai messaggi dellimmagine che si trasmettono attraverso unattività
onirica non sufficientemente ab-onirizzata; è un altoparlante
che tenta disperatamente, senza riuscirvi, di diventare centro trasmittente.
Nel mio articolo precedentemente citato, seguendo la strada tracciata
da Nicola Peluffo avevo definito
la paranoia come il precipitato filogenetico del fallimento di tentativi
trnsgenerazionali di permettere lingresso dellAltro nel
rapporto fusionale. Avevo ipotizzato che nel patrimonio genealogico
di questi soggetti si fossero effettivamente determinate delle situazioni
traumatiche che, potendo determinare la distruzione dellindividuo,
evocassero delle risposte difensive catastrofiche.
In altri termini si verifica una iperattivazione del polo di morte della
pulsione di morte - di vita, connessa ad una situazione traumatica reale
filogenetica, che viene vincolata attraverso lutilizzo di un servomeccanismo
difensivo (uno dei più efficaci, in quanto imperniato sul diniego
di realtà, è quello paranoico) ma potrebbe essere, in
conformità con il terreno, lappetenza per un farmaco-feticcio
e dunque la tossicodipendenza, o linvestimento somatico con la
costruzione di malattie-schermo. Questi automatismi difensivi inseriti
nelles generazionale si riattivano in presenza della situazione
di penetrazione del terzo nelluniverso fusionale. Lesito
è la ripetizione coatta del fallimento dello stabilirsi di una
relazione doggetto con ritorno massiccio alla situazione di narcisismo
primario che a sua volta nutre i sintomi di onnipotenza megalomaniaci
.
Questa visione ci consente una lettura moderna della Gradiva di Jensen
che tanto appassionò Freud
. Come è noto, nella Gradiva, il protagonista Dr. Norbert Hanold
ha potuto ammirare nei musei vaticani un bassorilievo che riproduce
una figura femminile che lo ha molto turbato e che chiamerà Gradiva.
Norbert comincia a sentire una ossessionante attrazione per la figura
di pietra. Poco dopo, fa un sogno in cui si trova nellantica città
di Pompei proprio nel momento in cui il Vesuvio in eruzione sta per
distruggere la città. Nel sogno scorge Gradiva davanti a lui
e gli sorge lidea, decisiva per la strutturazione del delirio,
che Gradiva fosse pompeiana e che entrambi fossero vissuti, contemporaneamente,
nellantica Pompei. Prima che egli possa avvertirla, la Gradiva
viene sepolta dalleruzione. Non riuscendo ad ab-onirizzare tale
sogno, il delirio si impossessa di lui. Un interesse occupa completamente
la sua mente e cioè il problema di quale essenza fosse
lapparenza corporea di un essere, come la Gradiva, contemporaneamente
morto e vivo, anche se vivo solo durante lora meridiana degli
spiriti. E lei stessa che entra nel suo sogno per guarirlo,
utilizzando, sottolinea Freud, dei procedimenti che molto somigliano
a quelli della psicoanalisi. Alla fine Norbert riconosce in lei Zoe
Bertgang, la graziosa vicina, un tempo compagna dei suoi giochi dinfanzia
e i suoi sentimenti si spostano dalla donna di pietra alla donna di
carne, rompendo il cerchio del delirio.
Credo vi appaia chiara lattrazione per lo splendido scritto di
Jensen: si parla di un grande trauma che affonda nel passato, rappresentato
letteralmente dal cataclisma di Pompei, che si tenta inconsciamente
di riattualizzare per cambiare il corso degli eventi. La Gradiva è
la Statua errante, la Sfinge, lImmagine che cattura tutte le energie
vitali di Norbert. La guarigione avviene nel momento in cui lo psichismo
del protagonista riesce a svincolarsi dallimperio della statua
(cioè dal delirio) e ad attualizzarsi nel presente, ponendo fine
al risucchio nel passato. Un passato che molto spesso ha le fattezze
di uno spirito errante, di unentità inquieta. Daltra
parte, e per finire, molti dimenticano che già lo stesso Edipo
sconta una maledizione che non compete la sua ontogenesi: sconta le
colpe di suo padre Laio che, esule alla corte di re Pelope a Pisa, si
innamorò del figlio del re, Crisippo, e lo rapì: per questo
tutta la sua stirpe fu maledetta e i discendenti pagarono una colpa
mai direttamente commessa.
NOTE:
- M. Tartari Fantasmi familiari e immigrazione Convegno
I segni e i sensi del male, Torino, ottobre 1988.
- S. Fanti La micropsicoanalisi
Borla, Roma, 1983.
- S. Fanti, op. cit.
- N. Peluffo Immagine e
fotografia Borla, Roma, 1984.
- Q. Zangrilli Microdinamica
del transfert Bollettino dellIstituto Italiano di Micropsicoanalisi
n°6, 1988.
- N. Peluffo La situazione
Bollettino dellIstituto Italiano di Micropsicoanalisi n°5,
1987.
- P.L. Bolmida La scelta
anaclitica in prospettiva filogenetica Bollettino dellIstituto
Italiano di Micropsicoanalisi n°7, 1988.
- S. Freud Il delirio e
i sogni della Gradiva di Wilhelm Jensen Opere, Vol. 5, Boringhieri,
Torino, 1975.
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